SOMMARIO: 1. Il nuovo “correttivo” al Codice della crisi d’impresa – 2. La domanda “prenotativa”: una maggiore flessibilità nella fase di accesso – 3. Le modifiche alla disciplina della proposta concordataria – 4. Ulteriori modifiche. – 5. I profili intertemporali.
1. Il nuovo “correttivo” al Codice della crisi d’impresa.
Prosegue la “tormentata” vicenda della disciplina contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Come è noto, infatti, il 15 luglio 2022, dopo oltre due anni di rinvii, è entrato in vigore il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, approvato con il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 e più volte modificato, prima con il c.d. Correttivo (d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147), poi con il d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83, di attuazione della Direttiva UE 20 giugno 2019, n. 1023.
Ora, il Legislatore torna nuovamente a correggere ed integrare molte disposizioni del Codice con un nuovo intervento Correttivo (da taluni definito ter), rappresentato dal d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136, pubblicato sulla G.U. n. 227 del 27 settembre 2024 ed entrato in vigore il giorno successivo.
Il nuovo intervento normativo si muove, da un lato, per correggere ed emendare talune disposizioni che avevano dato adito a dubbi nella prima giurisprudenza di merito applicativa o che erano apparsi comunque portatori di una formulazione lessicalmente migliorabile.
Dall’altro, l’intervento si muove lugo la direttrice di fornire maggiore coerenza complessiva alla disciplina, tenendo altresì conto degli obiettivi del PNRR nel frattempo perseguiti dal nostro ordinamento.
Sono pertanto certamente rafforzati alcuni principi generali, quali il dovere di buona fede e di leale collaborazione che, già applicabili al debitore che si accinge alla ristrutturazione della propria posizione debitoria ed ai suoi creditori, viene esteso anche ai terzi comunque interessati dall’operazione di ristrutturazione. Al tempo stesso, anche la direttrice dell’emersione tempestiva della crisi viene percorsa, in coerenza con le scelte unionali, attribuendo un potere di segnalazione (c.d. allerta interna) anche ai professionisti che operano la revisione contabile nell’impresa, il che colma una obiettiva lacuna rispetto a quelle imprese di dimensioni contenute per le quali non era obbligatoria la costituzione dell’organo di controllo.
Vi è poi una revisione dell’art. 6 in tema di prededuzione, come pure di talune disposizioni della composizione negoziata, essenzialmente rivolta a potenziarne l’utilizzo ed a chiarire che l’accesso a tale percorso negoziato di concertazione della soluzione della crisi fra imprenditore e suoi creditori non è escluso da situazioni di insolvenza che siano, tuttavia, ancora suscettibili di una ragionevole evoluzione, positiva (c.d. insolvenza reversibile).
In tal contesto, poi, sono certamente potenziati i diversi strumenti di regolazione della crisi, anche attraverso una diversa modulazione dell’istituto della transazione fiscale, mentre anche la materia del sovraindebitamento ha subito diverse modifiche al fine di meglio razionalizzare la disciplina, tenendo conto del fatto che essa ha perso la sua matrice extracodicistica (in precedenza rappresentata dalla l. n. 3 del 2012 e ss. modd.) per trovare un più coerente accoglimento all’interno del Codice, con una maggiore necessità di coordinamento con gli istituti previsti per le imprese “maggiori” (si pensi, solo per fare un esempio, al rapporto fra concordato minore e concordato preventivo o al pressoché totale apparentamento che la liquidazione controllata ha subito rispetto alla “sorella maggiore” liquidazione giudiziale).
Si tratta, perciò, certamente di un intervento ambizioso che, in questa sede, per evidenti ragioni di spazio, verrà affrontato unicamente con riguardo alle modifiche apportate alla disciplina del più importante fra gli strumenti regolatori, cioè al concordato preventivo. Naturalmente, le definizioni e gli aspetti non oggetti di modifiche, sono altresì dati per presupposti.
2. La domanda “prenotativa”: una maggiore flessibilità nella fase di accesso.
Solo apparentemente marginali, ma in realtà dense di portata applicativa, le modifiche e le integrazioni che il d.lgs. n. 136/2024 introduce nell’istituto del concordato preventivo.
