Le potenzialità deflattive della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p risultano  rafforzate dalla cd. riforma Cartabia, muovendo da un assetto che consente di evitare la celebrazione di processi per fatti di reato che l’ordinamento non ha interesse a perseguire e punire in ragione dell’esiguità dell’offesa. Una previsione strategica per la funzionalità della giustizia che dovrebbe riservare il processo penale “ai fatti che meritano”. Per testare le condizioni effettive del progettato ampliamento operativo viene esaminato il nuovo perimetro dell’istituto ridisegnato dal d.leg. n. 150/2022, verificando anche l’attualità degli insegnamenti giurisprudenziali consolidatisi nei sette anni di vita dell’art. 131-bis c.p., frutto delle diverse tensioni esegetiche che hanno accompagnato uno dei limiti interni all’obbligatorietà dell’azione penale pienamente soggetto al governo giurisdizionale. Un percorso che consente di verificare l’effettiva compatibilità tra la spinta deflattiva e la capacità del legislatore storico di conservare coerenza sistematica all’istituto dell’art. 131-bis c.p., da ultimo posta in tensione dal rilievo attribuito alle condotte post-fattuali.

Keywords:Particolare tenuità del fatto. Deflazione. Proporzionalità. Condotta susseguente. Efficienza.

Sommario:  Premessa.  1. Le direttrici della riforma dell’art. 131-bis c.p. ad opera del d.leg. n. 150/2022. 2. La sistematica sostanziale dell’istituto. 2.1. La natura.  2.2. Limiti edittali e forme di manifestazione dei reati ai quali si applica (art. 131-bis, c.1 c.p.). 2.3. Particolare tenuità dell’offesa e rilievo della condotta susseguente (art. 131-bis, c.1, 2 e 3 c.p.). 2.3.1.  Esclusioni normative della particolare tenuità dell’offesa per motivi, modalità e conseguenze della condotta (art. 131-bis, comma 2, c.p.p.). 2.3.2.  Esclusioni normative della particolare tenuità dell’offesa per tipologie di reati (art. 131-bis, comma 3, c.p.). 2.4. La non abitualità del comportamento (art. 131-bis, commi 1 e 4  c.p.). 2.4.1. Le ipotesi ostative della non abitualità: dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza a delinquere. 2.4.2. Segue: commissione di più reati della stessa indole. 2.4.3. Segue:  i reati che hanno ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. 2.4.4. Segue: concorso formale e continuazione. 2.5. Gli effetti della pronuncia di proscioglimento ex art. 131-bis c.p. 2.6. Casistica. 3. La sistematica processuale dell’istituto. 3.1. Ambito di applicazione: peculiari contesti processuali. 3.2. L’oggetto dell’accertamento in fase processuale.  3.3. Valutazione e motivazione.  3.4. Regole procedurali. 3.4.1.  Archiviazione. 3.4.2. Decreto penale. 3.4.3.  Udienza dibattimentale e sentenza predibattimentale. 3.5.  Questioni in tema di impugnazione.  3.5.1. Interesse ad impugnare. 3.5.2. Applicabilità della causa di non punibilità in sede d’appello. 3.5.3. Giudizio di riesame. 3.5.4. Giudizio di Cassazione. 4. Considerazioni conclusive.

            Premessa.

L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto è l’istituto introdotto, in attuazione della L. n. 67 del 2014, dall’art. 1, c. 2, d.leg. n. 28 del 2015, all’esito di un dibattito dottrinale trentennale[2] che ha posto in rilievo l’esistenza di un’area di fatti tipici immeritevoli di punizione in quanto in concreto minimamente offensivi, la cui selezione storica è affidata al giudice, chiamato a governare un perimetro normativamente predeterminato di condizioni positive (volte a definire la tenuità dell’offesa) e negative (imperniate sulla non abitualità del comportamento) che consentono di enucleare,  all’esito di una sinergico complesso di valutazioni,  casi di compromissioni minime del precetto penale che conviene non sanzionare.  

La non punibilità per particolare tenuità del fatto trae giustificazione dai principi di proporzione e di extrema ratio della risposta punitiva ma rappresenta anche reazione alla cd. “ipertrofia verticale” (aumento di criminalità connotata dall’esiguità dei fatti corrispondenti alle fattispecie legali, crescita del numero dei procedimenti penali pendenti ed eccessiva dilatazione dei tempi di definizione dei procedimenti) che impone risposte volte al recupero dell’efficienza della giustizia penale tramite deflazione. Entrambi gli obiettivi – con i quali si degrada l’assolutezza del comando punitivo – sono affidati dal legislatore all’autorità giurisdizionale, chiamata a declinarli storicamente in esito ad una valutazione concreta – quanto invero complessa – della minima offensività delle fattispecie sottoposte alla sua cognizione[3]. Quale meccanismo che attua il diritto penale minimo anche in nome dell’efficienza sistematica, il suo scopo primario è infatti «[..] quello di espungere dal circuito penale fatti marginali, che non mostrano bisogno di pena e, dunque, neppure la necessità di impegnare i complessi meccanismi del processo»[4]. Il fatto non è punibile non per inoffensività ma perché il legislatore, in presenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, ritiene inopportuno punirlo, al ricorrere delle condizioni indicate nella disposizione normativa[5]. La tenuità del fatto ex art.131-bis c.p., dunque, non si apprezza secondo la condotta tipica o le tipologie astratte di reato, bensì alla luce delle forme storiche di estrinsecazione del comportamento, per valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, di conseguenza, il bisogno di pena. Una prospettiva assiologica accolta dalla Corte costituzionale[6], valsa ad estendere l’ambito di applicazione dell’istituto[7]. In definitiva, nel delimitarne l’operatività il legislatore ha «da un lato compiuto una graduazione qualitativa astratta, basata sulla natura e sull’entità della pena, e vi ha aggiunto un elemento di impronta personale, pure esso tipizzato, tassativo, relativo all’abitualità o meno del comportamento. Dall’altro ha demandato al giudice una ponderazione quantitativa rapportata al disvalore di azione, a quello di evento, nonché al grado della colpevolezza. Ha limitato, infine, la discrezionalità del giudizio escludendo alcune contingenze ritenute incompatibili con l’idea di speciale tenuità: motivi abietti o futili, crudeltà, minorata difesa della vittima, ecc. Da tale connotazione emerge [che] l’esiguità del disvalore è frutto di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno, alla colpevolezza»[8].

Le potenzialità deflattive della causa di non punibilità[9] in esame paiono, in generale, potenziate dalla cd. riforma Cartabia[10], muovendo da un assetto che, già con l’archiviazione del procedimento, consente di evitare la celebrazione di processi per fatti di reato che l’ordinamento non ha interesse a perseguire e punire in ragione dell’esiguità dell’offesa[11]. Una previsione qualificata da più parti come di valenza strategica per restituire funzionalità alla giustizia penale, «rappresentando, da un lato, una valvola deflativa di primaria importanza ancor più in un sistema come il nostro, improntato al principio della obbligatorietà dell’azione penale e, dall’altro lato, un luogo del sistema penale che ben si presta a valorizzare percorsi di giustizia riparativa tali da consentire una valutazione globale del fatto, correlata anche al superamento del “bisogno di pena” da parte della vittima»[12]. Si tratta di uno snodo chiave delle prospettive di efficientamento del sistema che dovrebbe riservare il processo penale dibattimentale “ai fatti che meritano”: espressione sinora pronunciata con verecondia ma che pare allineata ad una visione realistica della capacità dell’apparato (di qualsiasi Stato, invero) di rendere autentica giustizia contando sui i tempi e le possibilità realmente a disposizione degli uomini.   

Per testare le condizioni effettive del progettato ampliamento operativo conviene esaminare il nuovo perimetro dell’istituto ridisegnato dal d.leg. n. 150/2022[13], verificando, nel contempo,  anche l’attualità degli insegnamenti giurisprudenziali consolidatisi nei sette anni di vita dell’art. 131-bis c.p., frutto evidente delle diverse tensioni esegetiche che hanno accompagnato uno dei limiti interni all’obbligatorietà dell’azione penale, che ha il merito di restare pienamente soggetto al governo giurisdizionale[14].

Si verificherà, in tal modo, l’effettiva compatibilità tra la spinta deflattiva e la capacità del legislatore storico di conservare coerenza sistematica all’istituto, da ultimo posta in tensione dal rilievo attribuito alle condotte post-fattuali nel contesto dell’art. 131-bis c.p., indici sinora tipici della fase commisurativa della pena trasformati in ulteriori criteri valutativi dell’esiguità del fatto.  Occorre valutare, in particolare, se si sia in presenza di un’alterazione del “paradigma di bagatellarità” realizzata trasformando la valutazione del fatto di particolare tenuità in un dissimulato giudizio di “commisurazione anticipata” della pena e della rinuncia ad essa attraverso parametri ibridi, distanti e anche contraddittori[15] da quelli, strettamente oggettivi, sui quali l’istituto è stato edificato nell’originaria conformazione.

  1. Le direttrici della riforma dell’art. 131-bis c.p. ad opera del d.leg. n. 150/2022.

            In attuazione del criterio di delega di cui all’art. 1, c. 21 della L. n. 134/2021, il d.leg. n. 150/2022 è intervenuto sull’art. 131-bis c.p. in triplice direzione:  (i)  operando una generale estensione dell’ambito di applicabilità dell’istituto ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni (1° comma);  (ii) attribuendo rilievo alla condotta susseguente al reato ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa (1° comma); (iii) escludendo il carattere di particolare tenuità dell’offesa in relazione ai reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, e ad ulteriori reati di particolare gravità (nuovo 3° comma). In realtà,  esiste un’ulteriore prospettiva di potenziamento dell’istituto riconnessa alla possibilità di operarne il riconoscimento in fase di udienza predibattimentale (art. 554-bis e 552-ter c.p.p.) – dopo la fine delle indagini ma prima  del termine della celebrazione del dibattimento – al di fuori del consenso delle parti processuali, evitando al giudice la celebrazione di un complesso e lungo processo per un fatto di lieve consistenza offensiva; una decisione giurisdizionale che si allinea più ad una visione dell’esclusione della punizione tipica delle cause di improcedibilità e che la sottrae alla regola consensuale.     

  • Più in dettaglio, l’estensione generale dell’ambito di applicabilità dell’istituto passa dalla sostituzione nel 1° comma dell’art. 131-bis c.p. delle parole «pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni» con le parole «pena detentiva non superiore nel minimo a due anni». Sul presupposto che il delitto tentato integra un’autonoma figura di reato, con apposita cornice edittale individuata ai sensi dell’art. 56, c. 2 c.p., alla quale la causa di non punibilità è applicabile[16], dovendosi operare la diminuzione massima di pena (pari a due terzi) sul minimo edittale, l’art. 131-bis c.p. potrà essere applicato al tentativo di delitti che in forma consumata sarebbero puniti con pena minima non superiore a 6 anni. Allo stesso limite della pena detentiva non superiore a due anni, inoltre, può pervenirsi anche per effetto dell’applicazione di circostanze attenuanti autonome o ad effetto speciale (cfr. art. 131-bis, c. 4 c.p.).

Il precedente limite edittale appariva circoscrivere in maniera irragionevole l’istituto, come già censurato in talune evenienze dalla C. costituzionale[17].  Se, dopo l’intervento del giudice delle leggi, per la ricettazione di particolare tenuità l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. era già consentita, non poteva dirsi parimenti per i reati puniti con pena minima determinata e una pena massima superiore a sei anni (come il furto aggravato ex art. 625 c.p.); reati frequenti nella prassi, anche per via della procedibilità d’ufficio, all’origine di dispendiosi procedimenti penali per fatti, spesso, “concretamente bagatellari[18]. Ragioni di opportunità e di razionalità sistematica[19] hanno suggerito di estendere l’operatività dell’art. 131-bis c.p. facendo riferimento al limite minimo edittale, secondo una proposta avanzata da tempo dalla dottrina e dalle commissioni di studio istituite presso il Ministero della Giustizia[20]. Come conferma la ricordata sentenza della C. cost., quando si tratta di individuare sotto-fattispecie bagatellari, nell’ambito di una determinata figura di reato, è rilevante il minimo edittale della pena comminata dal legislatore, non già il massimo, in quanto la scelta politica essenziale in ordine alla gravità del reato è espressa dal minimo edittale, ossia dalla soglia di pena in concreto al di sotto della quale, comunque, non potrà scendere il giudice in sede di commisurazione infra-edittale.

Con la modifica normativa del 2022, la causa di non punibilità potrà applicarsi in relazione ai reati puniti con pena detentiva edittale determinata nel minimo in misura non superiore a due anni, indipendentemente dall’entità del massimo edittale della pena detentiva. L’ampliamento riguarda cioè reati puniti con pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni e non superiore, nel minimo, a due anni, sino ad oggi esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (si pensi al furto aggravato ex art. 625 c.p., alla ricettazione ex art. 648, c. 1 c.p., alla falsità materiale del pubblico ufficiale in atti pubblici, ex art. 476 c.p.) ma di elevata incidenza statistica nei ruoli d’udienza.  Gli effetti deflattivi, inoltre, sono attesi anche sul sistema dell’esecuzione penale: il maggior numero di procedimenti definiti con l’applicazione della causa di esclusione della punibilità contribuirà a ridurre il numero delle condanne a pena detentiva di breve durata, ovvero la più parte delle pene irrogate in presenza di fatti di particolare tenuità, ai quali l’art. 131-bis c.p. non era oggi applicabile in ragione dei limiti edittali di pena previsti. Ciò promette anche un positivo impatto sulle riformate pene sostitutive delle pene detentive brevi e sull’attività di giudici e magistrati di sorveglianza in sede di esecuzione, nonché dell’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna. 

  • . Il secondo intervento, attuativo dell’art. 1, c. 21, lett. b) della legge delega, è operato inserendo la “condotta susseguente al reato” tra i criteri di valutazione della particolare tenuità dell’offesa.

Nella relazione illustrativa al d.leg. n 150/2022 si rimarca come anche tale modifica normativa consenta di ampliare ulteriormente l’ambito di applicazione della causa di non punibilità, superando l’orientamento giurisprudenziale che, sulla base del diritto sinora vigente, affermava l’irrilevanza ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, del comportamento tenuto dall’agente “post delictum”, «atteso che la norma di cui all’art. 131-bis c.p. correla l’esiguità del disvalore ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile, dell’entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai soli profili di cui all’art. 133, co. 1 c.p., e non invece con riguardo a quelli, indicativi di capacità a delinquere, di cui al secondo comma, includenti la condotta susseguente al reato»[21] (amplius infra § 2.3).

  • . Correlativamente viene ampliato il catalogo dei reati per i quali non è applicabile la causa di  non punibilità, in attuazione  dell’art. 1, c. 21, lett. a) della legge delega; quest’ultima disposizione pone una prima direttiva, specifica, mirante a evitare che l’ampliamento dell’ambito di applicazione della causa di non punibilità interessi i reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, ratificata ai sensi della L. 27 giugno 2013, n. 77, prevede una seconda direttiva, generica, con cui rimette  al legislatore delegato la valutazione circa l’opportunità di “ampliare conseguentemente, se ritenuto opportuno sulla base di evidenze empirico-criminologiche o per ragioni di coerenza sistematica, il novero delle ipotesi in cui, ai sensi del secondo comma dell’articolo 131 bis del codice penale, l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità”.  Per attuare entrambe le direttive si è intervenuti sul 2° e 3° comma dell’art. 131-bis c.p. che, riferendosi in modo generico a determinate modalità della condotta e, in modo specifico, ad alcune figure di reato, delimita l’applicazione della causa di non punibilità elencando una serie di ipotesi in cui, nella valutazione del legislatore, “l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità”.

