- Incontro di studio tra la Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la Corte Costituzionale italiana.
Lunedì 5 settembre si è tenuto a Roma un incontro di studio tra una delegazione dei membri della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la Corte costituzionale italiana, organizzato a cura dell’alta corte italiana in occasione del settantesimo anniversario della Corte di Giustizia. La delegazione della Corte di Giustizia era composta, tra gli altri, dal Presidente Koen Lenaerts e dai due membri italiani della Corte, la Giudice Lucia Serena Rossi e l’Avvocato generale Giovanni Pitruzzella.
I giuristi si sono confrontati su temi di interesse comune per le due alte corti: da un lato, l’identità nazionale degli Stati membri e il primato del diritto dell’Unione europea; dall’altro, lo Stato di diritto e l’indipendenza dei giudici nazionali.
Al termine dei lavori il Presidente della CGUE Koen Laenerts ha reso un’intervista in lingua italiana alla giornalista Donatella Stasio, addetta stampa della Corte Costituzionale, sul tema della cooperazione fra le Corti per costruire la “società europea”. Il podcast dell’intervista è accessibile dal sito della Corte costituzionale, pagina Libreria dei podcast tra le “Le interviste della Corte”.
- Rassegna di giurisprudenza
Corte di Giustizia, terza sezione, sentenza nella causa C-168/21, Procureur Général près la cour d’appel d’Angers, 14 luglio 2022 (Cooperazione giudiziaria in materia penale – MAE – Motivi di non esecuzione facoltativa – condizione della doppia incriminazione) *
Nel giugno 2016 le autorità giudiziarie italiane hanno emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti di KL, ai fini dell’esecuzione di una pena di dodici anni e sei mesi di reclusione inflitta per quattro reati, tra cui «devastazione e saccheggio». La Corte d’appello di Angers, Francia ha rifiutato la consegna di KL sulla base del rilievo che due delle condotte sottese a quest’ultimo reato non costituivano reato in Francia. Gli elementi costitutivi del reato di «devastazione e saccheggio» sono diversi nei due Stati membri interessati: secondo la legge italiana, contrariamente alla legge francese, il pregiudizio all’ordine pubblico costituisce un elemento costitutivo del reato. La Corte di cassazione francese si interroga sul rispetto della condizione della doppia incriminabilità del fatto, come prevista dalla decisione quadro 2002/584 [1], alla quale è subordinata la consegna di KL.
La Corte dichiara che la condizione della doppia incriminabilità del fatto è soddisfatta quando un MAE sia emesso ai fini dell’esecuzione di una pena inflitta per fatti che integrano, nello Stato membro emittente, un reato unico se tali fatti configurano un reato anche nello Stato membro di esecuzione; non è necessario che gli interessi giuridici tutelati dal reato nei due Stati siano identici. In secondo luogo, la Corte constata che, in base a detta condizione e al principio di proporzionalità delle pene, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare di eseguire un MAE emesso per l’esecuzione di una pena privativa della libertà, qualora tale pena sia stata inflitta per la commissione di un reato unico composto da più fatti di cui solo una parte costituisce reato nello Stato membro di esecuzione.
- Le conclusioni dell’Avvocato generale sono riassunte in “Notizie dalla Corte di Giustizia” del 31 maggio 2022
Corte di giustizia, Grande sezione, 14 luglio 2022, Sentenze nelle cause riunite C-59/18, Italia/Consiglio, e C‑182/18, Comune di Milano/Consiglio, nelle cause riunite C-106/19, Italia/Consiglio e Parlamento, e C-232/19, Comune di Milano/Parlamento e Consiglio, e nella causa C-743/19, Parlamento/Consiglio
(Selezione della città di Amsterdam come nuova sede dell’Agenzia europea dei medicinali – ricorso per annullamento del regolamento Regolamento (UE) 2018/1718 – scelta di collocare la sede dell’Autorità europea del lavoro a Bratislava)
A seguito dell’annuncio della Brexit da parte del Regno Unito, i rappresentanti degli Stati membri dell’Ue hanno selezionato la città di Amsterdam per sostituire Londra come nuova sede dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA). Nel giugno 2019 essi hanno anche selezionato Bratislava come sede della nuova Autorità europea del lavoro (ELA). L’Italia e il Comune di Milano contestano la decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri di stabilire la sede dell’EMA ad Amsterdam (C-59/18 e C-182/18), nonché il regolamento 2018/1718 [2], il quale, successivamente a detta decisione, ha fissato la sede in questa città (C‑106/19 e C‑232/19). Per parte sua, il Parlamento europeo contesta la decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri di stabilire la sede dell’ELA a Bratislava (C‑743/19).
Questi ricorsi sollevano tante domande importanti. In primo luogo se una decisione comune dei rappresentanti degli Stati membri possa essere soggetta ad un ricorso per annullamento in base all’articolo 263 TFUE. In secondo luogo, se una decisione come quella dei rappresentati degli Stati membri in oggetto possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 341 TFUE. Infine, viene chiesto quale sia lo status giuridico, secondo il diritto Ue, delle decisioni prese dai rappresentanti degli Stati membri che non sono previste dai trattati.
La Corte, riunita in Grande Sezione, rigetta tutti i ricorsi.