In primo luogo, appare evidente l’attenzione del legislatore per la fase di accesso a questo strumento che, molto spesso, nella pratica avviene attraverso la richiesta di concessione di un termine per poter poi depositare il piano e la proposta concordataria vera e propria. Si tratta della domanda o accesso con riserva di cui all’art. 44 c.c.i.i., che ha preso il posto, fin dal 15 luglio 2022, del vecchio “concordato in bianco”.
Le modifiche riguardano quindi l’art. 44 c.c.i.i. in primis, ma anche il suo collegamento con il successivo art. 46, che diverse difficoltà interpretative avevano sollevato.
Vale la pena riportare il nuovo testo dell’art. 44, a confronto con la precedente “versione”, proprio per l’importanza della disposizione (in grassetto-corsivo le novità).
Testo iniziale | Testo modificato |
Art. 44. Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza con riserva di deposito di documentazione 1. Il debitore può presentare la domanda di cui all’articolo 40 con la documentazione prevista dall’articolo 39, comma 3, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi. In tale caso il tribunale pronuncia decreto con il quale: a) fissa un termine compreso tra trenta e sessanta giorni, prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi e in assenza di domande per l’apertura della liquidazione giudiziale, fino a ulteriori sessanta giorni, entro il quale il debitore deposita la proposta di concordato preventivo con il piano, l’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la documentazione di cui all’articolo 39, commi 1 e 2, oppure la domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, con la documentazione di cui all’articolo 39, comma 1, oppure la domanda di omologazione del piano di ristrutturazione di cui all’articolo 64- bis, con la documentazione di cui all’articolo 39, commi 1 e 2; b) nomina un commissario giudiziale, disponendo che questi riferisca immediatamente al tribunale su ogni atto di frode ai creditori non dichiarato nella domanda ovvero su ogni circostanza o condotta del debitore tali da pregiudicare una soluzione efficace della crisi. Si applica l’articolo 49, comma 3, lettera f); c) dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, sino alla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1, lettera a). Con la medesima periodicità, il debitore deposita una relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria che, entro il giorno successivo, è iscritta nel registro delle imprese su richiesta del cancelliere; d) ordina al debitore il versamento, entro un termine perentorio non superiore a dieci giorni, di una somma per le spese della procedura, nella misura necessaria fino alla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1, lettera a). | Art. 44. Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza con riserva di deposito di documentazione 1. Il debitore può presentare la domanda di cui all’articolo 40 con la documentazione prevista dall’articolo 39, comma 3, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi. In tale caso il tribunale pronuncia decreto con il quale: a) fissa un termine, decorrente dall’iscrizione di cui all’articolo 45, comma 2, compreso tra trenta e sessanta giorni e prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi comprovati dalla predisposizione di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza, fino a ulteriori sessanta giorni, entro il quale il debitore deposita la proposta di concordato preventivo con il piano, l’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la documentazione di cui all’articolo 39, commi 1 e 2, oppure chiede l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, con la documentazione di cui all’articolo 39, comma 1, oppure l’omologazione del piano di ristrutturazione di cui all’articolo 64-bis, con la documentazione di cui all’articolo 39, commi 1 e 2; b) nomina un commissario giudiziale, disponendo che questi riferisca immediatamente al tribunale su ogni atto di frode ai creditori non dichiarato nella domanda ovvero su ogni circostanza o condotta del debitore tali da pregiudicare una soluzione efficace della crisi e autorizza il commissario al compimento delle attività di cui all’articolo 49, comma 3, lettera f); c) dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, sino alla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1, lettera a). Con la medesima periodicità, il debitore deposita una relazione sulla situazione economico-patrimoniale e finanziaria che, entro il giorno successivo, è iscritta nel registro delle imprese su richiesta del cancelliere; d) idem 1-bis. Dalla data del deposito della domanda e sino alla scadenza del termine previsto dal comma 1, lettera a), si producono gli effetti di cui all’articolo 46. Per lo stesso periodo non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile, non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, e 2545-duodecies del codice civile. Resta ferma, per il periodo anteriore al deposito della domanda di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dall’articolo 20, l’applicazione dell’articolo 2486 del codice civile. 