Quanto ai reati riconducibili alla Convenzione di Istanbul, in materia di violenza contro le donne e di violenza domestica, la relazione ministeriale rivendica l’opportunità, per esigenze di rispetto dei principi di legalità e di precisione che devono informare la legislazione in materia penale (art. 25, c. 2 Cost.), di non fare generico riferimento alla Convenzione, richiamata dalla legge delega – con possibili incertezze interpretative – bensì di individuare le singole figure di reato previste nell’ordinamento italiano riconducibili alla predetta convenzione internazionale. La soluzione è parsa preferibile anche rispetto alla generica indicazione di modalità della condotta di violenza contro le donne, o domestica, che avrebbe potuto comportare irragionevoli disparità di trattamento.  Sono inserite le figure di reato che, in assenza di un’esclusione espressa, sarebbero rientrate nell’ampliato ambito di applicazione dell’art. 131-bis c.p.; i reati riconducibili alla Convenzione che, invece, sono puniti con pena detentiva superiore a due anni, nella forma consumata, circostanziata o tentata[22], non sono richiamati nel 3° comma dell’art. 131-bis c.p. perché già esclusi dall’ambito di applicazione dell’istituto in ragione del limite di pena edittale. Ciò detto, le disposizioni della Convenzione di Istanbul che vengono in rilievo, ai fini dell’individuazione delle figure di reato ad essa riconducibili, previste nell’ordinamento italiano, sono quelle di cui agli artt. 33-41, previste nel Capitolo V (“Diritto sostanziale”); la Convenzione menziona tipologie di reato o di condotte che trovano corrispondenza in fattispecie delittuose presenti nell’ordinamento italiano e che, essendo punite con pena non superiore nel minimo a due anni, nella forma consumata o tentata, in assenza di un’espressa esclusione sarebbero riconducibili alla previsione dell’art. 131-bis c.p. Tali figure di reato, in attuazione del criterio di delega, vengono incluse nel catalogo di cui all’art. 131-bis, c. 3 c.p. e, pertanto, espressamente escluse dall’ambito di applicazione della causa di non punibilità.  Si tratta delle seguenti fattispecie: (i)  “atti persecutori (stalking)” (art. 34 della Convenzione), ai quali è riconducibile il delitto di cui all’art. 612 bis c.p., punito con la reclusione da uno a sei anni e sei mesi; (ii) “violenza fisica” (art 35 della Convenzione), alla quale, con specifico riguardo ai fenomeni di violenza contro le donne e di violenza domestica, sono riconducibili, tra i reati puniti con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, le lesioni personali di cui all’art. 582 c.p., nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt.  576, 1° comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, 1° comma, numero 1, e 2° comma[23];  (iii) “violenza sessuale, compreso lo stupro” (art. 35 della Convenzione), alla quale sono riconducibili  il delitto di cui all’art. 609-bis c.p., che è punito con pena detentiva pari nel minimo a due anni nelle ipotesi di tentativo e nelle ipotesi previste dal terzo comma (“casi di minore gravità”), il delitto di atti sessuali con minorenne, di cui all’art. 609 quater c.p., che nella forma tentata è punito con la stessa pena prevista dall’art. 609 bis c.p;  pur non trattandosi di una fattispecie riconducibile all’art. 34 della Convenzione (non implicando  una violazione del corpo della vittima, costretta ad assistere agli atti sessuali), né all’art. 33 della Convenzione stessa (che si riferisce a forme di violenza psicologica realizzate con la coercizione), per ragioni di opportunità e coerenza sistematica, nonché di conformità alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali (art. 22), fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e ratificata ai sensi della L. 1° ottobre 2012, n. 172, si è ritenuto di includere tra i reati sessuali esclusi dalla sfera dell’art. 131-bis c.p. anche la corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.), punita con la reclusione da uno a cinque anni (e, pertanto, oggi riconducibile alla predetta sfera); (iv) analoghe considerazioni hanno indotto a contemplare tra i reati esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 131-bis c.p. la prostituzione minorile (art. 600 bis c.p.), punita con la reclusione da due a otto anni, nella forma tentata di cui al 1° comma, e con la reclusione da uno a sei anni, nella forma consumata di cui al 2° comma, e l’adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.), punito con la reclusione da uno a tre anni;  (v) “matrimonio forzato” (art. 37 della Convenzione), al quale è riconducibile il delitto di costrizione o induzione al matrimonio, di cui all’art. 558 bis c.p., punito con la reclusione da uno a cinque anni; (vi)  “mutilazioni genitali femminili” (art. 38 della Convenzione), punite nell’ordinamento italiano dall’art. 583 bis c.p. con pena detentiva inferiore nel minimo a due anni nell’ipotesi di realizzazione in forma tentata della fattispecie di cui al primo comma (punita nel minimo con la reclusione di un anno e quattro mesi) e di realizzazione nella forma consumata e attenuata della fattispecie di cui al secondo comma (punita con la reclusione pari nel minimo a un anno); (vi) “aborto forzato” (art. 39 della Convenzione), cui è riconducibile nel nostro ordinamento il delitto di interruzione della gravidanza non consensuale (art. 593 ter c.p.), punito nella forma tentata con la reclusione pari nel minimo a un anno e quattro mesi; pur in assenza di un consenso estorto – come richiede l’art. 39 della Convenzione di Istanbul – si è ritenuto inoltre opportuno, per ragioni di coerenza sistematica, escludere altresì dalla sfera di applicazione dell’art. 131-bis c.p. l’ipotesi, prevista dall’art. 19, co. 5 l. 22 maggio 1978, n. 194, di interruzione volontaria della gravidanza praticata, senza l’osservanza delle disposizioni di legge, su donna minore degli anni diciotto o interdetta (non punibile, per espressa previsione legislativa); (vi) “sterilizzazione forzata” (art. 39 della Convenzione), riconducibile nell’ordinamento italiano al delitto di lesioni personali gravissime, di cui all’art. 583, c. 2, n. 3 c.p. (perdita della capacità di procreare), che nella forma tentata è punito con la pena della reclusione pari nel minimo a due anni di reclusione (si tratta di un’ipotesi di tentativo di reato circostanziato, ammessa dalla giurisprudenza)[24]; (vii)  “molestie sessuali” (art. 40 della Convenzione), cui può essere ricondotto il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p., c.d. revenge porn), punito con la reclusione da uno a sei anni.

 Quanto all’inapplicabilità nei procedimenti per ulteriori reati di particolare gravità o allarme sociale, la previsione mira ad evitare che l’ampliamento della sfera della causa di non punibilità attragga figure di reato di particolare gravità o allarme sociale, rispetto alle quali valutazioni di opportunità, ancorate a evidenze criminologiche o sistematiche, suggeriscono l’opportunità di ulteriori esclusioni in via di eccezione. Come rimarca la relazione governativa, il limite della pena detentiva, non superiore a due anni, non sempre esclude che si sia in presenza di reati di particolare gravità o allarme sociale: ad esempio, perché la legge, per alcuni reati, prevede una forbice edittale di pena molto allargata (ad es., per l’usura è prevista la reclusione da due a dieci anni), ovvero perché, in alcuni casi, la pena minima comminata per il delitto tentato – diminuita di due terzi rispetto a quella per il corrispondente delitto consumato – rientra nella nuova e più ampia sfera di applicabilità della causa di non punibilità. Il delitto tentato integra pacificamente una autonoma figura di reato, rispetto a quello consumato, con propria cornice di pena; poiché «l’autonomia del delitto tentato comporta che gli effetti giuridici sfavorevoli previsti con specifico richiamo di determinate norme incriminatrici vanno riferiti alle sole ipotesi di reato consumato e ciò in quanto le norme sfavorevoli sono di stretta interpretazione e, in difetto di espressa previsione, non possono trovare applicazione anche per le corrispondenti ipotesi di delitto tentato»[25], per evitare tale esito, l’elencazione inserita nell’ultimo periodo del comma 3° dell’art. 131-bis c.p. fa riferimento a delitti nella forma consumata o, appunto, tentata.  

Su queste premesse, si è inserito nel 3° comma dell’art. 131-bis c.p. un ultimo periodo, che estende il novero dei reati in relazione ai quali l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, annoverando i seguenti delitti, consumati o tentati:  (i) delitti in materia di stupefacenti previsti dall’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo;  (ii) delitti contro la pubblica amministrazione di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis (peculato, concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione)[26];   (iii) delitto di agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario (art. 391 bis c.p.);  (iv) delitti di incendio e di incendio boschivo (artt. 423, 423 bis);  (v) delitto di pornografia minorile (art. 600 ter, c. 1 c.p.);  (vi) delitto di tortura (art. 613 bis c.p.);  (vii) delitto di rapina aggravata (art. 628, co. 3 c.p.)[27];  (viii) delitto di estorsione (art. 629 c.p.);  (ix) delitto di usura (art. 644 c.p.); (x) delitti di riciclaggio e reimpiego (artt. 648 bis, 648 ter c.p.);  (xi) i delitti finanziari di cui agli art. e 184 e 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato).

Inoltre, l’intervento (artt. 76 e 77 d.leg. n. 150/2022) esclude l’applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., in rapporto ad alcuni reati militari previsti dal codice penale militare di pace e da una legge speciale. Si tratta dei reati di rivolta (art. 174, co. 1 c.p.m.p.) e di peculato militare (art. 215 c.p.m.p.), nonché del reato di collusione cui all’art. 3 l. 9 dicembre 1941, n. 1383. L’estensione dell’ambito di applicabilità dell’art. 131-bis c.p., realizzata dallo schema di decreto in attuazione della legge delega, consentirebbe di applicare l’art. 131-bis c.p. ai predetti reati: a quelli di peculato militare e di collusione, perché puniti con la pena pari nel minimo a due anni; al reato di rivolta perché, nella forma tentata (art. 46 c.p.m.p.), limitatamente alle ipotesi di cui al primo comma, è punito nel minimo con un anno di reclusione[28].  Si è ritenuto opportuno non intervenire sul codice penale ma direttamente sulle disposizioni interessate. Ciò è coerente con la collocazione dell’art. 131-bis nella parte generale del codice penale ‘comune’ e con l’intervento settoriale che interessa un diverso codice.

-1.4. Una significativa novità, destinata ad incidere sull’anticipazione del momento di rilevazione della causa di non punibilità, consegue ai poteri del giudice della nuova udienza predibattimentale, previsti dall’art. 554-ter c.p.p.,  [29]. A tale udienza è stato assegnato il compito di definire il processo, quando, sulla base del complesso degli atti di indagine, già emergano elementi che conducono a un proscioglimento oppure si evidenzi che gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna. Sebbene non sia esplicitato, anche la relazione ministeriale conferma che un esito possibile è quello previsto dall’art. 131-bis c.p., atteso che tra le definizioni ordinarie dell’udienza vi è  la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere in presenza di una causa di non punibilità, comprensiva, quindi, anche della pronuncia di cui all’art. 131-bis c.p.[30].  Si superano in tal modo i contrari limiti alla pronuncia in fase predibattimentale della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto previsti per la sentenza emessa ai sensi dell’art. 469, c. 1-bis c.p.p., condizionate alla non opposizione dell’imputato e del PM alla dichiarazione dell’improcedibilità, con rinuncia alla verifica dibattimentale[31].

– 1.5.  Quanto al diritto intertemporale, la natura di istituto sostanziale inquadrabile tra le cause di non punibilità, riconosciuta dalla relazione ministeriale e dalla giurisprudenza di legittimità e costituzionale,  ha indotto a ritenere superflua una disciplina transitoria, essendo pacifica l’applicabilità dell’art. 2 c.p. e costituzionalmente obbligate le altre soluzioni; in particolare, se l’estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 131-bis c.p. a nuove figure di reato ha effetto retroattivo, come il parametro di valutazione della tenuità dell’offesa alla luce della condotta susseguente al reato, in base al principio di irretroattività della legge penale sfavorevole (art. 25, c. 2 Cost.), le modifiche alla disciplina dell’art.131-bis c.p. che escludono dall’ambito di applicazione dell’istituto talune figure di reato, in quanto sfavorevoli, avranno effetto solo per fatti commessi dopo l’entrata in vigore della riforma.

2. La sistematica sostanziale dell’istituto.

2.1. La natura.

  In proposito, la Corte costituzionale ha osservato che l’art. 131-bis c.p.  «prevede una generale causa di esclusione della punibilità che si raccorda con l’altrettanto generale presupposto dell’offensività della condotta, requisito indispensabile per la sanzionabilità penale di qualsiasi condotta in violazione di legge»[32]. Per delineare questa esimente generale, il legislatore del 2015 ha considerato i reati al di sotto di una soglia massima di gravità e ha tracciato una linea di demarcazione trasversale per escludere la punibilità – ma non l’illiceità penale – delle condotte che risultino, in concreto, avere un tasso di offensività marcatamente ridotto, quando appunto l'”offesa è di particolare tenuità[33]. Si è invero precisato che «il fatto particolarmente lieve, cui fa riferimento l’art. 131-bis cod. pen., è comunque un fatto offensivo, che costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la “rieducazione del condannato”, sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione»[34]. Le cause di non punibilità costituiscono altrettante deroghe a norme penali generali, sicché la loro estensione comporta strutturalmente un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo quelle che sorreggono la norma generale e quelle che viceversa sorreggono la norma derogatoria, giudizio che appartiene primariamente al legislatore[35].  La particolare tenuità dell’offesa, desunta dalle modalità della condotta e dall’esiguità del danno o del pericolo, e la non abitualità del comportamento costituiscono, dunque, i parametri fondamentali ai quali il giudizio discrezionale dell’autorità giudiziaria deve fare riferimento al fine di ritenere applicabile o meno al caso concreto la causa di non punibilità in esame[36].

Sulla natura dell’istituto si contrappongono due ricostruzioni. Per una prima opinione,  ampiamente, maggioritaria l’esclusione della punibilità ex art. 131-bis c.p. ha natura prettamente sostanziale[37], come accreditano  i seguenti indici: (i) la lettera della norma (“la punibilità è esclusa”) e la rubrica dell’articolo (esclusione della punibilità);  (ii) la collocazione della sistematica nel codice penale all’interno del Titolo V Libro I (dedicato alla “modificazione applicazione ed esecuzione della pena”), connesso a valutazioni che il giudice deve effettuare dopo aver accertato la sussistenza del reato e della sua attribuibilità all’imputato; (iii) l’art. 651-bis c.p.p. che attribuisce efficacia di giudicato (nel caso di sentenza di proscioglimento irrevocabile pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento o a seguito di giudizio abbreviato ex art. 442 c.p.p., salvo che vi si opponga la parte civile che non ha accettato il rito) in ordine all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o per il risarcimento del danno.  Sulla base di tali premesse la causa di non punibilità è applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d. lgs. 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e solo per questi ultimi la relativa questione, in applicazione degli artt. 2, 4° comma, c,p. e 129 c.p.p. è deducibile e rilevabile d’ufficio ex art. 609, 2° comma, c.p.p. anche nel caso di ricorso inammissibile[38]; il giudice dell’esecuzione, invece, non può applicare retroattivamente la disciplina di favore della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis c.p., causa di non punibilità che non esclude la sussistenza del reato e  non giustifica l’applicazione della disciplina in materia di successione delle leggi penali di cui all’art. 2 c.p. [39]; in particolare, il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., non può revocare la sentenza di condanna pronunciata prima dell’entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 131-bis c.p. per consentire l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, perché essa presuppone l’accertamento del reato e la sua riferibilità soggettiva all’imputato, incidendo solo sulla possibilità di irrogare la sanzione, mentre l’abrogazione comporta il venir meno della rilevanza penale della condotta incriminata[40].

Per diverso orientamento l’istituto ha natura ibrida, nel quale alle componenti sostanziali, proprie della causa di non punibilità, se ne uniscono di procedurali, tipiche della causa di improcedibilità[41].  Fermo il carattere sostanziale dell’istituto, ne sono ben chiari i risvolti processuali, dai quali emerge che «la particolare tenuità del fatto viene dunque, apertis verbis, ricollegata ad ipotesi di improcedibilità»[42]. Così,  l’art. 469, c. 1-bis,  c.p.p., ha previsto che “la sentenza di non doversi procedere è pronunciata anche quando l’imputato non è punibile ai sensi dell’art. 131 bis c.p., previa audizione in camera di consiglio anche della persona offesa, se compare”; inoltre, l’art. 651-bis c.p.p., sancisce l’efficacia di giudicato, nei limiti sopra evidenziati, della sentenza irrevocabile di “proscioglimento” (non già di assoluzione) emessa a seguito di dibattimento o di opzione dell’imputato per il rito abbreviato”; le  formule contemplate  con riguardo alle sentenze emesse in applicazione della norma in esame (di “non doversi procedere”, con riferimento alle ipotesi predibattimentali, ovvero di “proscioglimento” nei casi di pronunce dibattimentali o ex art. 442 c.p.p.) evocano la dimensione processuale dell’istituto, come a rivelare il disegno del legislatore delegato di conferire ad un istituto di taglio dichiaratamente sostanziale una più ampia portata applicativa sul piano processuale, per finalità di maggior deflazione[43].  Onde, «la tenuità del fatto è una causa di non punibilità, che tuttavia – a scopo deflattivo – viene disciplinata nelle sue implicazioni in rito come causa di improcedibilità, salva la necessità in ipotesi peculiari del non dissenso dell’imputato».  In effetti, a seconda del contesto l’art. 131-bis c.p. è destinato a trovare applicazione con esiti procedurali diversificati: – in fase di indagini ai sensi dell’art. 411, c.1 bis c.p.p., prescinde da qualsiasi accertamento di responsabilità (estraneo alla funzione della fase)  e si pone come causa di improcedibilità; nell’udienza preliminare come causa di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p.; – nella fase dibattimentale, all’esito dell’istruttoria dibattimentale o in caso di rito abbreviato, quale causa di assoluzione, ex art. 530 c.p.p.. In passato tale lettura era sostenuta, essenzialmente, dal rilievo che, in relazione alla fase predibattimentale, le parti potevano concordare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. quale causa di non procedibilità dell’azione penale, con conseguente sentenza di non doversi procedere ex art. 469-bis, c.1-bis, pronunciata dal giudice all’esito di una valutazione allo stato degli atti, sulla base degli elementi a disposizione prima dell’inizio dell’istruttoria dibattimentale. Pur residuando quale assetto di un possibile esito predibattimentale successivo alla celebrazione dell’udienza preliminare, per l’udienza predibattimentale per i procedimenti a citazione diretta l’art.  554-ter, c.1, c.p. prevede ora che  «se, sulla base degli atti trasmessi ai sensi dell’articolo 553, sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se risulta che il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che l’imputato non è punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna». La componente di causa improcedibilità dell’istituto viene potenziata, dunque, dalla riforma e sganciata dalla condizione consensualistica prevista dall’art. 469-bis c.p.

2.2. Limiti edittali e forme di manifestazione dei reati ai quali si applica (art. 131-bis, c.1 c.p.).

Secondo il disposto del 1° comma dell’art. 131-bis c.p., novellato dal d.leg. n. 150/2022, «nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa é di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale». In base all’art. 131-bis, c.5, c.p. «Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69».

Si è già spiegata la portata innovativa e razionalizzatrice della novità apportata dalla riforma Cartabia (§ 1.1).  Può qui richiamarsi la persistente attualità di quell’insegnamento che riconosceva l’applicabilità dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p. con riferimento generico ai “reati“, non ulteriormente qualificati, anche ai delitti tentati, quando la loro autonoma cornice edittale, determinata alla stregua del parametro legale e con la riduzione dell’articolo 56 c.p. risultava ricompresa entro la soglia di legge[44]. Se rispetto alla precedente soglia, parametrata sul massimo, la Cassazione aveva prospettato un calcolo che partendo dal massimo previsto per il reato consumato lo riduceva di un terzo ai sensi dell’art. 56 c.p., il nuovo parametro, calibrato sul minimo, persuade ad applicare l’estensione massima (due terzi) prevista dal citato art. 56; con conseguente impulso all’ampliamento delle potenzialità operative dell’istituto[45]. Inoltre, in caso di recesso attivo da parte dell’agente che volontariamente impedisce l’evento   (art. 56, c.4, c.p.) , per il quale è prevista la riduzione da un terzo alla metà della pena del tentativo, si comprende l’ulteriore  potenzialità della rimodulazione del limite edittale sul minimo, potendo beneficiare della riduzione massima del tentativo e del recesso attivo quale circostanza ad effetto speciale.  

