Giuseppe De Luca, avvocato, professore emerito di Procedura penale all’Università La Sapienza di Roma[1], già professore di Procedura penale all’Università di Trieste e di Bologna, Università quest’ultima rimasta nei Suoi ricordi più cari, ha terminato il Suo cammino su questa terra nella sera di lunedì 13 ottobre 2024.

Nell’occasione del compleanno del Professore, a giugno, su questa rivista è stato pubblicato un Suo splendido scritto Gioco (e Processo).

Nel corso dell’estate, il Professore mi ha poi inviato le Sue profonde considerazioni e riflessioni sull’Autopoiesi, riflessioni che aveva voluto quindi rivedere e rielaborare con la precisione ed eleganza che lo contraddistingueva.

Avevo preparato, per la rivista, un breve scritto di presentazione del testo inviatomi.  Poi è arrivata la notizia. E oggi quelle poche righe mi sembrano incolori e del tutto inadatte a introdurre le Considerazioni critiche sul Principio dell’Autopoiesi del professor De Luca.

E non trovo pertanto modo migliore per introdurle che attraverso le stesse parole dell’Autore, e di cui alla missiva con la quale ha voluto accompagnare l’invio dell’elaborato; parole che mi hanno profondamente commosso e che – tanto è forte il messaggio – desidero condividere con tutta la redazione della rivista, e con i lettori, così da poterle, noi tutti, conservare come un bene prezioso:

«Cara amica, Le invio questo rielaborato, che ha la triste prerogativa di essere l’ultimo.

Ho lavorato in condizioni difficili, perché mi sono infortunato un ginocchio. Purtroppo la mia vita all’età di 99 anni è come una candela che va spegnendosi progressivamente, fino a ridursi a un lucignolo fumigante.

Spero che il mio ultimo respiro coincida con il mio ultimo pensiero e mi consenta di poter dire, secondo la frase di San Paolo: “Bonum certamen certavi”.

Con questa speranza la saluto con affetto! Giuseppe De Luca»

Nessun dubbio che la frase di San Paolo: “Bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi” ben si addica alla Tua vita terrena, gentile e caro Professore! Hai combattuto fino all’ultimo la buona battaglia, e hai conservato la fede; pur sentendo terminata la corsa, con lucidità e affetto ci hai voluto regalare ancora preziose e acute riflessioni, grandi pillole di saggezza. Grazie per gli insegnamenti di diritto e di vita!

Fai buon viaggio, Professore!


[1] L’attività scientifica di Giuseppe De Luca annovera studi pregevoli. Dalla monografia giovanile in materia cautelare sono scaturite due significative voci redatte per l’Enciclopedia del diritto, di recente – all’epoca – istituzione. Di notevole spessore la monografia su “I limiti soggettivi della cosa giudicata penale” (Milano, Giuffrè, 1963), con la quale l’autore anticipa di un decennio la giurisprudenza della Corte costituzionale che, in nome del diritto di difesa (art.24 comma 2 Cost.), ridimensiona considerevolmente l’effetto vincolante del giudicato penale in altri giudizi (penali ed extra-penali).

Sull’importanza dell’attività del professore De Luca nell’ambito della cultura processualpenalistica, si riporta un brano tratto da “Ossessioni inquisitorie nell’Italia repubblicana” del professore Renzo Orlandi, nel quale Giuseppe De Luca viene, a buon diritto, annoverato tra i grandi processualisti destinati ad avere un ruolo determinante nella cultura del diritto processuale penale e nella riforma del processo penale negli anni sessanta-ottanta del secolo scorso:

«L’opera riformistica di Carnelutti (ormai ultraottantenne) continua con la convocazione nel settembre del 1961 di un seminario di studio presso la fondazione Cini (isola di S. Giorgio, Venezia). Sono invitati magistrati e accademici esperti in procedura penale.

Dettaglio da non trascurare: è quello il periodo in cui il diritto processuale penale comincia ad affrancarsi effettivamente dal diritto penale. Crescono in tutta Italia cattedre dedicate alla procedura, coperte da studiosi che vi dedicano l’intero anno accademico e non più le ultime due o tre ore del corso, come quando la disciplina era impartita da cultori del diritto penale sostanziale. Sono presenti a Venezia alcuni seniores (Girolamo Bellavista, Gaetano Foschini, Alfredo De Marsico, Giuseppe Sabatini) e un gruppo di ‘giovani’ (trenta- quarantenni), destinati ad avere un ruolo determinante sia nella cultura processualistica, sia per le sorti della riforma negli anni successivi (Giovanni Conso, Franco Cordero, Giuseppe De Luca, Giandomenico Pisapia, Giuliano Vassalli).

Gli esiti di quell’incontro – alla presenza dell’allora ministro della giustizia Guido Gonella – sono raccolti nel volume “Primi problemi della riforma del processo penale”. Lettura istruttiva. Vi si scorgono i germi degli svolgimenti riformistici che caratterizzeranno la dottrina e la legislazione processualpenalistica dei decenni successivi.

Dall’iniziativa veneziana, infatti, scaturisce l’idea di una nuova commissione ministeriale per la riforma del processo penale. Nei primi mesi del 1962 Carnelutti incaricato da Gonella di presiederla, sceglierà come collaboratori alcuni dei partecipanti al citato convegno di Venezia (Conso, Cordero, De Luca, Vassalli, ai quali si aggiungerà anche Pietro Nuvolone). Nel settembre dello stesso anno Carnelutti sfornerà una versione pressoché definitiva del suo progetto di riforma».

CONSIDERAZIONI CRITICHE SUL PRINCIPIO DELL’AUTOPOIESI di Giuseppe De Luca

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