1-ter. Nell’ipotesi di cui al comma 1-bis, primo periodo, gli atti urgenti di straordinaria amministrazione compiuti in difetto di autorizzazione sono inefficaci e il tribunale revoca il decreto pronunciato ai sensi del comma 1. 1-quater. In deroga a quanto previsto dal comma 1-bis, primo periodo, il debitore può chiedere di giovarsi del regime dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza di cui intende avvalersi se, unitamente alla domanda di cui al comma 1 o anche successivamente, deposita un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza redatto in conformità alle disposizioni che disciplinano lo strumento prescelto. […] |
Le novità richiamate ruotano essenzialmente su tre profili[1]:
a) l’art. 44 viene limitato alla fase “prenotativa”, nella quale non vi è stato ancora il deposito del piano e della proposta e, a ben vedere, non è neppure necessaria una scelta definitiva dello strumento utilizzabile, posto che la domanda con riserva potrebbe sfociare, sia nella richiesta di ammissione al concordato preventivo “pieno” (cioè integrato dalla documentazione inizialmente mancante), sia nella richiesta di omologazione dell’accordo di ristrutturazione sia, come noto, nella richiesta di ammissione al c.d. PRO (piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione); al contempo l’art. 46 resta a disciplinare la gestione dell’impresa e le autorizzazioni nella fase di concordato preventivo “pieno”;
b) viene assegnato un ruolo centrale al progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai fini della possibilità di proroga del termine inizialmente concesso (nella pratica quasi sempre nella misura massima di 60 gg., prorogabili appunto sino a complessivi 120 gg.); nulla vieta, peraltro, che detto progetto venga presentato sin dall’inizio e non soltanto al momento della proroga, così da operare una sorta di discovery anticipata delle intenzioni del debitore; del resto, occorre notare, se un simile progetto – che sottintende una cultura di programmazione e di tempestiva adozione delle iniziative per fronteggiare la crisi o l’insolvenza da parte dell’imprenditore – è richiesto anche nella composizione negoziata, non è fuori luogo pretenderne la redazione anche in questa sede, quantomeno al fine di comprovare il progresso delle iniziative prescelte per operare il tournaraund aziendale;
c) viene altresì previsto un regime autorizzatorio e di gestione dell’impresa durante l’accesso con riserva coerente con lo strumento che si è scelto di utilizzare conformemente al progetto depositato; se, infatti, il nuovo comma 1 ter delinea un regime ordinario coerente con una proposta di tipo concordatario, prevedendo l’inefficacia degli atti non autorizzati e, in tal caso, la revoca del decreto di assegnazione del termine, il successivo comma consente al debitore di “scegliere” un diverso regime gestorio – più libero – qualora proponga l’utilizzo di uno strumento giudiziario meno “invasivo”, quale l’accordo di ristrutturazione o il PRO (nel primo caso fruendo di fatto di una piena capacità, paragonabile all’imprenditore in bonis, nel secondo potendo operare liberamente ma con possibilità di opposizione del commissario giudiziale ad atti di straordinaria amministrazione incoerenti con la soluzione della crisi o, peggio, dannosi per i creditori); naturalmente, si dovrà accertare in concreto che la nuova facoltà introdotta dal comma 1 quater non venga utilizzata in modo abusivo, così come l’eventuale verificarsi di situazioni limite, caratterizzate da “ripensamenti” contradditori, pure astrattamente possibili, fra strumenti eterogenei o, ancora, passaggi da gestioni “libere” a situazioni di spossessamento minore, che dovranno essere governati tenendo ben presente il principio di buona fede ed i doveri più generali imposti dall’art. 4 c.c.i.i [2].