L’art. 131-bis, c.4 c.p., analogamente a quanto previsto da altre disposizioni del sistema penale (art. 157, c. 2 c.p.  in tema di prescrizione del reato) e processualpenalistico (artt. 4 e 278 c.p.p. rispettivamente in tema di determinazione della pena ai fini della competenza e dell’applicazione delle misure cautelari), esclude che si possa tenere conto delle circostanze del reato, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato (c.d. autonome) e di quelle ad effetto speciale (che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo). Secondo quanta chiarito nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 28 del 2015, il legislatore ha riconosciuto rilevanza a tali circostanze in quanto particolarmente “significative” tanto da esse accostabili a sottospecie di fattispecie autonome. In caso di concorso tra più circostanze autonome o a effetto speciale, occorre distinguere a seconda che siano tra loro omogenee (tutte aggravanti o tutte attenuanti) o eterogenee. Nel primo caso, infatti, troveranno applicazione le regole dettate dall’art. 63 c. 4 e 5 c.p.; nel secondo caso, invece, l’ultimo periodo del citato comma 4 esclude che si possa tenere conto del giudizio di bilanciamento di cui all’art. 69 c.p. In passato, quando il limite edittale di accesso all’istituto era parametrato sul massimo, si assumeva che occorresse applicare la circostanza aggravante ad effetto speciale nella massima estensione e, sulla pena risultante, operare la minima riduzione consentita per la circostanza attenuante ad effetto speciale[46]. Oggi, con una soglia normativamente parametrata sul minimo, i termini potrebbero ritenersi invertiti a favore di un aumento minimo e di una successiva riduzione massima connessa alle circostanze ed affetto speciale. Diversamente, in senso opposto (a favore di un aumento massimo  e di una riduzione minima), potrebbe orientare solo la valorizzazione della ratio connessa al divieto di bilanciamento, del quale la Cassazione[47] ha escluso profili di irragionevolezza considerandolo un limite all’apprezzamento discrezionale del Giudice per garantire che non vengano attratte nell’ambito della particolare tenuità del fatto e, dunque, della non punibilità dell’autore, ipotesi delittuose per le quali la previsione dell’aggravante ad effetto speciale ed il conseguente incremento di pena che ne deriva, eccedente in misura significativa il limite soglia, esprime il notevole disvalore sociale che la legge vi attribuisce, sanzionando la forma aggravata in misura indipendente rispetto al reato semplice. La prassi giurisprudenziale concorrerà a schiarire il dubbio.

In dottrina si afferma che, analogamente alla scelta interpretativa adottata dalla giurisprudenza di legittimità in relazione all’art. 278 c.p.p.[48], rientrano in tale previsione anche le circostanze c.d. indipendenti, per le quali la pena è autonomamente individuata dalla legge[49].

L’esclusione della particolare tenuità del fatto è compatibile con l’irrogazione del minimo della pena, atteso che l’art.131-bis c.p.  può trovare applicazione solo qualora, in virtù del principio di proporzionalità, la pena in concreto applicabile risulterebbe inferiore al minimo edittale, determinato tenendo conto delle eventuali circostanze attenuanti[50].

Ai sensi dell’art. 131-bis, c.6, c.p. la disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante. La previsione mira a evitare ogni incertezza in merito all’applicabilità dell’istituto[51].

2.3. Particolare tenuità dell’offesa e rilievo della condotta susseguente (art. 131-bis, c.1, 2 e 3 c.p.).

 La particolare tenuità dell’offesa richiede una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta che consideri, ai sensi dell’art. 133 c. 1, c.p. non solo le modalità della condotta e l’entità del danno o del pericolo ma anche il grado di colpevolezza da essa desumibile[52]. La Relazione ministeriale al d.leg. 28/2015 (§3) precisa che la formula adottata non esclude  qualunque rilevanza dell’elemento soggettivo del reato in quanto «l’indice-criterio delle “modalità della condotta” si presta benissimo e del tutto naturalmente a permettere una valutazione sia del grado della colpa, sul presupposto che la violazione delle regole cautelari concorre ad integrare il modo di manifestarsi della (tipicità della) condotta; sia dell’intensità  del dolo, sul presupposto che assai spesso quest’ultima si riverbera e si traduce nell’adozione da parte dell’autore di determinate modalità esecutive della condotta». Nello stesso senso l’orientamento giurisprudenziale maggioritario[53].

Oltre alla soglia edittale di accesso all’istituto, è necessaria la compresenza delle seguenti condizioni, la prima di natura oggettiva, la seconda a vocazione soggettiva: (i) “anche in considerazione della condotta susseguente al reato”, un’offesa di particolare tenuità: (ii) la non abitualità del comportamento.

Dell’innovativa possibilità di considerare la “condotta susseguente al reato” tra i criteri di valutazione della particolare tenuità dell’offesa si anticipava in apertura. Viene a superarsi per via normativa il contrario orientamento giurisprudenziale che assumeva irrilevante per la tenuità del fatto il comportamento tenuto dall’agente “post delictum”. Ciò sul presupposto che l’art. 131-bis c.p. correlava l’esiguità del disvalore ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile, dell’entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai soli profili di cui all’art. 133, 1° comma, c.p. e non a quelli, indicativi di capacità a delinquere, di cui al 2° comma, includenti la condotta susseguente al reato[54].

 La relazione governativa rimarca anche come si sia dato rilievo, con formula generale, alla “condotta susseguente al reato”, senza specificare tipologie di condotte riconducibili a quella espressione (es., restituzioni, risarcimento del danno, condotte riparatorie, accesso a programmi di giustizia riparativa, ecc.), per non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potrà far affidamento su una locuzione elastica già nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133, c. 2, n. 3 c.p.[55].   Sempre secondo la relazione illustrativa si è intenzionalmente omesso di operare un rinvio a quest’ultima disposizione perché nel contesto della disciplina sulla commisurazione della pena la condotta susseguente al reato è uno degli indici da cui desumere la capacità a delinquere del colpevole; mentre nel diverso contesto della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. rileva quale criterio che, nell’ambito di una valutazione complessiva, può incidere sulla valutazione del grado dell’offesa al bene giuridico tutelato, concorrendo a delinearne la particolare tenuità; onde, in quest’ultimo contesto  sarebbe apprezzabile solo quando concorre alla tenuità dell’offesa e non anche quando, al contrario, aggrava l’offesa stessa.

Se l’intenzione del legislatore storico orienta a ritenere che la modifica apportata dal d.leg. n. 150/2022 è diretta ad ampliare l’ambito di applicazione della causa di non punibilità, la lettera della novella non impedisce di considerare la condotta tenuta dopo l’illecito anche quale indice negativo di tale valutazione, portando ad escludere l’applicazione dell’istituto in presenza di un comportamento illecito che, isolatamente, senza cioè prendere in esame quanto verificatosi dopo l’illecito, meriterebbe la qualifica di fatto tenue.  Nei primi commenti è stata dubitata, infatti, l’univocità di indicazioni a sostegno della attitudine espansiva della novità rispetto alle condizioni di applicabilità della causa di non punibilità, notando che  «[..]la norma non chiarisce se la condotta susseguente al reato possa operare solo quale criterio che, nell’ambito di una valutazione complessiva, può incidere sulla valutazione del grado dell’offesa al bene giuridico tutelato, concorrendo a delineare un’offesa di particolare tenuità o se la stessa sia apprezzabile anche quando, al contrario, aggrava l’offesa stessa»[56]. Inoltre, volendo prendere a riferimento il patrimonio interpretativo delle condotte post delictum contenuto nell’art. 133, c. 2, n. 3, c.p., che le annovera tra le componenti che dovrebbero dare corpo, in fase commisurativa della pena, alla «capacità a delinquere» del colpevole, il parametro in esame risulta distonico rispetto alla ratio essendi dell’art. 131-bis c.p., che collega la valutazione della «particolare tenuità del fatto» al momento della sua commissione. Sotto tale aspetto, infatti, il comportamento processuale del reo non è omogeneo con il tipo di “fatto bagatellare” delineato dall’art. 131-bis c.p. mentre volendo identificare il parametro in comportamenti lato sensu riparatori, da contestualizzare entro le singole figure di reato oggi attratte nell’orbita dell’art. 131-bis c.p., aumentano le sovrapposizioni con la clausola estintiva dell’art. 162-ter c.p.[57].

Sul punto occorre censire che la relazione illustrativa è assai assertiva allorché spiega come la condotta susseguente al reato acquista rilievo, nella disciplina dell’art. 131-bis c.p., non come autonomo (autosufficiente) indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a quelli di cui all’art. 133, c. 1 c.p. (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione; gravità del danno o del pericolo; intensità del dolo o della colpa), da impiegare, nell’ambito di un complessivo giudizio, per valutare le modalità della condotta (contemporanea al reato) e l’esiguità del danno o del pericolo. In altri termini, la congiunzione “anche”, che apre l’inciso immediatamente successivo al rinvio all’art. 133, c. 1 c.p., sottolinea come la condotta susseguente al reato rilevi, al pari e in aggiunta ai criteri di cui alla citata disposizione codicistica, come criterio di valutazione dell’esiguità del danno o del pericolo e delle modalità della condotta, cioè degli indici o requisiti dai quali, congiuntamente, continua a dipendere la tenuità dell’offesa. Perciò, condotte post delictum, come quelle riparatorie o ripristinatorie, non potranno di per sé sole rendere l’offesa di particolare tenuità – dando luogo a una esiguità sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue – ma potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio di tenuità dell’offesa, che, dovendo tener conto delle modalità della condotta (contemporanea al reato) e del danno o del pericolo con essa posto in essere, ha come necessario e fondamentale termine di relazione il momento della commissione del fatto. Sotto questo profilo, ad esempio, potrà essere senz’altro valorizzata una condotta riparatoria realizzata nell’immediatezza o comunque in prossimità del fatto, come nel caso di chi, dopo aver cagionato delle lesioni personali dolose, si preoccupi di accompagnare la persona offesa al pronto soccorso; tale condotta post-delittuosa non potrà di per sé rendere tenue un’offesa che tale non è (in ragione della gravità delle lesioni, si pensi alla frattura dello zigomo e della mascella) ma potrà essere utile per valutare/confermare la tenuità di un’offesa che già appare tale (ad es., in ragione del carattere lieve o lievissimo delle lesioni).

I significati dell’espressione in esame, invero, restano esposti a letture divergenti. E’ stato affermato, in termini che si condividono, che, in molti casi, l’inedito riferimento alla condotta post crimen potrà svolgere un ruolo poco più che “confermativo” dell’esito a cui il magistrato già è pervenuto in base agli altri indici; mentre, volendo attribuirgli altri e più estesi significati,  vi è il rischio,  opposto, che  possa fagocitare gli altri “indici di tenuità” previsti dall’art. 131-bis c.p., andando a sovrapporsi funzionalmente alle clausole estintive di natura riparatoria già disseminate nel sistema[58]. È questa la ragione che, plausibilmente, in ottica di salvaguardia della coerenza sistematica delle componenti oggettive dell’istituto, condurrà a privilegiare la prima prospettiva esegetica.

            2.3.1.  Esclusioni normative della particolare tenuità dell’offesa per motivi, modalità e conseguenze della condotta (art. 131-bis, comma 2, c.p.p.).

Secondo l’art. 131-bis, c.2, c.p. «l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona». 

Emerge la sostanziale corrispondenza della disciplina del 2° comma  con alcune delle circostanze aggravanti comuni, previste dall’art. 61 c.p. E’ il caso dei motivi abietti o futili all’origine dell’azione, rilevanti ai sensi del n. 1 dell’art. 61, 1° comma, c.p.. Il riferimento a tale circostanza soggettiva, invero, appare distonico con l’impianto oggettivo dato all’istituto dal legislatore[59].  Inoltre, preclude la particolare tenuità del fatto l’aver adoperato sevizie o agito con crudeltà, circostanza aggravante di cui al n. 4 del citato art. 61, con la precisazione che l’art. 131-bis, 2° comma, c.p. assegna rilevanza anche alla crudeltà nei confronti di animali. Infine, l’aver profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età, evoca il disposto del n. 5 dell’art. 61 c.p., che prevede un aumento della pena quando il reo abbia «profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa»[60]. In presenza delle summenzionate circostanze aggravanti non potrà trovare applicazione il disposto dell’art. 131-bis c.p.

Si discute se sia possibile prescindere dalla relativa contestazione formale. Secondo una prima opinione, l’aver infatti riprodotto nella sostanza il contenuto delle circostanze aggravanti, senza richiamare le corrispondenti disposizioni di legge, consente di ritenere non necessaria la formale contestazione della singola circostanza, rimettendo all’accertamento in concreto, operato dal giudice, la verifica della sussistenza di situazioni ostative[61]. In un primo arresto la Cassazione ha ritenuto, invece, che la configurabilità della presunzione di non particolare tenuità del fatto per avere l’autore agito per motivi abietti o futili, di cui all’art. 131-bis, 2° comma, c.p., postula la contestazione, quantomeno in fatto, della corrispondente circostanza aggravante prevista dall’art. 61, c.1, n. 1 c.p.[62].

La norma esclude, inoltre, dall’ambito operativo dell’istituto le fattispecie in cui la condotta ha cagionato, o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Secondo quanto si legge nella Relazione ministeriale (§ 3), l’espressione si riferisce alle ipotesi di omicidio colposo, lesioni colpose gravissime e ogni altra ipotesi di evento di tal tipo che derivi, quale conseguenza non voluta, dalla commissione di un delitto doloso, secondo quanto previsto dall’art. 586 c.p.. All’origine della previsione, le sollecitazioni della Corte EDU, la quale ha ritenuto che un valore primario del bene vita debba essere adeguatamente considerato dal legislatore interno, anche nei casi in cui la lesione sia dovuta a condotte colpose[63].

            2.3.2Esclusioni normative della particolare tenuità dell’offesa per tipologie di reati (art. 131-bis, comma 3, c.p.).

A sensi dell’art 131-bis, c.3, c.p. «l’offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede:1) per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive; 2) per i delitti previsti dagli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, nonché per il delitto previsto dall’articolo 343; 3) per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 391-bis, 423, 423-bis, 558-bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583, secondo comma, 583-bis, 593-ter, 600-bis, 600-ter, primo comma, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-undecies, 612- bis, 612-ter, 613-bis, 628, terzo comma, 629, 644, 648-bis, 648-ter; 4) per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 19, quinto comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194, dall’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo, e dagli articoli 184 e 185 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58».

Si richiama quanto esposto in precedenza circa le ragioni della tipizzazione di ulteriori cause di esclusione ope legis della particolare tenuità del fatto ad opera del d.leg. n. 150/2022 a bilanciamento dall’implementazione generale dell’istituto attraverso l’abbassamento della soglia edittale di accesso. 

2.4. La non abitualità del comportamento (art. 131-bis, commi 1 e 4  c.p.) .

L’altro indice-requisito della tenuità del fatto previsto dall’art. 131-bis c.p. riguarda il profilo soggettivo della non abitualità del comportamento.  Si tratta di elemento che deve sussistere congiuntamente e non alternativamente alla tenuità dell’offesa, così come inequivocabilmente prescritto dall’art. 131-bis, 1° comma c.p.[64] Ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per apprezzare la condizione della non abitualità della condotta non è incontroverso che assumano rilievo anche i comportamenti successivi alla commissione del reato; a fronte di una prima opinione che l’ammette[65], altra ricostruzione lo nega[66].

Continua a difettare una definizione normativa in positivo del contenuto di tale requisito, la cui valutazione è rimessa alla discrezionalità del giudice in relazione alle peculiarità del caso concreto. La non abitualità non equivale all’”occasionalità”  (del comportamento o del fatto) prevista dai similari istituti applicabili nel processo davanti al Giudice di pace e nel processo minorile, per i quali senza evocare l’unicità del reato[67] identifica la «mancanza di reiterazione di condotte penalmente rilevanti»;  l’art. 131-bis cit.  pretende la veste formale di delinquente abituale, professionale o per tendenza, ossia una recidivanza specifica e una struttura del reato intrinsecamente conformata dalla pluralità, dall’abitualità e dalla reiterazione delle condotte[68].

La non abitualità costituisce requisito definibile in negativo, attraverso la considerazione di ipotesi nelle quali difetta e il comportamento deve considerarsi abituale. Ai sensi del comma 4 dell’art 131-bis cit. «Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate»[69].

2.4.1. Le ipotesi ostative della non abitualità: dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza a delinquere.

Anzitutto, il riferimento agli istituti codicistici relativi alla dichiarazione di abitualità, professionalità, o tendenza a delinquere non pone particolari problemi esegetici dovendo ritenersi operante il rinvio agli artt. 102-109 c.p.

2.4.2. Segue: commissione di più reati della stessa indole.

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere applicata qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima “ratio punendi[70]), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il “fatto” nella sua dimensione “plurima“, secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola[71].

Ai sensi dell’art. 101 c.p., «agli effetti della legge penale, sono considerati reati della stessa indole non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti caratteri fondamentali comuni»; anche in questo caso, nonostante l’assenza di un espresso richiamo, occorre coordinare la nuova disposizione con la pregressa disciplina codicistica.

Con il riferimento alla commissione di «più reati della stessa indole» […] il tenore letterale lascia intendere che l’abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque almeno due)[72]. Il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole – che presentino caratteri comuni desumibili dalla natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinano (ex art.101 c.p.) [73] – incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente[74].    Con la precisazione che ai fini della abitualità del comportamento, l’identità dell’indole dei reati eventualmente commessi deve essere valutata dal giudice in relazione al caso esaminato, verificando se in concreto i reati presentino caratteri fondamentali comuni[75].

Ai fini della valutazione della condizione ostativa in esame, assume rilievo l’esistenza, nei confronti dell’imputato, di precedente sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., in quanto essa contiene un implicito accertamento sulla commissione del fatto[76]; rilevano altresì i reati della stessa indole dichiarati prescritti nell’ambito dello stesso procedimento, posto che l’estinzione del reato per prescrizione non elide ogni effetto penale della sentenza[77].

La nozione di comportamento abituale non può essere assimilata a quella della recidiva, che opera in un ambito diverso ed è fondata su un distinto apprezzamento, con la conseguenza che assumono rilievo anche reati commessi successivamente a quello per cui si procede[78].  Nondimeno, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere applicata in caso di riconoscimento della recidiva reiterata specifica, elemento sintomatico della accentuata pericolosità sociale dell’imputato per l’elevato grado di colpevolezza che essa implica[79].

