1. Il problema

Le Sezioni Unite Civili della Cassazione erano state chiamate a pronunciarsi, a seguito dell’ordinanza interlocutoria n. 16166/2023, sulla interpretazione dell’art. 108, comma 2, l.fall. e sulla sua applicabilità in caso di subentro del curatore nel contratto preliminare di compravendita immobiliare trascritto, nell’ipotesi in cui l’immobile sia destinato a casa di abitazione del contraente in bonis. L’ordinanza della Prima sezione, inoltre, interpellava il supremo organo di nomofilachia su di un più generale problema ermeneutico: quello relativo alla possibilità di invocare le soluzioni accolte dal nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza (che come noto è entrato in vigore il 15 luglio 2022 ed ha una disciplina intertemporale nel segno della irretroattività ex art. 390 c.c.i.) pur a fronte di fattispecie soggette alla vigenza della legge fallimentare. Il dubbio, in particolare, riguardava la possibilità di invocare – anche in una procedura fallimentare aperta prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice – quanto previsto dall’art. 173, comma 4, c.c.i., a tenore del quale “Nei casi di subentro del curatore nel contratto preliminare di vendita, l’immobile è trasferito e consegnato al promissario acquirente nello stato in cui si trova. Gli acconti corrisposti prima dell’apertura della liquidazione giudiziale sono opponibili alla massa in misura pari alla metà dell’importo che il promissario acquirente dimostra di aver versato. Il giudice delegato, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, ordina con decreto la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo”.

2. I principi espressi da Cass. S.U. 19 marzo 2024, n. 7337

Con la sentenza n. 7337 del 19 marzo 2024 (Pres. P. D’Ascola; Rel. F. Terrusi), le Sezioni Unite della S.C. hanno inteso dare risposta ad entrambe le problematiche sollevate dall’ordinanza interlocutoria, enunciando i seguenti principi di diritto:

“L’art. 108, comma 2, l.fall. prevede il potere purgativo del giudice delegato in stretta ed esclusiva consonanza con l’espletamento della liquidazione concorsuale dell’attivo (disciplinata nella sezione II del capo VI della medesima normativa) secondo le alternative indicate nell’art. 107 l.fall., perché in essa il curatore esercita la sua funzione secondo il parametro di legalità dettato nell’interesse esclusivo del ceto creditorio mediante gli appositi procedimenti destinati al fine; al contrario, va escluso che la norma possa essere applicata – e il potere purgativo esercitato dal giudice delegato – nei diversi casi in cui il curatore agisce, ex art. 72, ult. comma, l.fall. quale semplice sostituto del fallito nell’adempimento di obblighi contrattuali da questo assunti con un preliminare di vendita. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito con cui era stato autorizzato il curatore, subentrato al fallito nel preliminare di compravendita trascritto anteriormente all’apertura del fallimento, a stipulare il contratto definitivo, cancellando altresì l’ipoteca gravante sull’immobile, destinato ad abitazione principale del promissario acquirente)”

“In tema di cancellazione dei gravami da parte del giudice delegato ex art. 108, comma 2, l.fall. (ratione temporis applicabile), la soluzione accolta dall’art. 173, comma 4, del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza si pone in discontinuità rispetto alla regolamentazione contenuta nella legge fallimentare e non può, pertanto, essere utilizzata al fine di estendere detto potere purgativo al di là delle ipotesi di liquidazione dell’attivo fallimentare ivi previste, considerato altresì che l’interpretazione di una disposizione di legge, anche ove intesa in senso evolutivo, non può che trovare un limite nel significante testuale della disposizione normativa che il legislatore ha posto”.

3. La vicenda processuale

I fatti di causa da cui origina la decisione delle S.U. di cui in premessa sono i seguenti.