3. Le modifiche alla disciplina della proposta concordataria
Le novità apportate dall’ultimo Correttivo riguardano, ancora, una norma centrale come l’art. 47 c.c.i.i. in tema di ammissione allo strumento concordatario. In questo caso, il legislatore del correttivo si preoccupa di chiarire che il vaglio del tribunale deve riguardare, sin da subito, “la corretta formazione delle classi”; aspetto che rileva con particolare riguardo per il concordato in continuità, nel quale il Codice della crisi impone il classamento di tutti i creditori quale adempimento preliminare non solo ai fini della loro votazione, ma anche allo scopo di consentire quella che la Direttiva 1023/2019 definisce “cross class cram down”, ossia la ristrutturazione trasversale richiesta quando, nella tipologia concordataria in continuità, manchi l’adesione della totalità delle classi (su tale aspetto di ritornerà in relazione all’art. 112 c.c.i.i.). Sempre nell’art. 47 si chiarisce che l’obbligo di rendicontazione mensile che il debitore deve fornire, a tutela dell’interesse dei creditori e al fine di consentire di verificare l’eventuale distonia fra realtà ed assunzioni del piano industriale, prosegue anche a seguito dell’ammissione allo strumento e non nella sola fase con riserva.
Anche una norma come l’art. 84 c.c.i.i. nel quale troviamo “scolpita” la distinzione fra concordato in continuità (diretta o indiretta) e concordato liquidatorio, oltre che con assuntore, non è andata esente da modifiche. Al comma 1 si inserisce l’espressione “anche con cessione dei beni”, per chiarire che tale modalità è pur sempre una forma di liquidazione del patrimonio. La novità di maggiore interesse è data però dalla riscrittura del comma 6, così come segue.
Testo iniziale | Testo modificato |
6. Nel concordato in continuità aziendale il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; per il valore eccedente quello di liquidazione è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore. | 6. Nel concordato in continuità aziendale il valore di liquidazione di cui all’articolo 87, comma 1, lettera c), è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione e di quanto previsto al comma 5 del presente articolo. Per il valore eccedente quello di liquidazione, ai fini del giudizio di omologazione, è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore. Le risorse esterne possono essere distribuite in deroga alle disposizioni di cui al primo e secondo periodo del presente comma. |
La novità si apprezza ponendola in relazione con la definizione di valore di liquidazione di cui all’art. 87, comma 1, lett. c), che sino ad ora aveva dato luogo a divergenze interpretative. Si tratta di un concetto che, come intuibile, risulta molto rilevante nel “nuovo” concordato preventivo, in quanto ad esso si ricollega non soltanto una generica valutazione di convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria, ma lo stesso rileva anche ai fini della legittimità del trattamento riservato ai creditori nelle ipotesi in cui il tribunale debba procedere al cram down ovvero verificare la modalità di distribuzione del c.d. “surplus” concordatario, nel caso in cui il debitore scelga di offrire un trattamento basato sul principio della relative priority rule.
La nuova definizione di valore di liquidazione, contenuta al cit. art. 87, fa riferimento “al valore realizzabile, in sede di liquidazione giudiziale, dalla liquidazione dei beni e dei diritti, comprensivo dell’eventuale maggior valore economico realizzabile nella medesima sede dalla cessione dell’azienda in esercizio nonché delle ragionevoli prospettive di realizzo delle azioni esperibili, al netto delle spese”.
Tale inserimento persegue essenzialmente una finalità di chiarezza[3]: si stabilisce infatti che in tale valore rientra quanto è ragionevolmente ottenibile con le azioni esperibili dal curatore (si pensi ad un’azione di responsabilità verso i sindaci e gli amministratori, oppure all’esito ragionevolmente favorevole di una o più revocatorie…). Più complesso il riferimento al valore dell’azienda in esercizio, laddove il going concern sia stato definitivamente perduto e la soluzione concordataria non possa che passare, in tutto o in parte, attraverso uno smembramento dell’azienda e – quantomeno in parte – per una cessione atomistica di beni strumentali e merci di magazzino. Il valore di liquidazione è destinato a rilevare anche per l’attestazione resa dal professionista indipendente, sotto molteplici profili (ad es. nel concordato con continuità aziendale, “che il piano è atto a impedire o superare l’insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell’impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale” ex art. 87 co. 3; oppure l’attestazione specifica di cui all’art. 88 in caso di transazione fiscale).