Il diniego delle circostanze attenuanti generiche fondato sulla sola presenza di precedenti penali non giustifica ex se la mancata applicazione della causa di esclusione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, dovendo la relativa motivazione tener conto dei parametri normativi di cui all’art. 131-bis c.p., inerenti alla gravità del fatto ed al grado di colpevolezza ed assumendo i precedenti valenza ostativa solo ove l’imputato risulti essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, oppure abbia commesso più reati della stessa indole[80]. Nel caso di precedenti penali gravanti sull’imputato, pur quando, per essi, si sia applicata una pena superiore al minimo edittale, la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto è possibile atteso che i parametri di valutazione di cui all’art. 131-bis c.p. hanno natura e struttura oggettiva ed operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo[81]; parimenti a dirsi quando per il precedente penale gravante sull’imputato si sia negata la sospensione condizionale della pena,  essendo distinti, anche sul piano motivazionale, i rispettivi giudizi[82]; nondimeno, si ritine che la causa di non  punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere dichiarata in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche[83].

2.4.3. Segue:  i reati che hanno ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Allorché si indica quale causa ostativa la commissione di condotte abituali e reiterate, il riferimento è alle ipotesi di reati abituali ( quale i maltrattamenti in famiglia) ed a quelli che prevedono la serialità quale elemento della fattispecie (ad es. il reato di atti persecutori[84]), rispetto ai quali la ripetitività delle condotte, proprio perché elemento costitutivo del reato, consente di per sé di «configurare l’abitualità che esclude l’applicazione della disciplina; senza che occorra verificare la presenza di distinti reati». In particolare, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere applicata ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica[85].  Non manca l’opinione contraria, a condizione che ciascuna singola condotta, isolatamente considerata, sia di lieve entità. In particolare, è stato rimarcato che l’irrilevanza del carattere di lieve entità di ciascun fatto, isolatamente considerato, si riferisce esclusivamente all’ipotesi di commissione di più reati autonomi e della stessa indole e non a quella di commissione di singoli reati avente ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate[86].

Infine, con riferimento alla previsione delle “condotte plurime”, la Corte ha negato che la locuzione sia mera ripetizione delle condotte già indicate come abituali o reiterate, ritenendo che la previsione normativa possa avere un’autonoma portata precettiva. Nel novero delle “condotte plurime”, infatti, potranno essere ricondotte quelle ipotesi in cui il reato sia conseguito al compimento di «ripetute e distinte condotte implicate nello sviluppo degli accadimenti» – come avviene nel caso di reati colposi conseguenti ad una pluralità di violazioni della normativa cautelare – nel qual caso la «pluralità e magari la protrazione dei comportamenti colposi imprime al reato un carattere seriale, id est abituale».

Per i reati a consumazione prolungata la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non è applicabile al reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori previsto dall’art. 570 c.p., essendo l’abitualità del comportamento ostativa al riconoscimento del beneficio e non rilevando la particolare tenuità di ogni singolo inadempimento[87].  Il reato permanente, in quanto caratterizzato dalla persistenza, ma non dalla reiterazione, della condotta, non è riconducibile nell’alveo del comportamento abituale che preclude l’applicazione di cui all’art. 131-bis c.p., anche se importa un’attenta valutazione per la configurabilità della particolare tenuità dell’offesa, la cui sussistenza è tanto più difficilmente rilevabile quanto più a lungo si sia protratta la permanenza[88].  E’ preclusa l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto finché la permanenza non sia cessata, in ragione della perdurante compressione del bene giuridico per effetto della condotta delittuosa[89].

Ai fini della valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale ex art. 131-bis, 3° comma, c.p., non rilevano i reati estinti ai sensi dell’art. 445, c.2, c.p.p.., in quanto l’estinzione del reato elide ogni effetto penale della sentenza[90], né una precedente sentenza di applicazione della pena, in relazione alla quale sia poi intervenuta la riabilitazione, che estingue ogni conseguenza penale della prima[91];  non rilevano neppure i reati estinti per esito positivo della messa alla prova, conseguendo all’estinzione del reato l’elisione di ogni effetto penale della condanna[92].

Nondimeno, nel giudizio conseguente all’annullamento con rinvio limitatamente alla configurabilità della particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p.  la valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale deve tener conto di tutti i fatti intervenuti sino alla conclusione del giudizio di rinvio e del certificato del casellario giudiziale aggiornato, non essendosi formato alcun giudicato sul punto della particolare tenuità e altrimenti non giustificandosi l’annullamento con rinvio in luogo di quello senza rinvio[93]; sono ostativi alla esclusione della punibilità i precedenti di polizia esistenti a carico dell’imputato in quanto ritenuti sintomatici dell’abitualità del reato, a condizione che siano verificati gli elementi fattuali da essi emergenti, le eventuali allegazioni difensive relative alla sussistenza di cause di giustificazione o di non punibilità della condotta e gli esiti delle segnalazioni, ossia la loro eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato e l’avvio di un procedimento penale[94].  Di certo non rileva, ai fini del presupposto ostativo della abitualità del reato,  la mera presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di polizia“, di cui si ignora la sorte, dovendo il giudice, sollecitato dalla difesa o anche di ufficio, verificare l’esito di tali segnalazioni, per trarne l’esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino la abitualità del comportamento dell’imputato[95].  

Ai fini della applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., il decorso di un lasso temporale rispetto ai precedenti reati commessi, cd. “tempo silente“, può assumere rilevanza, sotto il profilo della occasionalità della condotta, nella complessiva ed unitaria valutazione di tenuità del fatto svolta alla stregua delle circostanze della fattispecie concreta[96].

2.4.4. Segue:  concorso formale e continuazione.

La dichiarazione di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è preclusa dalla presenza di più reati legati dal vincolo del concorso formale, che non implica l’abitualità del comportamento[97].

Più travagliata la valutazione della compatibilità tra l’istituto ex art. 131 bis c.p. e la continuazione. Un primo orientamento giurisprudenziale la nega con diverse le motivazioni. Secondo una prospettiva più radicale, infatti, il reato continuato costituisce un “comportamento abituale“, sotto il profilo della reiterazione di condotte penalmente rilevanti, situazione ostativa al riconoscimento del beneficio in quanto segno di una devianza “non occasionale[98]. In altre occasioni la S.C. ha preferito la soluzione negativa ma con valutazioni calibrate sul caso concreto, rimarcando che i reati in continuazione erano stati consumati in un significativo arco temporale o in diversi contesti spazio-temporali[99]; questo profilo cronologico, nei casi specifici, ha persuaso a considerare i reati in continuazioni un “comportamento abituale[100] ostativo al riconoscimento del beneficio[101]. Può dirsi ormai prevalente, invero, l’orientamento che ammette la compatibilità, escludendo identificazioni automatiche della causa di esclusione della punibilità con l’abitualità nel reato, la prima non implicando comportamenti di per sé stessi espressivi del carattere seriale dell’attività criminosa e dell’abitudine del soggetto a violare la legge[102].  L’opzione favorevole è unanime per reati in continuazione consumati con azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo e di luogo[103], purché non espressivi di una tendenza o inclinazione al crimine[104], non essendo implicita la commissione di reati della stessa indole[105], almeno laddove non siano in numero tale da costituire ex se dimostrazione di serialità, ovvero di progressione criminosa indicativa di particolare intensità del dolo o di versatilità offensiva[106]

Occorre, per contro, valutare, anche in ragione del suo inserimento in un contesto più articolato, se la condotta sia espressione di una situazione episodica, se la lesione all’interesse tutelato dalla norma sia comunque minimale e, in definitiva, se il fatto nella sua complessità sia meritevole di un apprezzamento in termini di speciale tenuità[107].  L’opzione ha ricevuto il recente avallo delle Sezioni Unite che richiedono all’interprete una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che – salve le condizioni ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis c.p. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale – tenga conto di una serie di indicatori, rappresentati: (i)  dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, (ii)  dalla tipologia dei beni giuridici protetti, (iii)  dall’entità delle disposizioni di legge violate, (iv) dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, (v) dalle loro motivazioni e (vi)  dalle conseguenze che ne sono derivate, (vii) dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, (viii) dall’intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti[108].

2.5. Gli effetti della pronuncia di proscioglimento ex art. 131-bis c.p.

Sotto il profilo sanzionatorio, la misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per tutti i reati concernenti le armi ed è obbligatoria anche in caso di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p., restando esclusa soltanto in caso di assoluzione nel merito per insussistenza del fatto[109]. Inoltre, in tema di gestione non autorizzata di rifiuti, l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna nell’ipotesi di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non comporta la revoca della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, prevista come obbligatoria dall’art. 260-ter, c. 5, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in caso di accertamento delle violazioni di cui al c.  1 dell’art. 256 dello stesso decreto legislativo, atteso che per l’adozione della misura ablatoria non è richiesta necessariamente la pronuncia di una sentenza di condanna e che l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. non esclude la rilevanza penale del fatto, ma ne attesta solo il profilo di particolare tenuità[110].

In tema di guida in stato di ebbrezza, in caso di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, secondo in primo orientamento sussiste il dovere per il giudice di disporre la sospensione della patente di guida atteso che l’applicazione della causa di non punibilità presuppone l’accertamento del fatto cui consegue, ai sensi dell’art. 186 cod. strada, l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria[111]. In base al dictum delle Sezioni Unite[112], in tema di guida in stato di ebbrezza, all’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, consegue l’applicazione, demandata al Prefetto, delle sanzioni amministrative accessorie stabilite dalla legge.  Il principio richiamato è stato affermato avendo presente l’ipotesi della particolare tenuità del fatto riconosciuta all’esito del giudizio di merito, escludendo che sia il giudice penale a dover irrogare la sanzione; in tal caso, posto l’ art. 651 bis c.p.p. (per cui la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento, pronunciata per particolare tenuità del fatto, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo) quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, l’autorità amministrativa dovrebbe limitarsi alla determinazione ed irrogazione della sanzione accessoria. Diversamente nel caso di tenuità del fatto riconosciuta in sede di archiviazione o di sentenza predibattimentale ex art.469 c.p.p. , ove si riespanderà  il potere di accertamento spettante all’autorità amministrativa.

Di recente, in tema di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici, è stato affermato che all’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non consegue l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, prevista solo in caso di condanna per il reato di cui all’art. 186, c.7, cod. strada[113].  Ancora, la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 131-bis c.p., ancorché contenga un accertamento di responsabilità, non costituisce una condanna, e, pertanto, non consente l’emissione dell’ordine di demolizione delle opere abusive o di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, fermo restando il potere dell’autorità amministrativa di adottare autonomamente tali provvedimenti[114].

Quanto all’iscrizioni nel casellario giudiziario del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c,.p.  vi è contrasto di opinioni. Una prima tesi, escludendo che lo stesso rientri tra i provvedimenti giudiziari definitivi di cui all’art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 nega che sia soggetto ad iscrizione nel casellario giudiziale[115]. Le Sezioni Unite hanno preferito l’opzione favorevole all’iscrizione nel casellario giudiziale, ferma restando la non menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione[116].

2.6. Casistica.

La giurisprudenza di legittimità ha statuito che la causa di non punibilità è configurabile – in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma – per ogni fattispecie criminosa, anche di pericolo o con soglia di punibilità predeterminata[117]. Volendo seguire una logica più esemplificativa, quali casi di minima offensività per i quali  è stata affermata la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis c..p. possono elencarsi, anzitutto, i  reati militari[118]  e alcuni reati in cui il legislatore prevede espressamente soglie di punibilità. E’ il caso del reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo[119]. L’applicabilità è stata affermata anche in relazione al reato di omesso versamento dell’Iva, laddove l’ammontare dell’imposta non corrisposta sia di pochissimo superiore a quello fissato dalla soglia di punibilità, poiché la previsione di quest’ultima evidenzia che il grado di offensività della condotta ai fini della configurabilità dell’illecito penale è stato già valutato dal legislatore[120]. L’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. è stata riconosciuta in relazione ai seguenti reati: evasione, se la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un’offensività minima[121]; coltivazione di piante idonee a produrre sostanze stupefacenti o psicotrope,  quando, sulla base di una valutazione in concreto dei quantitativi da esse ricavabili, delle caratteristiche della coltivazione, della destinazione del prodotto e, più in generale, dei parametri soggettivi ed oggettivi previsti dall’art. 133 c.p., la condotta illecita sia sussumibile nel paradigma della particolare tenuità dell’offesa[122], in quanto provvista di caratteristiche specifiche dimostrative della assenza di ripetuti comportamenti protratti nel tempo[123]; corruzione per l’esercizio della funzione, nei confronti dei privati corruttori (non anche dei corrotti) in assenza di abitualità della condotta[124]; violazione degli obblighi di assistenza familiare, a condizione che l’omessa corresponsione del contributo al mantenimento abbia avuto carattere di mera occasionalità[125];  rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcoolimetrico, previsto dall’art. 186, c. 7, cod. strada, verificato in concreto, alla stregua della manifestazione del reato, ed al solo fine della valutazione della gravità dell’illecito, quale sia lo sfondo fattuale in cui la condotta si iscrive e quale sia, in conseguenza, il possibile impatto pregiudizievole per il bene tutelato[126]; contravvenzioni di cui all’art. 186 c. 2 e 7 cod. strada, ove il fatto illecito non abbia generato un contesto concretamente e significativamente pericoloso con riguardo ai beni tutelati dalla norma[127]; occupazione abusiva del demanio marittimo di cui all’art. 1161 cod. nav., anche in assenza di eliminazione delle conseguenze dannose del reato, esulando tale elemento dai criteri indicati dall’art. 131-bis c.p.[128].

Tra i casi nei quali non è stata riconosciuta l’applicabilità della causa di non punibilità in esame si annoverano: tra i reati alimentari, la condotta di detenzione per il commercio di 90 chili di prodotti ittici in cattivo stato di conservazione, non ritenuta di gravità tale da giustificare la chiusura dello stabilimento[129];  la condotta di intermediazione nel settore dei giochi e delle scommesse, regolarizzata ma protrattasi per lungo tempo, difettando indici di una particolare tenuità del fatto[130]; la fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, c.5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, connessa al rinvenimento nella disponibilità dell’imputato di gr. 23,00 di marijuana, pari a 47 dosi complessive[131]; l’omesso versamento dei contributi previdenziali, in caso di plurime omissioni nel corso dell’anno in contestazione ed in quelli antecedenti o successivi, ove pure queste ultime risultassero sprovviste di rilevanza penale[132]; il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 c.p.pen.) in caso di reiterazione della condotta, in quanto “comportamento abituale“, ostativo al riconoscimento del beneficio[133]; il reato di abusivo esercizio di una professione, in quanto  presuppone una condotta che, in quanto connotata da ripetitività, continuità o, comunque, dalla pluralità degli atti tipici, è di per sé ostativa al riconoscimento della causa di non punibilità[134]; il reato di molestia ex art. 660 c.p. nel caso di reiterazione della condotta tipica (nella specie, pedinamento della persona offesa)[135]; il reato di cui all’art. 22, c.12, del d.leg. 25 luglio 1998, n. 286, qualora i lavoratori illegalmente assunti siano più d’uno, configurandosi, in tal caso, una particolare forma di continuazione, ostativa al riconoscimento del beneficio in quanto manifestazione di un “comportamento abituale” deviante[136]; il delitto di frode in pubbliche forniture, che quando riguarda contratti di somministrazione di beni o servizi, assume la struttura di un reato a consumazione prolungata, connotato da pluralità delle condotte, come tale ostativo all’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., anche in caso di particolare tenuità di ogni singola azione od omissione[137]; il porto abusivo di un’arma impropria (nella specie, una mazza da “baseball” in metallo con impugnatura in gomma della lunghezza di circa 75 cm.) in caso di mancato riconoscimento della attenuante della lieve entità, impedisce la declaratoria di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p.[138]; il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, anche ove modesta sia l’entità del contenuto dell’obbligo contributivo imposto e non adempiuto, senza considerare la modalità e la durata della violazione[139]; il reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori posto in essere con reiterati inadempimenti, in quanto l’abitualità del comportamento è ostativa al riconoscimento del beneficio ed essendo irrilevante la particolare tenuità di ogni singola azione od omissione[140]; l’omessa corresponsione dell’assegno divorzile con condotte reiterate, configurandosi un’ipotesi di “comportamento abituale” ostativa al riconoscimento del beneficio[141]; il reato di inottemperanza all’ordine di deposito della cauzione da parte di soggetto sottoposto a misura di prevenzione (nella specie, della sorveglianza speciale), di cui all’art. 76, c. 4, d.leg. n. 159 del 2011, anche a fronte dell’entità non elevata della relativa somma,  in presenza dei presupposti del giudizio di pericolosità sociale all’origine ella misura di prevenzione, tenendo conto dell’allarme sociale derivante dalla violazione delle prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria, in considerazione dell’interesse pubblico costituente la “ratio” della normativa e della portata precettiva della relativa disposizione[142]; le violazioni urbanistiche e paesaggistiche, quando la consistenza dell’opera è tale da escludere in radice l’esiguità del danno o del pericolo[143] tenuto conto che la consistenza medesima dell’intervento abusivo – data da tipologia, dimensioni e caratteristiche costruttive – costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo anche altri elementi quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di più disposizioni, l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell’intervento[144]; la lottizzazione abusiva, tento conto della intrinseca gravità dell’attività lottizzatoria per le conseguenze che essa determina sull’assetto del territorio[145]; il delitto di invasione di terreni demaniali di cui agli artt. 633 e 639-bis c.p. che ha natura permanente, atteso che l’offesa al patrimonio demaniale perdura sino a che continua l’invasione arbitraria del terreno al fine di occuparlo o di trarne profitto, sicché è preclusa, sino a quando la permanenza non sia cessata, l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., in ragione della perdurante compressione del bene giuridico per effetto della condotta delittuosa[146]; la condotta di omesso versamento di IVA per un importo di poco superiore alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro dall’art. 8 del D.Lgs. n. 158 del 2015, atteso che l’eventuale particolare tenuità dell’offesa non deve essere valutata con riferimento alla sola eccedenza rispetto alla soglia di punibilità prevista dal legislatore, bensì in rapporto alla condotta nella sua interezza, avendo, dunque, riguardo all’ammontare complessivo dell’imposta non versata[147]; la dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, per cui occorre valutare la condotta in base ai criteri generali dettati dall’art. 131-bis c.p., con particolare riferimento alla sua reiterazione negli anni di imposta e alla messa in pericolo del bene protetto[148]; il deposito incontrollato di rifiuti, non essendo sufficiente il riferimento al solo quantitativo di rifiuti depositato, ma deve valutarsi l’effettivo pericolo di danno all’ambiente o la sua compromissione in concreto conseguente alla specifica condotta[149].