Un promissario acquirente aveva stipulato con una società cooperativa di costruzioni un contratto preliminare (rectius preliminare di atto di assegnazione a socio di cooperativa edilizia), trascritto nei registri immobiliari in data 11/10/2017, avente ad oggetto una unità immobiliare sita in Brianza. In precedenza, la società cooperativa aveva contratto un mutuo fondiario con rogito del 05/10/2006, dell’importo di euro 3.024.000#, la cui ipoteca (iscritta presso la Conservatoria RR.II. di Milano in data 30/10/2006) era stata in seguito oggetto di frazionamento, finendo per gravare sul menzionato immobile per la quota già frazionata di euro 220.000. La mutuante aveva, quindi, promosso azione esecutiva sull’immobile concesso in garanzia con atto di pignoramento notificato il 26/06/2018, trascritto presso la Conservatoria RR.II. di Milano il 17/07/2018 e, successivamente, la debitrice era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Milano.

Con decreto in data 14/10/2020, il G.d. del Tribunale di Monza ha autorizzato il curatore a subentrare, ex art. 72, ultimo comma, l.fall. nel contratto preliminare di assegnazione a favore del promissario acquirente che, da quanto si evince da ricorso, aveva già integralmente versato il prezzo di acquisto prima della dichiarazione di fallimento. Il medesimo decreto ha altresì disposto la cancellazione dei gravami esistenti sulla detta unità immobiliare.

La cessionaria del credito ipotecario proponeva reclamo ex art. 26 l.fall. nei confronti di detto decreto, gravame che è stato respinto dal Tribunale di Monza, con provvedimento in data 13/01/2021 (successivamente oggetto di correzione di errore materiale con ordinanza 11/02/2021 in relazione al capo, qui privo di rilievo, delle spese).

La soccombente ha quindi proposto ricorso per Cassazione sulla scorta di un unico, composito, motivo di doglianza, deducendo la violazione degli artt. 72 e 108 l.fall., anche in relazione all’art. 2645 bis c.c., nonché per violazione degli artt. 2808, 2878 e 2882 c.c., lamentando che erroneamente il decreto impugnato aveva qualificato il contratto definitivo concluso in esecuzione del preliminare trascritto ex art. 72, ultimo comma, l.fall. come “vendita concorsuale” e che, pure erroneamente, il subentro del curatore in tale contratto pendente era stata definita “vendita concorsuale”; inoltre si è dedotto che il richiamo alla tutela della casa di abitazione doveva ritenersi improprio ove invocato quale ragione di prevalenza sui diritto del creditore ipotecario, risultando altresì infondato il richiamo alla nuova disciplina del Codice della crisi di impresa nella concreta vicenda affrontata; la decisione aveva inoltre violato – secondo parte ricorrente – il diritto di “sequela” riconosciuto al creditore ipotecario dall’art. 2808 c.c., aggiungendo ope judicis una nuova ipotesi di cancellazione dell’ipoteca  rispetto a quelle tassativamente previste negli artt. 2878 e 2882 c.c.

Si sono costituiti con controricorso sia l’assegnatario che il Fallimento della società coop. edilizia in liquidazione.

All’esito dell’adunanza in camera di consiglio del 12 maggio 2023 è stata emessa l’ordinanza interlocutoria n. 16166/2023, dep. il 08/06/2023, con la quale si è rilevato un contrasto fra la soluzione applicata da Cass. n. 3310/2017 e la pronuncia resa da Cass. n. 23139/2020, secondo cui la necessaria competizione nell’ambito di una procedura pubblica di dismissione del bene, che muova da un prezzo di stima e favorisca la massima partecipazione ed informazione di soggetti potenzialmente interessati, rappresenta il presupposto e giustifica l’effetto purgativo delineato dall’art. 108, comma 2, l.fall.

4. Il contenuto della decisione

Vediamo in sintesi il percorso argomentativo seguito dalla decisione in commento.