Da notare anche la nuova previsione, nell’art. 85 dedicato alla formazione delle classi, circa l’obbligo di classare separatamente “le imprese titolari di crediti chirografari derivanti da rapporti di fornitura di beni e servizi, che non hanno superato, nell’ultimo esercizio, almeno due dei seguenti requisiti: un attivo fino a euro cinque milioni, ricavi netti delle vendite e delle prestazioni fino a euro dieci milioni e un numero medio di dipendenti pari a cinquanta”. Pur essendo la modifica in astratto molto rilevante, in quanto è palese il riferimento dimensionale alla definizione unionale delle P.M.I., la struttura tradizionalmente “polverizzata” ed a base famigliare delle imprese italiane fa sì che, in concreto, l’esigenza di classamento separato delle imprese creditrici di dimensioni superiori rispetto a quelle “minori” (come a contrario si ricava dalla norma) non sia così frequente.
4. Ulteriori modifiche.
Tralasciando in questa sede ulteriori emende ad errori materiali, così come lo spostamento di disposizioni per migliorare l’aspetto formale-sistematico del codice, si vuole qui portare l’attenzione su tre ulteriori novità apportate dall’ultimo Correttivo.
La prima, attraverso l’introduzione di un nuovo art. 93 bis c.c.i.i., intende chiarire che anche i decreti del giudice delegato e del tribunale, adottati nell’ambito del concordato preventivo, sono reclamabili ai sensi dell’articolo 124, mentre gli atti e le omissioni del commissario o del liquidatore giudiziale sono reclamabili ai sensi dell’articolo 133, sostituito all’espressione “curatore” quella di “commissario” o “liquidatore giudiziale”[4].
La seconda riguarda una modifica all’art. 112 c.c.i.i. in tema di ristrutturazione trasversale che, come già accennato, aveva interrogato gli operatori.
Testo iniziale | Testo modificato |
2. Nel concordato in continuità aziendale, se una o più classi sono dissenzienti, il tribunale, su richiesta del debitore o con il consenso del debitore in caso di proposte concorrenti, omologa altresì se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; b) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall’articolo 84, comma 7; c) nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito; d) la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione. | 2. Nel concordato in continuità aziendale, se una o più classi sono dissenzienti il tribunale, su richiesta del debitore o, in caso di proposte concorrenti, con il suo consenso quando l’impresa non supera i requisiti di cui all’articolo 85, comma 3, secondo periodo, omologa altresì se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) il valore di liquidazione, come definito dall’articolo 87, comma 1, lettera c), è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; b) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore fermo restando quanto previsto dall’articolo 84, comma 7; c) nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito; d) la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori: 1) ai quali è offerto un importo non integrale del credito; 2) che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte qualora si applicasse l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione. |
Il chiarimento principale riguarda il significato da attribuire all’espressione “in mancanza”, che non dovrebbe essere collegato – come qualcuno aveva sostenuto a fronte di un testo suscettibile di più letture possibili – all’ipotesi in cui non sia raggiunta l’unanimità delle classi favorevoli, bensì al caso di mancato raggiungimento della maggioranza delle classi favorevoli, ciò che renderebbe possibile l’approvazione della proposta concordataria con il solo voto favorevole di una classe, pur se variamente qualificata. Si tratta di un aspetto di rilievo, già oggetto nella prassi di diversificate soluzioni, in quanto una diversa lettura della disposizione in esame è tale spostare l’ago della bilancia della nuova ristrutturazione concordataria fra effettiva (e tradizionale) base convenzionale, oppure puramente legale, così come ridisegnata dal Codice della crisi.