  • La sistematica processuale dell’istituto.

3.1. Ambito di applicazione: peculiari contesti processuali.

La causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., non è applicabile nel processo minorile, posto che la normativa in materia (d.P.R. n. 448 del 1988) ha carattere di “legge penale speciale”, e, regolando in modo autonomo la stessa materia con l’istituto dell’irrilevanza del fatto, preclude a priori qualunque possibile confronto fra singole disposizioni, ai sensi dell’art. 15 c.p.[150]

Dibattuta è la sua applicabilità ai procedimenti per i reati di competenza del giudice di pace. Minoritaria la tesi per cui sarebbe applicabile anche in essi trattandosi di disciplina diversa e più favorevole di quella prevista dall’art. 34 d. leg.  28 agosto 2000, n. 274[151].  Secondo il prevalente orientamento, affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, non è applicabile, in quanto il rapporto tra l’art.131-bis cit. e l’art.34 d.leg. 28 agosto 2000, n. 274 non va risolto sulla base del principio di specialità tra le singole norme, ma della peculiarità del complessivo sistema sostanziale e processuale introdotto in relazione ai reati di competenza del giudice di pace, nel cui ambito la tenuità del fatto svolge un ruolo anche in funzione conciliativa[152].  Qualora un reato di competenza del giudice di pace sia attratto per connessione dinanzi ad un giudice diverso, quest’ultimo potrà dichiarare la causa di improcedibilità ex art. 34 cit., a meno che per il reato attraente non risulti applicabile l’art. 131-bis c.p., nel qual caso la causa di non punibilità opererà per tutti i reati giudicati[153].

3.2. L’oggetto dell’accertamento in fase processuale.      

La sentenza dichiarativa della causa di non punibilità presuppone l’accertamento della commissione di un fatto costituente reato, cui consegue l’annotazione della decisione nel casellario giudiziario e, in caso di reiterazione reati della stessa indole, è ostativa al riconoscimento del beneficio.

Per tale ragione sussiste l’interesse dell’imputato ad ottenere pronunce più favorevoli di quella ex art. 131-bis c.p..  Si pensi all’applicazione della causa di estinzione del reato di cui all’art. 341-bis, 3° comma c.p.[154]; anche l’assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato prevale sull’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto, conseguendo ad un'”abolitio criminis“, rappresenta un esito più favorevole per l’imputato, mentre la seconda lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica[155]. La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione è più favorevole in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito più favorevole per l’imputato, mentre l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica[156]; parimenti è a dirsi per la causa di estinzione del reato per intervenuto rilascio della sanatoria edilizia, esito più favorevole, atteso che a causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica[157].

 Posto l’oggetto dell’accertamento, sussiste l’interesse a ricorrere dell’imputato assolto dal giudice per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p., in quanto a tale pronuncia, una volta divenuta irrevocabile, l’art. 651-bis c.p.p. attribuisce efficacia di giudicato in ordine all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o per il risarcimento del danno[158].   Presupponendo il pieno accertamento della sussistenza del fatto e della sua illiceità la sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto può contenere, ai sensi dell’art. 537, c. 4°, c.p.p. la dichiarazione di falsità di un atto o di un documento[159].

La sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 131-bis c.p., ancorché contenga un accertamento di responsabilità, non costituisce però  una condanna; per tale ragione non consente l’emissione dell’ordine di demolizione delle opere abusive o di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, fermo restando il potere dell’autorità amministrativa di adottare autonomamente tali provvedimenti[160]; né consente di decidere sulla domanda di liquidazione delle spese proposta dalla parte civile, poiché si può far luogo alle statuizioni civili nel giudizio penale solo in presenza di una sentenza di condanna o nelle ipotesi previste dall’art. 578 c.p.p., tra le quali non rientra quella di cui all’art. 131-bis c.p.[161]

  • Valutazione e motivazione

Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., la giurisprudenza di legittimità aveva consolidato l’insegnamento per cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, 1° comma, c.p. delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo[162], senza necessaria disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti[163].  Possono essere prese in considerazione anche le precarie condizioni economiche dell’agente al momento della commissione del reato qualora incidano sull’intensità del dolo[164].

Con la riforma del d.leg. n. 150/2022 la condotta susseguente al reato acquista rilievo non come autonomo indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a quelli di cui all’art. 133, c. 1 c.p. (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione; gravità del danno o del pericolo; intensità del dolo o della colpa), da impiegare, nel complessivo giudizio, per valutare le modalità della condotta (contemporanea al reato) e l’esiguità del danno o del pericolo, cioè gli indici o requisiti dai quali, congiuntamente, continua a dipendere la tenuità dell’offesa. Perciò, condotte post delictum, come quelleriparatorie o ripristinatorie, potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio di tenuità dell’offesa, che, dovendo tener conto delle modalità della condotta (contemporanea al reato) e del danno o del pericolo con essa posto in essere, ha come necessario e fondamentale termine di relazione il momento della commissione del fatto. Potrà ad esempio essere senz’altro valorizzata una condotta riparatoria realizzata nell’immediatezza o comunque in prossimità del fatto; tale condotta post-delittuosa non potrà di per sé rendere tenue un’offesa che tale non è  ma potrà essere valorizzata per valutare/confermare la tenuità di un’offesa che già appare tale.

La causa di non punibilità in esame è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.leg. 16 marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la Suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609, 2° comma, c.p.p.,  la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata e, in caso di valutazione positiva, annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito[165]; attesa la natura del giudizio di legittimità,  la S.C. deve limitarsi ad un vaglio di astratta non incompatibilità della fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto art. 131-bis c.p.[166]. A fronte della rilevabilità d’ufficio della causa di non punibilità in qualsiasi fase e stato del giudizio, il giudicato, anche implicito, preclude la qualificazione del fatto in termini di particolare tenuità[167].

L’applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto concernente un istituto di natura sostanziale la cui sussistenza è rilevabile di ufficio, può essere sollecitata dalla difesa dell’imputato, in sede di merito o di legittimità, anche quando il difensore agisca sulla base di ordinario mandato “ad litem” e non in forza di procura speciale[168].

In via generale, la prova della casa di non punibilità è demandata all’imputato, tenuto ad allegare la sussistenza dei relativi presupposti mediante l’indicazione di elementi specifici[169]

Il giudizio sulla tenuità non può fondarsi su elementi che non oggetto di un accertamento giudiziale perché estranei alla fattispecie di reato oggetto del processo, e, quindi, non compresi nel perimetro della cognizione del giudice penale[170].  Ai fini della rilevabilità della causa di esclusione della punibilità per particolari tenuità del fatto nel giudizio di legittimità, costituiscono elementi significativi sia le specifiche valutazioni espresse in sentenza dal giudice di merito circa l’offensività della condotta, sia l’applicazione della pena in misura pari al minimo edittale[171].

Il giudice può escludere la causa di non punibilità in esame anche nel caso in cui, in relazione ad un reato punito con pene alternative, irroghi la pena pecuniaria: la valutazione richiesta ai fini dell’art. 131-bis c.p., infatti,  diverge da quella relativa al tipo di pena da infliggere, per i criteri applicabili, le finalità perseguite ed il momento in cui deve essere espressa[172]

Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto è compatibile con la concessione della sospensione condizionale della pena, atteso che il beneficio di cui all’art. 163 c.p. pone l’accento sulla pena in concreto irrogata e su una prognosi favorevole di non ricaduta nel delitto, ossia su requisiti che non richiedono che il fatto sia lieve[173].

Non vi è contraddizione tra il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il riconoscimento delle attenuanti generiche, atteso che i parametri di valutazione previsti dall’art. 131-bis, c..1°, c.p. hanno natura e struttura oggettive (pena edittale, modalità e particolare tenuità della condotta, esiguità del danno), mentre quelli da valutare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche sono prevalentemente collegati ai profili soggettivi del reo[174]. Parimenti, il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 323-bis c.p. non è incompatibile con l’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto la attenuante si fonda sulla modesta rilevanza del fatto, mentre la causa di non punibilità presuppone un complessivo giudizio di minima offensività, compiuto sulla base di una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo[175].

In tema di particolare tenuità del fatto, il giudice è tenuto a motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile[176]. L’assenza dei presupposti per riconoscere la particolare tenuità del fatto può essere rilevata anche con motivazione implicita[177]; peraltro, il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la rilevata presenza di numerosi precedenti penali non possono costituire “implicita” motivazione del mancato accoglimento della richiesta dell’imputato di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: i parametri di valutazione previsti dal comma primo dell’art. 131-bis c.p. hanno natura e struttura oggettiva (pena edittale, modalità e particolare tenuità della condotta, esiguità del danno), mentre quelli da valutare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche sono prevalentemente collegati ai profili soggettivi del reo[178]. Piuttosto, la motivazione può risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133c.p.[179]. Inoltre, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità[180].

  • Regole procedurali

3.4.1.  Archiviazione.

In base all’art. 411, c.1bis, c.p.p. «se l’archiviazione è richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, precisando che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice, se l’opposizione non è inammissibile, procede ai sensi dell’articolo 409, comma 2, e, dopo avere sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza. In mancanza di opposizione, o quando questa è inammissibile, il giudice procede senza formalità e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei casi in cui non accoglie la richiesta il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell’articolo 409, commi 4 e 5».

La causa di non punibilità per tenuità del fatto non richiede il consenso della persona offesa rispetto a tale forma di soluzione, diversamente dall’art.34 d.lgs. n.274 del 2000 nel procedimento dinanzi al Giudice di Pace. In tema di richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, l’opposizione dell’indagato, il cui interesse è quello di dimostrare l’insussistenza del reato, deve essere informata, a pena di inammissibilità, agli stessi requisiti di concretezza e pertinenza previsti, per l’opposizione della persona offesa, dall’art. 410 c.p.p.., sia pur con riferimento alle ragioni del dissenso contemplato dall’art. 411, c.1bis, c.p.p. rispetto alla fondatezza della notizia di reato[181].

La persona offesa ha l’onere di indicare, a pena di inammissibilità dell’opposizione, soltanto le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta del pubblico ministero ed il gip è tenuto a valutare tali ragioni che, se non inammissibili, impongono la fissazione dell’udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 409, c.2, c.p.p[182]. In particolare, la persona offesa è tenuta ad indicare, a pena di inammissibilità, le “ragioni del dissenso” rispetto alla sussumibilità della condotta nell’ipotesi di cui all’art. 131-bis c.p. e non necessariamente, come invece richiesto dall’art. 410, comma 1, c.p.p. per l’opposizione alla richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, le indagini suppletive e i relativi mezzi di prova, stante la diversità tra le due ipotesi di archiviazione e le ragioni poste a sostegno delle stesse[183].

In caso di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ove la persona offesa indichi le ragioni del dissenso, il giudice non può decidere “de plano” ma deve necessariamente fissare l’udienza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 409, 2° comma c.p.p., essendo ciò funzionale alla instaurazione del contraddittorio tra le parti e all’esercizio del diritto di difesa, riconosciuto alla persona offesa dal reato dall’art. 411, comma 1-bis c.p.p., la cui inosservanza, pertanto, determina la nullità dell’eventuale provvedimento adottato[184].  Per contro, il giudice può disporre l’archiviazione senza fissare l’udienza in camera di consiglio a condizione che argomenti in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’opposizione e, segnatamente, in merito all’omessa indicazione delle “ragioni del dissenso” della persona offesa rispetto alla sussumibilità del fatto nell’ipotesi di cui all’art. 131-bis c.p.[185].

Non è abnorme il provvedimento con cui il gip, investito della richiesta di archiviazione ex art. 131–bis c.p., disponga invece archiviazione per infondatezza della “notitia criminis” (nella specie perché il fatto non è previsto dalla legge come reato), atteso che la verifica della fondatezza della notizia di reato si inserisce nella progressione delle questioni che il giudice è tenuto a sciogliere prima di addivenire all’esame della particolare tenuità[186].

Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto è nullo se emesso senza l’osservanza della speciale procedura prevista al comma primo bis dell’art. 411 c.p.p., non essendo le disposizioni generali contenute negli artt. 408 e ss. c.p.p. idonee a garantire il necessario contraddittorio sulla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p.[187].

È opportuno evidenziare come l’avviso previsto dall’art.411 c.p.p. è diverso ed ulteriore rispetto a quello che va dato alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta ai sensi dell’art.408, c.2, c.p.p.. Quest’ultima norma, infatti, subordina la necessità dell’avviso ad una specifica richiesta formulata nella presentazione della notizia di reato o successivamente, l’art.411, comma 1 bis, c.p.p.., invece, impone l’obbligo dell’avviso anche in assenza di richiesta da parte della persona offesa, inoltre, l’avviso deve contenere espressamente la menzione della presentazione della richiesta di archiviazione per tenuità del fatto.  Ne consegue che non sussiste alcuna fungibilità tra le due forme di avviso, salvo restando che, ove vi sia stata la richiesta ex art.408, comma 2, c.p.p., il P.M. potrà inviare un avviso unitario, purché in esso indichi espressamente se la richiesta di archiviazione è avanzata per la tenuità del fatto, specificando che l’opposizione potrà essere avanzata indicando le “ragioni del dissenso”.

3.4.2. Decreto penale.

Vi è contrasto giurisprudenziale circa l’abnormità del provvedimento con il quale il gip, ritenendo applicabile la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., rigetti la richiesta di emissione di decreto penale di condanna, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero: per una prima opinione essa difetta, non trattandosi di provvedimento fondato esclusivamente su ragioni di opportunità e, quindi, estraneo al potere conferito dall’art. 459, c.3, c.p.p.[188]; per converso, altra opinione è favorevole al riconoscimento delle abnormità[189].

3.4.3.  Udienza dibattimentale e sentenza predibattimentale.

La sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. può essere pronunciata anche con sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p.; infatti, questa  disposizione processuale richiamata contiene in sé la previsione di applicabilità del nuovo istituto posto che preveda la possibilità di emettere la pronuncia di non doversi procedere anche quando l’imputato è persona “non punibile per qualsiasi causa[190].

La sentenza predibattimentale emessa ai sensi dell’art. 469, c.1-bis c.p.p., anche nell’ipotesi di non punibilità dell’imputato per la particolare tenuità del fatto, presuppone che l’imputato ed il PM siano posti in condizione di esprimere le loro osservazioni e consensualmente non si oppongano alla dichiarazione di improcedibilità, rinunciando alla verifica dibattimentale[191]; non  sussiste a carico dell’opponente un onere di motivazione in punto di non tenuità[192].  Inoltre, è necessario che la persona offesa sia messa in condizione di scegliere se comparire ed interloquire sulla questione, mediante avviso della fissazione dell’udienza in camera di consiglio contenente espresso riferimento alla specifica procedura di cui all’art. 469 c.p.p.[193]; infatti è affetta da nullità di ordine generale a regime intermedio la sentenza predibattimentale di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p., pronunciata senza dare avviso alla persona offesa dell’udienza camerale[194]. Nelle fasi processuali a contraddittorio pieno, inoltre, non è neppure necessario un intervento personale dell’imputato volto a richiedere il riconoscimento della tenuità del fatto, avendo la Cassazione ritenuto che tale causa di non punibilità può essere sollecitata, in sede di merito o di legittimità, dal difensore dell’imputato munito di un ordinario mandato ad litem e non anche di procura speciale[195].

La previsione dell’art. 469-bis, c. 1-bis c.p.p. è  conservata nell’impianto del codice di rito peri soli reati per i quali è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare; per i casi di citazione diretta a giudizio, la norma appare soppiantata da quella degli artt. art. 554-bis e 554-ter c.p.p. per le quali si registra il  potenziamento dell’istituto riconnesso alla possibilità di operare in fase di udienza predibattimentale (art. 554-bis e 552-ter c.p.p.) al di fuori del consenso delle parti processuali, evitando al giudice la celebrazione di un complesso e lungo processo per un fatto di lieve consistenza offensiva.       

  • Questioni in tema di impugnazione.

3.5.1. Interesse ad impugnare.

Avverso la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, è ammissibile l’impugnazione dell’imputato anche laddove non siano dedotti possibili profili di efficacia della pronuncia nel giudizio civile o amministrativo di danno, sussistendo l’interesse a rimuovere il pregiudizio derivante dall’iscrizione della sentenza nel casellario giudiziale[196], così è stato riconosciuto rispetto a sentenza che escludeva la punibilità di un reato militare in applicazione dell’art. 131-bis c.p. (trattandosi di pronuncia con efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale,  potenzialmente ostativo alla futura applicazione della medesima causa di non punibilità ai sensi del 3° comma della medesima disposizione)[197].

Quanto al Pubblico Ministero, ne è stato escluso l’interesse ad impugnare la sentenza con la quale il Giudice di Pace ha dichiarato non punibile l’imputato per tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p. anziché dell’art. 34 d.leg. n. 274 del 2000, nozione che va individuata in una prospettiva utilitaristica di rimozione di uno svantaggio processuale, non ricorrente nella specie, e non si risolve in un’astratta pretesa all’esattezza teorica del provvedimento[198].

Sussiste l’interesse della parte civile ad impugnare, deducendo il vizio di incompetenza per materia, la sentenza dichiarativa di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, emessa – dopo l’apertura del dibattimento, ma prima di procedere all’assunzione delle prove – dal giudice di pace, previa attribuzione al fatto di un’erronea qualificazione giuridica rientrante nella propria competenza (nella specie: ingiurie, in luogo di diffamazione aggravata[199]): per contro, difetta l’interesse avverso la sentenza del giudice di pace con cui si è dichiarata la non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p.. piuttosto che ex art. 34 d.lgs. n.274 del 2000 (la parte civile non potrebbe vedersi riconosciuti, in caso di accoglimento del ricorso, effetti più vantaggiosi di quelli già previsti dall’art. 651-bis c.p.p., potendo ottenere comunque il risarcimento in sede civile[200]): è inammissibile,  per mancanza di interesse, il ricorso della parte civile proposto, in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero, avverso la sentenza con cui si è dichiarata la non punibilità per particolare tenuità del fatto che non produce alcun effetto nel giudizio civile secondo quanto previsto dall’art. 651-bis c.p.p[201].