La Corte esordisce ricordando che gli atti adottati collettivamente dai rappresentanti dei governi degli Stati membri non possono essere sottoposti ad un controllo di legittimità esercitato dal giudice dell’Unione a titolo dell’articolo 263 TFUE. La Corte giudica che le decisioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, adottate rispettivamente nel novembre 2017 e nel giugno 2019 per designare la nuova sede dell’EMA e la sede dell’ELA, costituiscono atti adottati collettivamente e di comune accordo dai rappresentanti dei governi.
Essendo state adottate dagli Stati membri in un settore in cui i Trattati non prevedono l’intervento dei detti Stati, le decisioni in questione sono prive di qualsiasi effetto giuridico vincolante nel diritto dell’Unione. Si tratta di decisioni politiche degli Stati membri, che non possono costituire l’oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE.
La Corte dichiara che l’articolo 341 TFUE non si applica alla designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione come l’EMA e l’ELA. La competenza a decidere della fissazione del luogo della sede dell’EMA e dell’ELA spetta, dunque, al legislatore dell’Unione.
Per quanto riguarda i ricorsi diretti contro il regolamento 2018/1718, la Corte respinge tutti gli argomenti fatti valere dal Comune di Milano e dal governo italiano, relativi a violazioni delle prerogative del Parlamento, nonché all’illegittimità di tale regolamento derivante dalla presunta irregolarità della procedura che ha portato all’adozione della decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri del 20 novembre 2017 di scegliere la città di Amsterdam come nuova sede dell’EMA.
Corte di Giustizia, Grande sezione, 1 agosto 2022, sentenza nella cause riunite C‑14/21 e C-15/21, Sea Watch ((navi private che svolgono un’attività di ricerca e salvataggio in mare – controllo di conformità alle norme internazionali assicurato dallo Stato di approdo)*
Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione della direttiva 2009/16/CE, relativa al controllo da parte dello Stato di approdo, e della Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 1974. Esse mirano a chiarire se la direttiva 2009/16/CE si applichi anche alle navi destinate al salvataggio in mare, nonché a delineare la portata dei poteri di controllo dello Stato di approdo.
Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che vedono contrapposta Sea Watch alle Autorità italiane, tra le quali le due capitanerie di porto che nell’estate del 2020 hanno adottato due provvedimenti di fermo a carico delle navi Sea Watch 4 e Sea Watch 3 in quanto avevano raccolto a bordo un numero di persone largamente superiore a quello autorizzato. Le ispezioni avevano peraltro rilevato un certo numero di mancanze tecniche ed operazionali, ritenute manifestamente pericolose per la sicurezza, la salute e l’ambiente.
La Corte dichiara che la direttiva 2009/16/CE è applicabile a qualsiasi nave che si trovi in un porto o nelle acque soggette alla giurisdizione di uno Stato membro e batta bandiera di un altro Stato membro, ivi comprese le navi gestite dalle organizzazioni umanitarie. Tale direttiva deve essere interpretata tenendo conto delle norme di diritto internazionale che gli Stati membri sono tenuti a rispettare, a cominciare dalla convenzione sul diritto del mare [3] e dalla convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare [4]. La prima sancisce, in particolare, l’obbligo fondamentale di prestare soccorso alle persone in pericolo o in difficoltà in mare. La seconda dispone che le persone che si trovano, a seguito di un’operazione di soccorso in mare, a bordo di una nave, compresa una nave gestita da un’organizzazione umanitaria quale la Sea Watch, non devono essere computate in sede di verifica del rispetto delle norme di sicurezza in mare. Il numero di persone a bordo, anche ampiamente superiore a quello autorizzato, non può dunque costituire, di per sé solo, una ragione che giustifichi un controllo. Una volta che la nave ha completato lo sbarco, lo Stato di approdo può sottoporla a un’ispezione diretta a controllare il rispetto delle norme di sicurezza in mare, ma solo in presenza di indizi seri di un pericolo per la salute, la sicurezza, le condizioni di lavoro a bordo o l’ambiente. Nel caso in cui l’ispezione riveli l’esistenza di carenze, lo Stato di approdo può adottare delle azioni correttive, purchè siano adeguate, necessarie e proporzionate; in particolare, non può pretendere che la nave disponga di certificati diversi da quelli rilasciati dallo Stato di bandiera. La Corte sottolinea l’importanza del principio di leale cooperazione, secondo il quale gli Stati membri, tra cui quello che riveste la qualità di Stato di approdo e quello che riveste la qualità di Stato di bandiera, sono tenuti a cooperare e a concertarsi nell’esercizio dei loro rispettivi poteri.
*Le conclusioni dell’Avvocato generale sono riassunte in “Notizie dalla Corte di Giustizia” del 21 marzo 2022
[1] Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»). La condizione della doppia incriminazione del fatto è prevista all’articolo 2, paragrafo 4, di tale decisione quadro.
[2] Regolamento (UE) 2018/1718 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda l’ubicazione della sede dell’Agenzia europea per i medicinali (GU 2018, L 291, pag. 3).
[3] La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, conclusa a Montego Bay il 10 dicembre 1982, è stata approvata a nome della Comunità europea con la decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998 (GU 1998, L 179, pag. 1).
[4] La convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare è entrata in vigore il 25 maggio 1980. L’Unione non è parte di tale convenzione, ma tutti gli Stati membri lo sono.
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