La terza modifica di rilievo riguarda l’inserimento di un nuovo art. 118 bis che consente modificazioni del piano successivamente alla omologazione, secondo un modello procedimentale già applicato agli accordi di ristrutturazione dei debiti (vds. art. 58 co. 2 c.c.i.i. e, in precedenza, art. 182 bis co. 8 come novellato dal d.l. n. 118/2021, conv. con modd. dalla l. n. 147/2021). Tali modifiche del piano si caratterizzano per essere: a) necessarie; b) sostanziali; c) funzionalmente rivolte all’adempimento della proposta iniziale. La modifica che si vuole apportare deve, inoltre, essere accompagnata da una relazione di attestazione di un professionista indipendente, (la norma parla di “rinnovo” dell’attestazione) ed il meccanismo di approvazione è basato su una sorta di silenzio-assenso procedimentale, che non richiede la ripetizione delle votazioni, in quanto la modifica, una volta pubblicata sul registro delle imprese, può essere opposta dai creditori entro 30 gg., dopo di che è sottoposta al vaglio del tribunale nelle forme dell’art. 48 c.c.i.i.).
Alcuni interventi non secondari sono stati apportati anche all’art. 88 c.c.i.i., in primo luogo chiarendo, con un incipit meno ambiguo, che la transazione fiscale è compatibile anche con il concordato preventivo in continuità. A riprova di ciò il comma 2 specifica che “l’attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti tributari e contributivi, ha ad oggetto anche, nel concordato liquidatorio, la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore dei medesimi crediti rispetto alla liquidazione giudiziale”.
Viene poi distinta l’operatività del cram down a seconda della natura, liquidatoria o in continuità del piano concordatario.
Nel primo caso, “il tribunale omologa il concordato anche in mancanza di adesione, che comprende il voto contrario, da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o, assistenza e assicurazioni obbligatorie quando” a) l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 109, comma 1; b) il trattamento è conveniente rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale.
Nel caso di concordato in continuità, invece, il tribunale omologa se a) “ferme restando le altre condizioni previste dall’articolo 112, comma 2”; b) il trattamento non è deteriore rispetto a quello ritraibile dal creditore erariale nell’alternativa della liquidazione giudiziale.
Si specifica poi, superando una diatriba formatasi nella giurisprudenza di merito, che nel caso di ristrutturazione trasversale di cui all’art. 112, comma 2 c.c.i.i., per potersi applicare il cram down l’adesione della parte pubblica deve essere determinante al fine di raggiungere la maggioranza delle classi aderenti alla proposta di concordato, mentre nell’ipotesi alternativa dell’omologazione “trasversale” con una sola classe privilegiata aderente, il cram down non può surrogare tale condizione ed il voto favorevole dell’erario deve essere comunque espresso[5].
5. I profili intertemporali.
Il d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136, intitolato alle “Disposizioni integrative e correttive al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo del 12 gennaio 2019, n. 14” è stato, come noto, pubblicato sulla G.U. n. 227 del 27 settembre 2024 ed è entrato in vigore il giorno successivo, 28 settembre 2024.
Il Correttivo contiene una disposizione volta a regolare i profili di diritto intertemporale relativi alla sua applicabilità, problematica certamente particolarmente sentita nella pratica, soprattutto con riguardo ai procedimenti ed alle procedure concorsuali pendenti.
L’art. 56 afferma, in primo luogo, la regola generale dell’entrata in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione (e quindi dal 28 settembre 204).
Contiene poi alcune disposizioni più specifiche.
I commi 2 e 3 riguardano, in particolare, la composizione negoziata, laddove affermano che “Le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 9, lettera b), numero 3), del presente decreto si applicano alle trattative avviate con istanza depositata ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 14 del 2019 successivamente alla data della sua entrata in vigore. Le disposizioni di cui agli articoli 16, comma 6, 17, comma 1, lettera a), e 21, comma 4, del presente decreto si applicano alle proposte di transazione presentate successivamente alla data della sua entrata in vigore”.
Aggiunge poi la norma che “Salva diversa disposizione, il presente decreto si applica alle composizioni negoziate, ai piani attestati di risanamento, ai procedimenti instaurati ai sensi dell’articolo 40 del decreto legislativo n. 14 del 2019, agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, alle procedure di liquidazione giudiziale, liquidazione controllata e liquidazione coatta amministrativa nonché ai procedimenti di esdebitazione di cui al medesimo decreto legislativo n. 14 del 2019 e alle procedure di amministrazione straordinaria pendenti alla data della sua entrata in vigore e a quelli instaurati o aperti successivamente”.