            3.5.2. Applicabilità della causa di non punibilità in sede d’appello.

La causa di non punibilità in esame può essere dedotta dall’imputato per la prima volta con l’atto d’appello[202]. Nel caso di appello proposto per motivi relativi alla sussistenza del fatto e alla determinazione della pena, non può essere dedotta come motivo nuovo a sostegno dell’impugnazione la questione concernente la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in quanto punto della decisione impugnata distinto da quelli fatti valere con l’atto di appello originario[203]. Resterebbe inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 581 c.p.p., come novellato dall’art. 1, c. 55, L.  3 agosto 2017, n. 103, il motivo di appello con cui si richieda la concessione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.  e che non si confronti, con rilievi critici, con tutte le argomentazioni esposte dal giudice di primo grado a sostegno della negativa conclusione sul punto[204]. In caso di accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero, l’imputato assolto in primo grado che voglia avvalersi della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ha l’onere di richiedere espressamente al giudice dell’impugnazione l’applicazione dell’istituto per non incorrere nella preclusione di cui all’art. 609, c.2, c.p.p.., non potendo la questione, una volta che non sia stata dedotta in appello, rientrare nella cognizione del giudice di legittimità[205].

In tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, l’obbligo del giudice di appello di esporre le ragioni del rigetto della richiesta di applicazione dell’esimente sussiste anche ove la stessa sia stata avanzata dal pubblico ministero[206].  Per contro, il giudice d’appello, che proceda a riqualificare “in bonam partem” la fattispecie addebitata all’imputato in altra che, a differenza della prima, consenta l’accesso alla causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.., non è tenuto a motivare in ordine alle ragioni per cui non accede al proscioglimento per particolare tenuità del fatto, quando non vi sia stata una specifica richiesta in tal senso, neppure come opzione condizionata alla derubricazione nella fattispecie punita meno severamente[207].

La causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. può essere rilevata di ufficio dal giudice d’appello in quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l’obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa può farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 129 c.p.p.[208].  E’ stata esclusa, in particolare, la necessitò di invocarne l’applicazione nel giudizio di primo grado[209].

3.5.3. Giudizio di riesame.

L’esistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., ove emerga “ictu oculi“, può essere verificata anche nella fase del riesame, ancorché ai limitati fini della decisione da assumere, la quale comunque non vincola il pubblico ministero nelle sue determinazioni circa l’esercizio dell’azione penale, né il giudice della “plena cognitio[210]. In tema di misure cautelari reali, rientra nella valutazione del giudice del riesame relativa alla sussistenza del “fumus commissi delicti“, il compito di valutare incidentalmente la configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis c.p., ove la stessa emerga “ictu oculi” sulla base degli elementi indiziari raccolti[211].

3.5.4.  Giudizio di cassazione

Vanno premesse alcune situazioni tipiche di inammissibilità del ricorso per cassazione.  Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non è ricorribile per cassazione, se non per far valere una nullità di cui all’art. 127 c.p.p. – come espressamente previsto dall’art. 409, 6° comma, c.p.p. – in quanto, non essendo iscrivibile nel casellario giudiziale, trattandosi di provvedimento non definitivo, e non essendo, pertanto, lesivo della posizione dell’indagato, non vi è interesse da parte di quest’ultimo ad impugnare[212]. È inammissibile il ricorso per cassazione avverso sentenza di patteggiamento sul motivo del mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in quanto siffatta causa di non punibilità non rientra nel novero delle ragioni di immediato proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., alla cui insussistenza è subordinata la pronuncia che accoglie la richiesta di applicazione di pena concordata[213]. La S.C. ha osservato che l’istituto introdotto dall’art. 131-bis c.p. esige un apprezzamento di merito, finalizzato al riscontro dei presupposti applicativi, incompatibile con la natura del rito[214].

In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile, per genericità e difetto di autosufficienza, il motivo inteso a denunciare l’omesso esame di una richiesta (nella specie, assoluzione dell’imputato ex art. 131-bis c.p.), di cui non vi sia menzione nel provvedimento impugnato, qualora non siano stati specificamente indicati, ai fini dell’inserimento nel fascicolo formato dalla cancelleria del giudice “a quo” ai sensi dell’art. 165-bis, c. 2, disp. att. c.p.p., gli atti da cui possa desumersi che detta richiesta era stata invece ritualmente proposta[215].

In tema di particolare tenuità del fatto, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., pur quando si tratti di “ius superveniens” più favorevole al ricorrente[216].  

Per i giudizi pendenti in Cassazione al momento di entrata in vigore della nuova disciplina, è stata riconosciuta la possibilità, per i giudici di legittimità, di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 609, 2° comma, c.p.p., la sussistenza delle condizioni di applicabilità dell’art. 131-bis c.p., avvalendosi delle risultanze processuali e della motivazione della sentenza impugnata; in base ad un primo orientamento,  in tal caso, sarebbe necessario annullare la sentenza e rinviare la causa al giudice di merito affinché proceda ad applicare la causa di non punibilità[217]; per una diversa opinione la particolare tenuità del fatto è riconoscibile nel giudizio di legittimità, senza procedere al rinvio al giudice di merito, «a condizione che i presupposti di applicabilità siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali»[218]. Nel giudizio di rinvio seguito ad annullamento della Corte di cassazione, invece, ne è preclusa la deduzione qualora non rilevata nel giudizio rescindente, essendosi formato il giudicato sulla insussistenza della causa di non punibilità[219].

  • Considerazioni conclusive.

Se il successo delle riforme passa dall’adesione alle ragioni che le sostengono, per quella che ha interessato la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. è imprescindibile un profondo cambiamento culturale nella magistratura italiana. L’autorità giurisdizionale è   chiamata ad un esercizio responsabile e trasparente della discrezionalità tecnica con la quale dovranno essere operate moderne declinazioni del principio di proporzionalità che, oltrepassando la classica prospettiva della commisurazione della pena, potranno giungere sino alla rinuncia alla punizione per tenuità dell’offesa non abituale.  Il recente ampliamento delle possibilità di impiego dell’istituto produrrà effetti proficui in funzione dell’efficientamento del sistema penale solo nella misura in cui saranno valorizzati appieno i nuovi spazi offerti per una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, alla luce delle modalità della condotta contemporanea al fatto, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo, quali confermate dalla condotta susseguente dell’agente. Si tratta di una valutazione complessa, affatto seriale, da condurre con vigile attenzione alle particolarità dei fatti ed alla condizione autentica degli uomini, in costante divenire dopo il crimine, ragione evolutiva che può aiutare a spiegare il risparmio della pena stessa. È in questo contesto che il principio di proporzionalità può giustificarsi quale ulteriore limite dell’opzione penale[220] e,  in particolare,  di quella punitiva.

Ciò implica, però, conviene esplicitarlo, anche che sia ristabilito un fondamentale rapporto di fiducia attorno all’esercizio della giurisdizione: per costruire un sistema efficiente di diritto penale minimo occorre tempo e condivisione culturale tra gli attori della politica criminale, senza condizionare il nuovo assetto ai mutevoli esiti di breve periodo, preservandolo dalle estemporanee – quanto immancabili – spinte securitarie che moltiplicano il numero dei delitti inutili. Come ricordato in un recente scritto volto a sostenere la necessità di un’intensa riduzione della criminalizzazione[221], restano vive le ragioni dell’insegnamento di Francesco Carrara, il quale, già nella seconda metà dell’Ottocento, scriveva: «La crescente civiltà di un popolo e la allargata sua libertà dovrebbero essere potente ragione di diminuire gradatamente il numero delle azioni dichiarate delitti. Ma invece cresce tra noi la mania di moltiplicarne il numero per ricorrere al periglioso rimedio del magistero penale, contro azioni che i veri caratteri del delitto non avrebbero»[222].


[1] Testo dell’articolo pubblicato sulla Rivista scientifica on line disCrimen il 3 gennaio 2022. 

*Sostituto Procuratore della Repubblica della DDA presso il Tribunale di Firenze.

La ricerca giurisprudenziale è stata curata e sistematizzata dalle dottoresse Giorgia Calgione e Laura Gorla, tirocinanti ex art. 73 d.l.  n. 69/2013 presso la Procura della Repubblica di Firenze.

[2] Sul tema cfr. Bartoli, L’irrilevanza penale del fatto, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2000, 1480; Caprioli, Prime considerazioni sul proscioglimento per particolare tenuità del fatto, in www.penalecontemporaneo.it, 8.7.2015; Quattrocolo, Deflazione e razionalizzazione del sistema: la ricetta della particolare tenuità dell’offesa, in Processo penale e giustizia, 2015, 152 ss.

[3] Cass. SU, n. 13681/2016, Tushaj, rv. 266591, ha precisato che «il fatto particolarmente lieve, cui fa riferimento l’art. 131-bis cod. pen., è comunque un fatto offensivo, che costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per affermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la “rieducazione del condannato”, sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione».

[4] Cass. SU, n. 13681/2016, cit.

[5]  Per Cass., Sez. 6, n. 5254/2016, rv. 265642 l’art. 131-bis c.p. ed il principio di inoffensività in concreto operano su piani distinti; il primo presuppone un reato perfezionato in tutti i suoi elementi, compresa l’offensività, benché di consistenza talmente minima da ritenersi “irrilevante” ai fini della punibilità; il secondo attiene al caso in cui l’offesa manchi del tutto, difettando la tipicità e la stessa sussistenza del reato.

[6] C. cost., n. 30/2021; Id., n. 156/2020; Id., n. 279/2017.

[7][7] C. cost. n. 156/2020.

[8] Cass. SU, n. 13682/2016, Coccimiglio, rv. 266595.

[9] Riferisce all’istituto sviluppata finalità deflattiva, anche nell’ottica della riduzione della popolazione carceraria, APRATI, Le regole processuali della dichiarazione di “particolare tenuità del fatto”, in Cass. pen., 2015, 1319. 

[10] Il riferimento è alla L. delega 27 settembre 2021 n. 134 ed alla sua attuazione con d. leg. n. 150/2022, in vigore dal 30.12.2022 per effetto del D.L. n. 162/2022 convertito dalla L.  30 dicembre 2022 n. 199. 

[11] Per un quadro dei dati statistici circa i provvedimenti di applicazione dell’art. 131-bis c.p. si rinvia alla relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. a.c. 2435del 24.5.2021 (relazione della cd. Commissione Lattanzi), p. 68 e ss.; cfr. anche relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 recante delega al governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, p. 356.

[12] In termini ancora relazione della Commissione Lattanzi, cit., p. 68.

[13] Per prime analisi delle principali novità della riforma Cartabia cfr. Martiello, La «particolare tenuità del fatto» dopo l’attuazione della “riforma Cartabia”: primissime note di commento al novellato art. 131-bis c.p., in disCrimen 10.11.2022; Brunelli,  La  tenuità del fatto nella riforma “Cartabia”: scenari per l’abolizione dei minimi edittali?  in Sistema Penale, 13.1.2022.

[14] Palazzo, Sul pubblico ministero: riformare sì, ma con giudizio, in Questione Giustizia, Rivista trimestrale, n. 2/2021, passim.

[15] Martiello, op.cit., 15.

[16] Cass., Sez. 5, n. 17348/2019.

[17] La Corte cost., con la sentenza 21 luglio 2020 n. 156, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione “nella parte in cui non consente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva”. La decisione aveva riguardo ad un fatto di ricettazione di particolare tenuità, relativo ad alcune confezioni di rasoi e lamette da barba di provenienza furtiva. un fatto astrattamente punibile dall’art. 648, c. 2 c.p. con la reclusione sino a 6 anni (cioè, ex art. 23 c.p., da 15 giorni a sei anni) e che, posto il limite di pena massima di cui all’art. 131 bis, c. 1 c.p., non avrebbe potuto essere dichiarato non punibile.

[18] La relazione della Commissione Lattanzi ricorda il caso emblematico dei furti in supermercato (spesso commessi per bisogno e aggravati per l’esposizione dei beni alimentari alla pubblica fede, ovvero per il mezzo fraudolento rappresentato dalla rimozione della placca antitaccheggio o della confezione del genere alimentare, ovvero, ancora, per la destrezza della condotta); e ancora il caso del furto di una melanzana prelevata da un campo (aggravato dall’esposizione alla pubblica fede ex art. 625 n. 7 c.p.) del quale si è occupata la Corte di cassazione, all’esito di tre gradi di giudizio (Cass., Sez. 5,  n. 12823/2018).

[19] Basti pensare a casi emblematici nei quali, all’esito del giudizio, è oggi applicabile l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.), ma, per il limite edittale di pena, non la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis c.p.

[20] In linea con precedenti commissioni di studio istituite presso il Ministero della Giustizia (Commissione Fiorella per la revisione del sistema penale, Commissione Palazzo per elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio penale) la Commissione Lattanzi aveva  proposto di determinare la soglia minima edittale di pena detentiva in tre anni, facendo salve singole figure o tipologie di reato o modalità della condotta per le quali il Parlamento avesse ritenuto che l’offesa non poteva essere considerata di particolare tenuità.

[21]  Cass., Sez. 5, n. 660/2019, rv. 278555; Cass., Sez. 3, n. 893/2019, rv. 272249.

[22] Come l’omicidio doloso (art. 575 c.p.), la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.), la riduzione o mantenimento in schiavitù (art. 600 c.p.), la violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.).

[23] Si tratta delle stesse ipotesi in cui le lesioni personali sono considerate dalla L. n. 69 del 2019. Quanto ai maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), il minimo edittale della reclusione fissato in tre anni, e l’esclusione della configurabilità del tentativo, in ragione della natura abituale del delitto, non rendono necessario includere la fattispecie nell’elenco di cui al 3° comma dell’art. 131 bis c.p.

[24] Si ribadisce l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. nei procedimenti per le lesioni personali dolose gravissime, già richiamate nel 1° periodo del 2° comma della disposizione subito dopo l’inciso “conseguenze non volute”, che potrebbe far pensare a una limitazione dell’esclusione limitata ai soli fatti colposi.

[25] Cass., Sez.2, n. 25242/2019, rv. 275825.

[26]  Si tratta degli stessi delitti contro la p.a. inseriti dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3 tra i gravi reati soggetti al regime di cui all’art. 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario.

[27] È l’ipotesi per la quale opera il regime di cui all’art. 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario.

[28] Ciò sul presupposto che la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., in via di principio, può applicarsi anche ai reati militari (cfr. Cass. Sez. I, 5.6.2017, n. 30694, rv. 270845). L’art. 131-bis c.p.  fa riferimento, infatti, ai reati per i quali è prevista la “pena detentiva” e tale è la reclusione militare comminata per i reati di cui si tratta.  

[29] Art. 554-ter c.p.p.

[30]  Rispetto all’udienza preliminare cfr. Cass., Sez. 5, n. 21409/2016.

[31] Cass., Sez. 2, n. 12305/2016, Rv. 266493. 

[32] C. cost., n. 120/2019.

[33] C. cost., n. 120/2019, cit., ; Id., n. 30 del 2021.

[34] C. cost.,  n. 279/2017.

[35] Ex multis, C. cost. n. 140/2009 e n. 8/1996.

[36] Cass., SU n. 18891/2022.

[37] Fanno riferimento alla natura sostanziale, fra le tante: Cass., SU,  n. 13682/2016,  rv. 266595; Sez. 3, n. 47256/2015  rv. 265441; Cass., Sez. 3, n. 15449/2015 rv. 263308; Cass., Sez. 2, n. 41742/2015,  rv. 264596; Cass. Sez. 6, n. 45073/2015,  rv. 265224; Cass., Sez. 5, n. 5800/2016,  rv. 267989 – 01. In dottrina ricomprendono l’istituto tra le «cause oggettive di esclusione della punibilità: Alberti, Non punibilità per particolare tenuità del fatto, in DPC on line,  16/12/2015, 3; Padovani, Un intento deflattivo dal possibile effetto boomerang, in Guida al Diritto 2015, n.15;  Gaeta-Macchia, Tra nobili assiologie costituzionali e delicate criticità applicative: riflessioni sparse sulla non punibilità per “particolare tenuità del fatto”, in Cass. Pen. 2015,  2595.

[38]  Cass., SU n. 13681//2016, rv. 266593; in motivazione la Corte ha specificato che, quando, invece, non si discute dell’applicazione della sopravvenuta legge più favorevole, l’inammissibilità del ricorso preclude la deducibilità e la rilevabilità d’ufficio della questione

[39]  Cass.,  Sez. 1, n. 46567/2016, rv. 268069.

[40] Cass., Sez. 7, n. 11833/2016,  rv. 266169.

[41] Santoro, Natura ibrida della particolare tenuità del fatto e sua rilevabilità nel giudizio nomofilattico, in Arch.nuov.proc.pen., 2016, 636. 

[42] Cass., n. 5800/2016. 

[43] Salerno, La particolare tenuità del fatto: dubbi interpretativi e prospettive di riforma, in La Magistratura, 2022, 41. 

[44] Cass., Sez. 5, n. 17348/2019, Rv. 276629; in dottrina, Gullo, La particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.p.  in Nuovi epiloghi del procedimento penale per particolare tenuità del fatto, a cura di Quattrocolo, Torino, 2015, 18.

[45] In questo senso anche la relazione illustrativa dello schema di d.lgs. attuativo della riforma Cartabia.

[46] Trinci, La particola tenuità del fatto, Milano, 2016, 11.

[47] Cass., sez. 5, n. 30083/2018.

[48] Cass., sez. 5 n. 52094/2014

[49] Gullo, op.cit., 15; contra, BARTOLI, L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, DPP, 2016, 665.

[50] Cass., Sez. 6, n. 44417/2015, rv. 265065.

[51]  Per BARTOLI, op. cit., 665, la tenuità del danno o del pericolo integra l’indice della particolare tenuità dell’offesa di cui all’art. 131-bis c.p.

[52] Cass. SU, n. 13681/2016, Tushaj.

[53] Cass., SU “Tushaj”, cit., osserva che «essendo richiesta la ponderazione della colpevolezza in termini di esiguità e quindi la sua graduazione, è del tutto naturale che il giudice sia chiamato ad un apprezzamento di tutte le rilevanti contingenze che caratterizzano ciascuna vicenda concreta ed in specie di quelle afferenti alla condotta; ed è quindi escluso che una preclusione possa derivare dalla modesta caratterizzazione, sul piano descrittivo, della fattispecie tipica». 

[54] Cass., Sez. 5, n. 660/2020, Rv. 278555 (fattispecie nella quale la Corte ha annullato la decisione del giudice di merito che aveva riconosciuto la causa di non punibilità valorizzando la circostanza che l’imputato avesse accompagnato la moglie al pronto soccorso, dopo averla picchiata, procurandole la frattura di zigomo e mascella).

[55] Martiello, op. cit., 12, qualifica la scelta come rinunciataria e  curiosa in un ambito come quello del diritto penale doverosamente soggetto al principio di legalità. 

[56] Santoriello, Riforma processo penale: la particolare tenuità del fatto, Il Quotidiano Giuridico, 17 novembre 2022.

[57] Martiello, op.cit., 13

[58] MARTIELLO, op. cit., 13.

[59] GULLO, op. cit., 25.

[60] Per Cass. Sez. 2, n. 9113/2021,  rv. 280663, la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.  non è applicabile nel caso in cui l’agente abbia approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, da riferire non solo alle particolari condizioni della persona, ma anche alle circostanze “di tempo” e “di luogo”, contemplate dall’art. 61, c.1°, n. 5, c.p. (fattispecie di truffa aggravata ex art. 640, c. 2°, n. 2-bis, c.p. commessa mediante vendita “on line”).

[61] Salerno, La particolare tenuità, cit. 41.

[62] Cass., Sez. 3, n. 29674/2021, rv. 281719 ha precisato che tale conclusione mira ad impedire che sia attribuito al giudice il potere, destinato a sfociare in arbitrio in assenza di formale contestazione dell’aggravante, di ritenere di non particolare tenuità qualsiasi condotta in base a parametri diversi da quello normativo indicato.

[63] Corte EDU II, 29 marzo 2011, Alikaj e altri c.Italia.

[64] Cass., Sez. 3, n. 23184/2020,  rv. 280158 – 01.

[65] Cass., Sez. 3, n. 4123/2018,  rv. 272039 (fattispecie in tema di reati edilizi in cui la S.C. ha ritenuto immune da vizi la decisione del giudice di merito che ha desunto la non abitualità del comportamento dell’imputato dalla successiva attività di demolizione, rimozione e sanatoria delle opere realizzate).

[66] Cass. Sez. 3, n. 2216/2020,  rv. 278391.

[67] Cass., Sez.4, n. 24249/2006.

[68] Cass., Sez. 4, n. 7905/2016.

[69] Trinci, op.cit., 25,  sostiene la tassatività delle ipotesi di abitualità ex lege.

[70] Cass., Sez. 3, n. 776/2018, rv. 271863 (fattispecie di violazioni da parte del datore di lavoro di diverse disposizioni in materia di sicurezza di cui al d.leg. 9 aprile 2008, n. 181).

[71] Cass., Sez. 5, n. 26813/2016, rv. 267262.

[72] Cass., SU, n. 13681/2016, rv. 266593.

[73] Su quest’ultimo profilo, Cass. Sez.4, n.27323/2017, rv. 270107. 

[74] Cass, Sez. 6, n. 6551/2020 Rv. 278347 (fattispecie in cui, in un procedimento per il reato di evasione, la Corte di appello aveva escluso la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p.., avendo valutato l’esistenza di analoghe condotte pregresse risultanti dagli atti); cfr. SU, n. 13681/2016,  Rv. 266591 ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento alle condanne irrevocabili, agli illeciti sottoposti alla sua cognizione – nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui- nonché anche i reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis c.p.

[75] Cass., Sez. 4, n. 27323/2017, rv. 270107 (fattispecie in cui la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso la applicabilità della causa di non punibilità essendo l’imputato gravato da precedenti condanne per reati contro il patrimonio, senza tuttavia confrontarsi con la condotta in concreto contestata, relativa ad una ipotesi di concorso in spaccio di stupefacenti commesso al fine di ottenere una somma pari ad euro 2, da ritenersi talmente esigua da rendere irrilevante il fine di lucro). Cfr.  per fattispecie in tema di furto e detenzione o cessione di sostanze stupefacenti Cass., Sez. 5 n. 53401/2018, Rv. 274186.

[76] Cass., Sez. 2, n. 2484/2022,  rv. 282669.

[77] Cass,  Sez. 3 , n. 32857/2022, rv. 28348.

[78] Cass., Sez. 6, n. 26867/2017, rv. 270637 (nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che ha ravvisato la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di evasione commesso dall’imputato, nonostante che allo stesso fosse stata contestata la recidiva).

[79] Cass., Sez. 5, n. 1489/2021, rv. 280250; Id.,  n. 148/2021, rv. 280250.

[80]  Cass., Sez. 6, n. 605/2020, rv. 278095.

[81]  Cass. Sez. 3, n. 35757/2017, rv. 270948.

[82]  Cass., Sez. 4, n. 7905/2016,  rv. 266065.

[83]  Cass., Sez. 5, n. 39806/2015, rv. 265317.

[84]  Cass. Sez.4, n.14845/2017, rv. 270021. 

[85] Cass., Sez. 7, n. 13379/2017,  rv. 269406 (fattispecie relativa a condotte reiterate nel tempo integranti il reato di esercizio abusivo della professione); Cass.,  Sez. 3, n. 48318/2016 Rv. 268566 ha escluso la particolare tenuità del fatto con riferimento al reiterato conferimento di rifiuti urbani e speciali prodotti, da terzi in assenza del necessario titolo abilitativo, di cui al reato eventualmente abituale previsto dall’art. 256, c. 1°,  d.leg. 3 aprile 2006, n. 152; Cass., Sez. 3, n. 30134/2017. rv. 270255 ha escluso la ricorrenza della particolare tenuità del fatto con riferimento al reiterato trasporto non autorizzato di notevoli quantità di materiale ferroso, di cui al reato eventualmente abituale previsto dall’art. 256, c.1°, d.leg. 3 aprile 2006, n. 152.

[86] Cass., Sez. 3, n. 38849/2017,  rv. 271397; in senso difforme, per la stessa tipologia di reato, Cass., n. n.30134/2017, rv. 270255. 

[87] Cass., Sez. 6, n. 20941/2022, rv. 283304 (in motivazione è stato precisato che si tratta di un reato “a consumazione prolungata” in cui ciascuna omessa contribuzione aggrava l’offesa al bene giuridico tutelato).

[88] Cass., Sez. 3, n. 47039/2015, Rv. 265448 (fattispecie relativa a reati edilizi e paesaggistici).

[89] Cass., Sez. 3, n. 30383/2016, rv. 267589;  Id., n. 50215/2015, rv. 265435.

[90] Cass.,. Sez. 5, n. 24089/2022, rv. 283222.

[91] Cass., Sez. 5, n. 44092/2016, rv. 268335.

[92] Cass., Sez. 2, n. 46064/2021, rv. 282270; Id., Sez. 4, n. 11732/2021, rv. 280705.

[93] Cass., Sez. 4 , n. 38407/2021, rv. 282055, in applicazione del principio ha ritenuto immune da censure la sentenza con la quale, in sede di rinvio, era stata ritenuta l’abitualità della condotta sulla base delle sentenze di condanna risultanti dal certificato del casellario giudiziale aggiornato, relative a fatti commessi in epoca precedente alla sentenza della corte d’appello annullata con rinvio.

[94] Cass., Sez. 6, n. 10796/2021, rv. 280787; Cass., Sez. 2, n. 41774/2018, rv. 274247 in tema di applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., il giudice non può ritenere sussistente la condizione ostativa del “comportamento abituale” sulla sola base di testimonianze da cui sia emersa la reiterazione da parte dell’imputato di condotte identiche a quella di cui all’imputazione, quando di tali condotte non si conosce se abbiano formato oggetto di accertamento processuale e, prima ancora, se abbiano dato luogo a denunce o querele.;

[95] Cass., Sez. 4 , n. 51526/2018, rv. 274274.

[96] Cass. Sez. 5, n. 34830/2020, rv. 280397 (fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva negato l’applicazione della causa di non punibilità, nonostante il notevole intervallo temporale rispetto all’ultimo precedente, in assenza di positivi indicatori che avrebbero in concreto consentito di valutare la mera occasionalità della condotta, a fronte di una sequenza di delitti contro il patrimonio incontestata ed “ex se” indicativa di una serialità).

[97] Cass.,  Sez. 3, n. 47039/2015, rv. 265449 (fattispecie in tema di reati urbanistici e paesaggistici).

[98] Così Cass., Sez. 3, n. 43816/2015, rv. 265084 (per fattispecie relativa a reiterate violazioni di sigilli commesse per portare a compimento l’esecuzione di lavori edilizi abusivi su un immobile sottoposto a sequestro);  Cass. Sez. 6, n. 3353/2018, rv. 272123 (fattispecie in tema di pluralità di cessioni di sostanze stupefacenti poste in essere nella stessa giornata).

[99] Cass., Sez. 4, n. 47772/2018, rv. 274430; per Cass., Sez. 3, n. 35630/2021,  rv. 282034 nel caso di reati in continuazione commessi in contesti spazio-temporali diversi la volizione criminosa non appare unitaria e circoscritta.

[100] Così Cass., Sez. 2, n. 28341/2017, rv. 271001; per  Cass., Sez. 1, n. 55450/2017.rv. 271904 al reato di cui art. 22, c. 12. d.leg. n. 286/1998 non è applicabile  l’art. 131-bis c.p. qualora i lavoratori illegalmente assunti siano più d’uno, configurandosi, in tal caso, una particolare forma di continuazione, ostativa al riconoscimento del beneficio in quanto manifestazione di un “comportamento abituale” deviante.

[101] Cass., Sez. 6, n. 18192/2019, rv. 275955 (fattispecie in tema di pluralità di truffe poste in essere da un medico ospedaliero che, omettendo di informare il datore circa la misura delle prestazioni eseguite intramoenia, induceva lo stesso in errore, conseguendo somme a titolo di indennità di esclusiva e di posizione non dovute).

[102] Cass.,  Sez. 2, n. 19932/2017, rv. 270320.

[103] Cass., Sez. 5, n. 35590/2017, rv. 270998 (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva riconosciuto la causa di non punibilità in relazione ai reati di violazione di domicilio e minaccia unificati dalla continuazione).

Cass., Sez. 4 , n. 10111/2020, rv. 278642,  rileva che in caso di più reati legati dal vincolo della continuazione relativi  ad azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo, di luogo e nei confronti della medesima persona emerge una  unitaria e circoscritta deliberazione criminosa, incompatibile con l’abitualità ostativa considerata dall’art. 131-bis c.p.

[104] Cass., Sez. 5, n. 30434/2020, rv. 279748 (fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione di appello che aveva omesso di valutare la causa di non punibilità in relazione alla continuazione tra più reati di furto commessi nel medesimo contesto di tempo e di luogo presso esercizi commerciali diversi). Il vincolo della continuazione non deve essere espressivo di una tendenza o inclinazione al crimine (Cass., Sez. 2, n. 42579/2019, Rv. 277928: in applicazione del principio la S.C. ha ritenuto legittimo, in presenza di una contestazione di truffa continuata per aggirare i sistemi di rilevamento delle presenze in un ospedale pubblico, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per essere stata considerata la continuazione fra i vari episodi sintomatica della frequenza e durata della violazione nonché della pervicacia e delle modalità subdole utilizzate).

[105] Il limite applicativo dell’art. 131-bis c.p. opera solo in relazione a reati espressione di una tendenza o inclinazione al crimine (Cass., Sez. 5, n. 32626/2018, rv. 274491, in relazione a fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito aveva applicato la causa di non punibilità con riguardo a due reati in continuazione – minaccia e tentata violenza privata – posti in essere in un unico contesto temporale, nei confronti della stessa parte lesa, da imputato incensurato, con condotta isolata nel tempo e scarsamente offensiva).

[106] Cass., Sez. 4, n. 4649/2019, rv. 274959.

[107] Cass., Sez. 4, n. 36534/2021, rv. 281922; Cass., Sez. 2, n. 11591/2020, rv. 278830.

[108] Cass., SU, n. 18891/2022, rv. 283064. Per un commento della sentenza cfr. Aimi,  La causa di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto è compatibile con il reato continuato, in Sistema Penale, 6.12.2022.

[109] Cass.,  Sez. 1, n. 54086/2017, rv. 272085.

[110] Cass., Sez. 3, n. 24974/2020,  rv. 279872.

[111]  Cass., Sez. 4, n. 44132/2015, rv. 264830.

[112] Cass., Sez. U, n. 136812016, rv. 266592. 

[113]  Cass., Sez. 4 , n. 9719/2022,  rv. 282856.

[114] Cass., Sez. 3, n. 48248/2018, rv. 274420.

[115] Cass., Sez. 5, n. 3817/2018, rv. 272282 ha altresì precisato che, in caso di opposizione dell’indagato alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, l’esame del giudice non è limitato ai profili di dissenso dedotti ed alla tenuità, ma è esteso all’intera valutazione della responsabilità del soggetto indagato.

[116] Cass., SU, n. 38954/2019, rv. 276463.

[117] Di Geronimo,  La giurisprudenza della Cassazione  in materia di tenuità del fatto, https://giustiziabrescia.it/, osserva: “Dunque, pure nei reati senza offesa, di disobbedienza, o comunque poveri di tratti descrittivi, contrassegnati magari da una mera omissione o da un rifiuto, la valutazione richiesta dalla legge è possibile e doverosa, dovendosi considerare la concreta manifestazione del fatto illecito”.

[118] Cass.,  Sez. 1, n. 30694/2017, rv. 270845.

[119] Cass., SU, n. 13681/2016, rv. 266589; Cass., Sez. 4, n. 50243/2015, Rv. 265225; Id., n. 48843/2015, rv. 265218.

[120] Cass., Sez. 3, n. 40774/2015, rv. 265079 ha escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. per insussistenza dei presupposti sul piano oggettivo con riferimento ad un omesso versamento pari a poco più di 112.000 euro, a fronte della soglia di punibilità fissata in euro 103,291,30;  Cass. Sez.3, n. 12906/2019, Rv. 276546 ha ritenuto, in assenza di ulteriori elementi ostativi, l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. stante l’omissione eccedente la soglia di punibilità per un ammontare inferiore ad euro 10.000 e pari al 4% circa dell’importo della soglia stessa; Cass. Sez. 3 , n. 16599/2020, rv. 278946 ha escluso la causa di non punibilità con riferimento ad una evasione di imposta eccedente la soglia di legge per un ammontare di euro 5.825,21, superiore all’11% dell’importo della soglia stessa; Cass. Sez. 3, n. 13218/2016, rv. 266570 ha ritenuto non particolarmente tenue, sul piano oggettivo, l’omesso versamento di 270.703 euro; Cass., Sez. 3,  n. 58442/2018, rv. 275458 ha precisato che, nel caso di reati tributari, l’applicazione della causa di non punibilità deve essere valutata non in rapporto all’intero ammontare dell’imposta evasa, ma con riferimento alla sola eccedenza dello stesso rispetto alla soglia di legge.

[121] Cass., Sez. 6, n. 21514/2020, rv. 279311 ( fattispecie relativa ad un’episodica violazione del permesso di uscita per lo svolgimento di attività lavorativa, per essersi l’imputato recato in una sede operativa diversa da quella presso la quale era stato autorizzato a lavorare e per essere rientrato a casa con due ore di ritardo); Cass., Sez. 6 , n. 35195/2022, Rv. 283731 (fattispecie relativa ad episodica violazione del permesso di uscita, per essersi l’imputato allontanato dalla abitazione ove era sottoposto a detenzione domiciliare in orario diverso da quello autorizzato).

[122] Cass., Sez. 4, n. 30238/2017,  rv. 270191; Id., n. 275242017, rv. 270493.

[123] Cass., Sez. 4, n. 1766 /2019, rv. 275071; in  motivazione, ha individuato tale assenza nel caso in cui la coltivazione si esaurisca nella germogliazione di un seme.

[124] Cass., Sez. 6, n. 37645/2021, rv. 282113 (fattispecie in cui è stata ritenuta la tenuità del fatto nei confronti di alcuni operatori di servizi funerari che avevano elargito modiche somme di denaro in favore degli addetti alla sala mortuaria di un ospedale pubblico, sul presupposto che solo per questi ultimi risultava la reiterazione della condotta nei confronti di più soggetti e sulla base di autonomi accordi corruttivi).

[125] Cass., Sez. 6, n. 16847/2019, rv. 275547 (fattispecie di annullamento con rinvio della sentenza di non punibilità in presenza di inadempimento di ventiquattro mensilità su trentotto delle somme da corrispondere al coniuge separato); Id., n. 5774/2020, rv. 278213.

[126] Cass., SU n. 13682/2016, rv. 266595.

[127] Cass., Sez. 4, n. 46438/2018. rv. 273933 ha annullato con rinvio la sentenza di condanna relativa al reato di cui all’art. 186, c. 7 cod. strada, che aveva negato la sussumibilità del fatto nell’ipotesi prevista dall’art. 131-bis c.p. in considerazione del comportamento, ritenuto non improntato a lealtà e correttezza, tenuto dall’imputata che, dopo essersi rifiutata di sottoporsi agli accertamenti di rito nell’immediatezza, aveva consegnato alla polizia un test negativo a sette giorni di distanza dall’incidente.

[128] Cass., Sez. 3, n. 15029/2021, rv. 2816068 (fattispecie contrassegnata da cessazione della permanenza del reato per effetto di intervenuto sequestro).

[129] Cass., Sez. 3, n. 37875/2015, rv. 264675, per la quale in tema di reati concernenti gli alimenti, il concetto di “non particolare gravitàche esclude l’applicazione delle pene accessorie previste dall’articolo 12-bis della L.n. 283 del 1962, non coincide con quello di “particolare tenuità” di cui all’art. 131-bis c.p.

[130] Per Cass., Sez. 3, n. 13611/2019,  rv. 275842, in tema di abusiva attività di intermediazione di giochi e scommesse, l’ammissione dell’imputato alla procedura di regolarizzazione prevista dall’art. 1, c. 643, L. n. 190 del 2014, che consente di esercitare l’attività precedentemente non autorizzata, non determina l’automatica applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p.

[131]  Per Cass, Sez. 3, n. 18155/2021, rv. 281572, in tema di stupefacenti, la fattispecie di lieve entità di cui al comma quinto dell’art. 73, d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309 e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. sono fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini della concedibilità della prima il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile e l’entità del danno o del pericolo ed altresì il carattere non abituale della condotta.