La lettura apparentemente piana della norma, nel senso dell’immediata operatività delle nuove disposizioni anche “in corsa”, nell’ambito di procedimenti già pendenti, ha però sollevato taluni interrogativi.
Mentre il rilievo circa il mancato richiamo alla ristrutturazione dei debiti del consumatore ed al concordato minore potrebbe essere superabile, nel caso in cui si ritenga che detti istituti rientrino nella più generale categoria degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, l’immediata applicabilità delle nuove disposizioni porta con sé un possibile dubbio circa la retroattività delle nuove norme, anche a segmenti procedimentali già compiuti nel vigore delle disposizioni ante-correttivo, ovvero relativi alla prevalenza del principio del tempus regit actum, con l’ulteriore esigenza, in tal caso, di distinguere fra norme processuali e disciplina sostanziale dei diversi istituti[6].
Va peraltro segnalato che, subito dopo l’entrata in vigore del nuovo Correttivo, il legislatore è nuovamente intervenuto, proprio con riferimento all’art. 56 cit., con una disposizione di interpretazione autentica.
Il d.l. 29 novembre 2024, n. 178, ha così disposto – con l’art. 8, comma 1 – che “l’articolo 56, comma 4, del decreto legislativo 13 settembre 2024, n. 136, si interpreta nel senso che l’applicabilità delle disposizioni introdotte dallo stesso decreto legislativo n. 136 del 2024 alle composizioni negoziate, ai procedimenti di cui all’articolo 40 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ai procedimenti di esdebitazione e alle procedure pendenti non richiede il rinnovo, la modifica o l’integrazione degli atti compiuti prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 136 del 2024 e sono fatti salvi i provvedimenti adottati”.
[1] La relazione tecnica di accompagnamento afferma che “si allinea la lettera a) del comma 1, alle modifiche apportate all’articolo 46, dal quale è stato espunto il riferimento alla domanda prenotativa per le ragioni, di natura sistematica di cui si dirà di seguito. L’allineamento avviene inserendo la puntualizzazione sugli effetti connessi al deposito della domanda prenotativa nell’ambito di una fase del procedimento unitario che non necessariamente conduce al concordato preventivo e contemporaneamente chiarendo che l’articolo 46 è norma di per sé destinata a operare solo con riferimento alla domanda “piena” che sia volta a ottenere l’apertura della procedura di concordato. In questo modo, se il debitore, proponendo la domanda ex articolo 40 con riserva di presentare la proposta, il piano e gli accordi (la “domanda ex articolo 44”, infatti, come tale non esiste, essendo la medesima domanda che si propone col ricorso previsto all’articolo 40, senza il deposito della documentazione completa), non sceglie lo strumento, il regime applicabile è quello, più rigido, del concordato preventivo”.
[2] Il d.lgs. n. 136/2024 ha inteso generalizzare i doveri di collaborazione e di buona fede previsti dall’art. 4, estendendoli a tutti i soggetti comunque interessati dalla ristrutturazione. Il primo comma, così come modificato, prevede, infatti, che “Nella composizione negoziata, nel corso delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, il debitore, i creditori e ogni altro soggetto interessato devono comportarsi secondo buona fede e correttezza”. Del pari, anche l’ultimo comma dell’art. 4 è divenuto “4. I creditori e tutti i soggetti interessati alla regolazione della crisi e dell’insolvenza hanno il dovere di collaborare lealmente con il debitore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dall’autorità giudiziaria e amministrativa e di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 16, commi 5 e 6”.