[132]  Cass.,  Sez. 3, n. 13107/2020, rv. 279093.

[133] Cass., Sez. 3, n. 48315/2016, rv. 268498.

[134] Cass., Sez. 6, n. 6664 /2017, rv. 269543.

[135] Cass. Sez. 1, n. 1523/2019,  rv. 274794.

[136] Cass., Sez. 1, n. 55450/2017, rv. 271904.

[137] Cass., Sez. 6,  n. 12073/2020, rv. 278752.

[138] Cass., Sez. 1, n. 13630/2019, rv. 275242 – 02; per Cass. Sez. 1, n. 27246/2015, rv. 263925 “Il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità relativa al porto di oggetti atti ad offendere (nella specie un’ascia ed alcuni bastoni in legno e ferro) di cui all’art. 4, comma terzo legge 18 aprile 1975, n. 110 impedisce la declaratoria di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.”.

[139] Cass., Sez. 6, n. 44683/2015, rv. 265115.

[140] Cass., Sez. 6, n. 22523/2020, rv. 279563: in motivazione,  ha precisato che l’omesso versamento dell’assegno integra un reato “a consumazione prolungata”, caratterizzato dal fatto che ogni singolo inadempimento aggrava l’offesa al bene giuridico tutelato.

[141] Cass., Sez. 2, n. 23020/2016, rv. 267040 (fattispecie in tema di assegno stabilito anche per il mantenimento di figli minori).

[142] Cass., Sez. 2, n. 678/2020, rv. 277787.

[143]  Cass.,Sez. 3, n. 33414/2021, rv. 282328 (fattispecie relativa ad un fabbricato a due piani in cemento armato, in zona sismica e totalmente abusivo).

[144] Cass., Sez. 3, n. 47039/2015, rv. 265450.

[145] Cass. Sez. 3, n. 51489/2018, rv. 274108 ha ritenuto immune da vizi la decisione della Corte di appello che aveva escluso la causa di non punibilità suddetta in considerazione della grave compromissione conseguente a lottizzazione abusiva in zona vincolata.

[146]   Cass., Sez. 2, n. 16363/2019, rv. 276096;

[147] Cass.,Sez. 3, n. 51020/2015, rv. 265982 (fattispecie in cui la Corte ha escluso l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. per insussistenza dei presupposti sul piano oggettivo, con riferimento ad un omesso versamento quantificato nella somma complessiva di 255.486,00 euro).

[148] Cass., Sez. 3, n. 38488/2016, rv. 267945.

[149] Cass., Sez. 3, n. 5410/2020, rv. 278574 (fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui i giudici di merito avevano escluso la causa di non punibilità in considerazione del quantitativo di materiale pari a circa 5 mc. depositato su terreno pubblico e della consistenza dello stesso, trattandosi di acque residue da materiale da costruzione e demolizione, contenenti sabbia, polvere di cemento e piccoli frammenti di laterizio).

[150] Cass., Sez. 2, n. 49494/2019, rv. 277715; Cass., Sez. 6, n. 14791/2020, rv. 278850.

[151] Cass., Sez. 5, n. 15579/2017,  rv. 269424.

[152] Cass., SU, n. 53683/2017, rv. 271587; nello stesso senso, ma con richiami alla disciplina speciale, per converso, Cass., Sez. 5, n. 45996/2016.  Rv. 268144.  A fronte di un comune accertamento giudiziale della fattispecie concreta, per l’istituto del procedimento dinanzi al Giudice di Pace è  richiesta, tuttavia, la valutazione congiunta non solo dell’esiguità del danno o del pericolo, del grado di colpevolezza ma anche dell’occasionalità del fatto; inoltre, non vi  è limite  quoad poenam e rileva la sussistenza del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato, ossia la considerazione di interessi individuali “in conflitto” con l’istanza punitiva.

[153] Cass., SU, n. 53683/2017, rv. 271588.

[154] Cass., Sez. 6, n.  44627/2019, rv. 277215.

[155] Cass., Sez.  7, n. 41330/2017, rv. 271016.

[156] Cass., Sez. 1, n. 43700/2021, rv. 282214; Sez. 3, n. 27055/2015,  rv. 26388; Sez. 6 n. 11040/2016,  rv. 266505.

[157]  Cass., Sez. 3, n. 27982/2021, rv. 281711.

[158] Cass., Sez. 5 , n. 44118/2019, rv. 277847.

[159] Cass., Sez. 3, n. 42293/2022, rv. 283703.

[160] Cass., Sez. 3, n. 48248/2018, rv. 274420.

[161]  Cass., Sez. 5, n. 5433/2021, rv. 280409; Id. n. 6347/2017, rv. 269449.

[162] Cass. SU, n. 1368/2016,  rv. 266590.

[163] Cass., Sez. 7, n. 10481/2022, rv. 283044 ha ritenuto corretta la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità in conseguenza di lesioni stradali provocate dalla guida di un veicolo sprovvisto di assicurazione; Cass., Sez. 6, n. 55107/2018, rv. 274647 ha ritenuto corretta la mancata applicazione di tale causa di esclusione della punibilità in conseguenza della fuga dell’imputato subito dopo il fatto, senza che ciò si ponga in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, giustificata dalla successiva condotta processuale del predetto.

[164] Cass., Sez. 2, n. 37834/2020, rv. 280466 ha ritenuto corretta l’assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis c.p. dell’imputata che, a causa della grave difficoltà economica in cui versava e dell’esigenza di garantire a sé e ai figli minori una stabile situazione abitativa, aveva occupato abusivamente un alloggio di proprietà dello I.A.C.P. che aveva liberato, dopo circa un anno, appena trovato un lavoro.

[165] Cass., Sez. 4, n. 22381/2015, rv. 263496  ha escluso l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando dalla sentenza impugnata elementi indicativi della gravità dei fatti addebitati all’imputato, incompatibili con un giudizio di particolare tenuità degli stessi; Cass., Sez.3, n. 21474/2015, rv. 263693 ha escluso l’esistenza dei presupposti necessari per la configurabilità della causa di non punibilità, rilevando che l’omesso versamento all’Erario di una considerevole somma di denaro era incompatibile con un giudizio di particolare tenuità del fatto; Cass., Sez. 3, n. 24358/2015, rv. 264109 ha escluso l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando dalla sentenza impugnata come, in relazione ad una contravvenzione punita con pena alternativa e per la quale era stata inflitta solo l’ammenda, l’entità della sanzione irrogata, superiore al minimo edittale, fosse di per sé incompatibile con un giudizio di particolare tenuità;  Cass., Sez. 6, n. 39337/2015 rv. 264554  ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per consentire l’accertamento della tenuità del fatto relativamente al reato di rivelazione di segreto d’ufficio commesso da un ufficiale di polizia giudiziaria, dovendosi valutare comparativamente l’assenza di un interesse personale, l’eventuale sussistenza di motivi moralmente apprezzabili posti a fondamento della condotta, nonché la gravità della violazione degli obblighi gravanti sull’imputato; Cass., Sez. 3, n. 31932/2015,  rv. 264449 (fattispecie in tema di abbandono incontrollato di rifiuti non pericolosi, in cui la Corte ha escluso la sussistenza della causa di non punibilità rilevando che lo scarico dei rifiuti veniva effettuato su terreno di proprietà di soggetto estraneo al reato, in tal modo trasformando il terreno altrui in una discarica); Cass., Sez. F, n. 36500/2015, Rv. 264703 ha escluso l’esistenza dei presupposti necessari per la configurabilità della causa di non punibilità, rilevando dalla sentenza impugnata l’assenza di elementi indicativi di una modesta gravità dei fatti per cui era intervenuta condanna.

[166] Cass., Sez. 2, n. 41742/2015 rv. 264596 ha escluso l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando che il fatto era stato considerato dalla sentenza impugnata non episodico, né di modesto allarme.

[167] Cass., Sez. 3, n. 6870/2017, rv. 269160.

[168] Cass., Sez. 3, n. 47256/2015, rv. 265441; Cass., Sez. 6, n. 12541/2016, rv. 266918.

[169] Cass., Sez. 2, n. 32989/2015, rv 264223.

[170] Cass., Sez. 4,  n. 57355/2018, rv. 274948 (fattispecie relativa ad un unico episodio di cessione di sostanze stupefacenti in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva escluso che fosse integrata la condizione ostativa della abitualità, ritenendo irrilevanti le dichiarazioni rese dal cliente dell’imputato in ordine ad ulteriori fatti di cessione che non costituivano oggetto dell’imputazione).

[171] Cass., Sez. 4, n. 33821/2015, rv. 264357 ha annullato con rinvio una sentenza di condanna relativa al reato di cui all’art. 186, comma settimo, cod. strada, valorizzando la circostanza che questa aveva dato atto del “mancato riscontro di una condotta di guida concretamente pericolosa”.

[172]  Cass., Sez. 3 , n. 37390/2021, rv. 281970; per Cass. Sez. 5, n. 4298/2016, Rv. 266027  l’esclusione della particolare tenuità del fatto nel reato di diffamazione a mezzo stampa non è di per sé in contraddizione con l’applicazione della sola pena pecuniaria poiché, in tale ipotesi delittuosa, la scelta di non irrogare la pena detentiva è dettata dalla considerazione che quest’ultima esige la ricorrenza di circostanze eccezionali – secondo l’interpretazione della Corte EDU (cfr. sentenze 24 settembre 2013, Belpietro c. Italia; 22 aprile 2010, Fatallayev c. Azerbaigian e 6 dicembre 2007, Katrami c. Grecia) – sicché tale scelta denota non già un indice di tenuità del fatto, bensì solo la sua non particolare gravità.

[173] Cass., Sez. 2, n. 31861/2020, rv. 279818.

[174] Cass., Sez. 5 , n. 17246/2020,  rv. 279112.

[175] Cass., Sez. 6, n. 46255/2016,  rv. 268481 (fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna, per il reato di istigazione alla corruzione, che aveva escluso la sussistenza della causa di non punibilità in relazione alla condotta del guidatore che, al fine di sottrarsi all’accertamento dello stato di ebbrezza, offriva ai due agenti che lo sottoponevano a controllo la complessiva somma di 75 euro).

[176]  Cass., Sez. 6 , n. 18180/2019,  rv. 275940 (fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che, in riforma della sentenza di prime cure, aveva escluso la tenuità del fatto, assumendo che le modalità del fatto risultavano “non irrilevanti”, che la pericolosità dell’imputato era desumibile dalla “spregiudicatezza” della condotta, e che gli elementi valorizzati dal primo giudice risultavano connotati da “non marginale disvalore penale”, senza sostanziare di contenuto tali predicati).

[177] Cass. Sez. 5, n. 24780/2017 rv. 270033. L’idoneità della motivazione implicita è stata riconosciuta anche dalle Sezioni unite  “Tushaj” con cui la Corte ha rilevato come le valutazioni concernenti la non punibilità per tenuità del fatto involgono aspetti «che sono parte ineliminabile del giudizio di merito e che sono conseguentemente espresse in motivazione, magari in guisa implicita».

[178] Cass., Sez. 5, n. 45533/2016, rv. 268307.

[179] Cass. Sez. 4 , n. 27595/2022,  rv. 283420 (nella specie, relativa a illecita cessione di stupefacenti, la motivazione implicita circa l’assenza della particolare tenuità è stata desunta dalla diversa tipologia delle sostanze, suddivise in dosi, e dalla condizione dell’imputato quale soggetto munito di permesso di soggiorno per motivi umanitari allontanatosi dal luogo di residenza provvisoria per svolgere attività di spaccio).

[180] Cass., Sez. 3, n. 43604/2021, rv. 282097.

[181] Cass., Sez. 3, n. 14740/2020, rv. 279380.

[182]  Cass.,  Sez. 5, n. 49046/2017, rv. 271478: in applicazione del principio, la Corte ha annullato il decreto di archiviazione con cui il gip, senza motivare sull’inammissibilità dell’opposizione con riferimento alle ragioni del dissenso riferite alla tenuità del fatto, ha disposto “de plano” l’archiviazione, rilevata la mancanza di specifiche richieste di integrazione istruttoria.

[183] Cass. Sez. 4, n. 10402/2018,  rv. 272237.

[184]  Cass. Sez. 5, n. 26876/2016,  rv. 267261.

[185] Cass. Sez. 6, n. 46277/2016,  rv. 268269.

[186]  Cass., Sez. 2, n. 41104/2019, rv. 277044 per la quale la decisione del giudice non lede le prerogative della parte offesa, che può prendere visione degli atti e presentare opposizione, esprimendo dissenso rispetto alla richiesta di archiviazione.

[187] Cass., Sez. 5, n. 40293/2017, rv. 271010 (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto emessa in seguito all’udienza camerale fissata per l’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero fondata sull’inidoneità degli atti a sostenere l’accusa in giudizio); Cass., Sez. 6, n. 6959/2018, rv. 272483 (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto emessa a seguito dell’udienza camerale fissata a seguito dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione, nel corso della quale il gip aveva espressamente invitato le parti a prendere in esame anche il tema della possibile archiviazione ai sensi dell’art.131-bis c.p.); Cass. Sez. 5, n. 36857/2016, rv. 268323 (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziato il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto emesso a fronte della richiesta del pubblico ministero per insussistenza del reato); Cass., Sez. 6, n. 10455/2018, rv. 272247 (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto emessa in seguito all’udienza camerale fissata per l’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero fondata sull’inidoneità degli atti a sostenere l’accusa in giudizio).

[188] Cass., Sez. 4, n. 10209/2016, rv. 271362; Cass. Sez. 3, n. 5442/2018, rv. 272580.

[189] Cass., Sez. 1, n. 15272/2017, rv. 269464.  

[190] Cass., Sez. 5, n. 21409/2016,  rv. 267145.

[191] Cass. Sez. 2, n. 12305/2016, rv. 266493; Cass. Sez. 5,  n. 28660/2016, Rv. 267360 ha dichiarato la nullità della sentenza che, ritenendo erroneamente applicabile l’art. 129 c.p.p., aveva pronunciato il proscioglimento in presenza dell’opposizione del pubblico ministero.

[192] Cass.,  Sez. 2, n. 15838/2017, rv. 269860.

[193] Cass. Sez. 3, n. 47039/2015,  rv. 265447 ha ritenuto non sufficiente la notifica del decreto di citazione a giudizio, perché effettuata quando tale particolare esito del procedimento non era neppure prevedibile.

[194] Cass., Sez. 2, n. 6310/2016, rv. 266207.

[195]  Cass., Sez. 6, n.12541/2016, rv. 266918.

[196] Cass., Sez. 3 , n. 36687/2019, rv. 277666.

[197]  Cass., Sez. 1, n. 459/2021, rv. 280226.

[198] Cass., Sez. 5, n. 44128/2018, rv. 274176.

[199] Cass.,  Sez. 5, n. 44128/2018,  rv. 274176; Id., n. 7264/2016. rv. 265816.

[200] Cass., Sez. 5, n. 13801/2018, rv. 272838.

[201] Cass., Sez. 5, n. 21906/2018, rv. 273310.

[202]  Cass. Sez. 4 , n. 7675/2019, rv. 275267.

[203] Cass. Sez. 3, n. 3162/2020, rv. 278255.

[204] Cass., Sez. 2 , n. 35493/2019, rv. 276435.

[205] Cass.,  Sez. 3, n. 12724/2019, rv. 280945.

[206] Cass., Sez. 3 , n. 21019/2022, rv. 283468.

[207] Cass. Sez. 5 , n. 2727/2020, rv. 278557.

[208] Cass., Sez. 6 , n. 2175/2021, rv. 280707 per fattispecie in cui la richiesta di applicazione della causa di non punibilità era stata avanzata per la prima volta nella fase delle conclusioni orali del giudizio di appello.

[209] Cass.,  Sez. 4, n. 7675/2019.

[210] Cass., Sez. 3 , n. 6537/2021, rv. 281585.

[211]  Cass., Sez. 3, n. 8989/2020, rv. 278415 ha ritenuto immune da vizi l’ordinanza del tribunale del riesame che ha confermato il provvedimento di sequestro di un autocarro utilizzato per il trasporto non autorizzato di kg. 200 di rifiuti speciali non pericolosi, disattendendo la richiesta dell’indagato di ravvisare la suddetta causa di esclusione della punibilità.

[212] Cass. Sez. 3, n. 30685/2017, rv. 270247.

[213] Per Cass. Sez. 4, n. 9204/2018, rv. 272265 l’art. 131-bis c.p. esige un apprezzamento di merito, finalizzato al riscontro dei presupposti applicativi, incompatibile con la natura del rito.

[214] Cass.,  Sez. 4, n. 43874/2016, rv. 267926.

[215]  Cass., Sez. 1 , n. 48422/2019, rv. 277796.

[216]  Cass. Sez. 3, n. 34932/2015, rv. 264160; Cass., Sez. F, n. 40152/2015, rv. 2645731; Cass., Sez. 5, n. 40293/2016, rv. 268077; Cass., Sez. 6 , n. 9666/2022, rv. 282998.

[217] con la già richiamata sentenza n. 15449 del 2015,

[218] Cass., Sez. 6, n. 36518/2020; Cass., Sez. 4, n. 27241/2020; Cass., Sez. 2, , n. 35033/2020.

[219] Cass.,  Sez. F.  n. 32175/2020.

[220] Recchia, Il principio di proporzionalità nel diritto penale. Scelte di criminalizzazione e ingerenza nei diritti fondamentali, Torino, 2020

[221]  Cadoppi, “Too much criminal law”. Per una drastica riduzione della criminalizzazione, in  Studi Senesi,  2022, 1-33., il quale osserva: «Se si riservasse il diritto penale in senso stretto ad un limitato numero di fatti di rilevante gravità e intollerabilità sociale, ne guadagnerebbe l’intero sistema. Non si rischierebbe – come avviene attualmente – la banalizzazione anche dei reati più gravi, e l’intero meccanismo della giustizia penale acquisirebbe credibilità, e potrebbe puntare ad un’efficienza ben maggiore di quella attuale, come è noto ampiamente carente».

[222] Carrara, Programma del corso di diritto criminale. Parte generale, I, 7ª ed., Lucca, 1889, § 17, p. 72

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