[3] La relazione tecnica di accompagnamento afferma che (si) “sostituisce la lettera c) del comma 1 dell’articolo 87 al fine di inserire, come anticipato, la definizione di valore di liquidazione. Tale valore viene individuato come quello realizzabile, nell’ambito della liquidazione giudiziale, dalla liquidazione dei beni e dei diritti e si precisa altresì che in esso debba essere ricompreso anche il maggior valore economico, realizzabile sempre in sede di liquidazione giudiziale, collegato alla cessione dell’azienda in esercizio, laddove possibile. Si chiarisce infine che, nel determinare il valore di liquidazione, occorre tener conto anche del possibile e ragionevole esito positivo di azioni recuperatorie o risarcitorie collegate alla liquidazione giudiziale (come, ad esempio, le azioni revocatorie e le azioni di responsabilità promosse dal curatore), al netto delle relative spese”.
[4] Il dubbio era stato sollevato, fra l’altro, da Sez. 1, ord. n. 12523 del 08/05/2024, Rv. 670980 – 01, ove aveva stabilito che il reclamo previsto dall’art. 124 del d. lgs. n. 14 del 2019 (Codice della crisi d’impresa), a differenza delle norme contenute negli artt. da 40 a 53 dello stesso codice, che regolano in linea generale il procedimento unitario per l’accesso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, riguarda la procedura di liquidazione giudiziale e non può essere esteso o applicato in via analogica a procedure di diversa natura, in mancanza di uno specifico richiamo normativo.
[5] Nella giurisprudenza di merito può ricordarsi Trib. Genova, 17 giugno 2024, secondo cui “con riferimento alla avvenuta approvazione di un concordato in continuità aziendale da parte di tutte le classi, come richiesta dall’art. 109, comma 5, C.C.I. a fini omologatori, le due ipotesi di cui alla lettera d) del comma 2 dell’art. 112 C.C.I. per potersi, in mancanza, comunque addivenire, qualora ricorrano le altre condizioni previste dalle lettere a), b) e c), all’omologazione eteronima di detto concordato da parte dell’autorità giudiziaria (lettera che recita: “la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione”), come ben argomentato dal Tribunale di Bergamo, 11 aprile 2023, sono chiaramente alternative fra loro e il caso della classe “svantaggiata” (o “interessata” a secondo dell’orientamento) permette proprio di intervenire, in una ideale graduazione, quando anche la maggioranza non è raggiunta, in quanto fornisce una soluzione per detta ipotesi che permette di non dover ricorrere all’applicazione estensiva di uno strumento che trae le proprie origini nel contesto del concordato liquidatorio, tutto incentrato sul prevalere della maggioranza, laddove il concordato in continuità dovrebbe appunto caratterizzarsi per l’unanimità delle classi, ragion per cui non può essere accolta la tesi secondo la quale il cram down fiscale e previdenziale, come previsto dall’art. 88, comma 2 bis, C.C.I., potrebbe servire a realizzare i presupposti della c.d. ristrutturazione trasversale e, quindi, a consentire l’omologazione del concordato in continuità aziendale anche in presenza dell’approvazione da parte di una sola classe di creditori”.
[6] Si può ricordare come il S.C. abbia cercato di risolvere, recentissimamente, un analogo dubbio in relazione alle modifiche che l’ordinamento aveva apportato alla legge n. 3/2012 – in tema di sovraindebitamento – attraverso l’entrata in vigore della legge n. 176/2020, di conversione del c.d. d.l. Ristori. Cass. sez. I, 23 dicembre 2024, n. 34133, in corso di massimazione, ha affermato che “Le modifiche apportate alla legge n. 3 del 2012, in virtù dell’art. 4-ter, comma 2, del d.l. n. 137 del 2020, convertito con modifiche dalla legge n. 176 del 2020, si applicano anche alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento pendenti alla data del 25 dicembre 2020; tuttavia, la possibilità accordata al debitore di presentare, nei procedimenti di omologazione degli accordi e dei piani del consumatore pendenti, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di una nuova proposta di accordo o di un nuovo piano del consumatore, redatti in conformità a quanto previsto dallo stesso articolo, può essere esercitata unicamente fino all’udienza ex art. 10 della legge n. 3 cit., sicché, ove tale udienza sia stata già tenuta, la presentazione di detta istanza non è ammissibile”. La decisione si segnala in quanto cerca di contemperare l’immediata operatività delle nuove disposizioni con la consumazione di facoltà processuali previste dalle nuove norme.