Le S.U. hanno in primo luogo rilevato che il settimo comma dell’art. 72 prevede che, a fronte di un preliminare trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., ove vi sia stato lo scioglimento da parte del curatore, “l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis c.c. a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento”.  Occupandosi poi degli eventuali profili di contrasto fra tale privilegio speciale e la garanzia ipotecaria gravante sull’immobile, il S.C. da tempo ha stabilito che il privilegio speciale che assiste ex art. 2775-bis c.c. i crediti del promissario acquirente, conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. deve ritenersi subordinato a una particolare forma di pubblicità costitutiva (c.d. privilegio iscrizionale), con la conseguenza che lo stesso resta sottratto alla regola generale di prevalenza del privilegio sull’ipoteca, sancita, se non diversamente disposto, dal secondo comma dell’art. 2748 c.c., seguendo invece i principi in tema di ordine cronologico delle trascrizioni. Pertanto, nel caso in cui il curatore del fallimento della società costruttrice dell’immobile scelga lo scioglimento del contratto preliminare (ai sensi dell’art. 72 l.fall.), il conseguente credito del promissario acquirente per la restituzione di caparre o acconti, benché assistito da privilegio speciale, è collocato in grado inferiore rispetto a quello dell’istituto di credito che, precedentemente alla trascrizione del contratto preliminare, abbia iscritto sull’immobile stesso ipoteca a garanzia del finanziamento concesso alla società costruttrice (vds. in tal senso Sez. U, sent. n. 21045 del 01/10/2009, Rv. 609335 – 01; Sez. 1, sent. n. 4195 del 16/03/2012, Rv. 621428 – 01; Sez. 1, sent. n. 17270 del 30/07/2014, Rv. 632473 – 01 e, da ultimo, Sez. 1, sent. n. 17141 del 17/08/2016, Rv. 641041 – 01).

Le S.U. hanno poi rammentato che l’ultimo comma dell’art. 72 l.fall. ha introdotto una deroga rispetto al diritto potestativo del curatore di sciogliersi dal vincolo: “le disposizioni di cui al primo comma non si applicano al contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente”.

Da qui il quesito, evidenziato anche dall’ordinanza interlocutoria, se in assenza di tale potestà di scelta in capo al curatore, il di lui subentro nel preliminare trascritto ai sensi della richiamata disposizione possa, in effetti, definirsi come una “vendita concorsuale” o meno.

La risposta a detto quesito da parte del supremo organo di nomofilachia è stata chiaramente negativa.

Dopo aver richiamato i contrari precedenti costituiti da Cass. n. 3310/2017 e Cass. n. 23139/2020, infatti, le S.U. hanno affermato che nel sistema della legge fallimentare l’art. 108, secondo comma, prevede il potere purgativo del giudice delegato in stretta ed esclusiva consonanza con l’espletamento della liquidazione concorsuale dell’attivo disciplinata nella Sezione II del Capo VI, secondo le diverse alternative indicate nell’art. 107, perché in essa il curatore esercita la funzione di legge secondo il parametro di legalità dettato nell’interesse esclusivo del ceto creditorio, mediante gli appositi  procedimenti destinati a tal fine; mentre è da escludere che la norma possa essere applicata – e il potere purgativo esercitato dal giudice delegato – nei diversi casi in cui il curatore agisca nell’ambito dell’art. 72, ultimo comma, l.fall. quale semplice sostituto del fallito, nell’adempimento di obblighi contrattuali da questo assunti con un preliminare di vendita.

In altri termini, si è rilevato un collegamento strutturale e funzionale fra le modalità di vendita fallimentare, assimilabile a quella coattiva, di cui all’art. 107 l.fall. ed il potere del G.d. previsto dal successivo art. 108, comma 2, di cancellazione dei gravami insistenti sul bene alienato. Tale collegamento, quindi, presuppone la cd. vendita fallimentare, il cui elemento centrale è ravvisabile nella natura esecutiva (e procedimentale) della vendita coattiva, secondo quanto già evidenziato da Cass. S.U. n. 19506 del 2008 per le cessioni operate in esecuzione del concordato preventivo.

In motivazione si è perciò ricordato che dopo le riforme degli anni 2006-2007, l’art. 107 l.fall. disciplina le “modalità delle vendite”, mediante un ridimensionamento dei rinvii al processo esecutivo previsto dal Codice di procedura civile, tanto è vero che la norma declina tre modalità di vendita, nessuna delle quali tuttavia contempla rientra ’ipotesi della mera cessione per atto negoziale. La competitività del procedimento di vendita, quindi, seppur consente maggiore flessibilità rispetto al mero dato codicistica della vendita con e senza incanto, si fonda pur sempre sulla stima e sui principi di pubblicità ed evidenza pubblica, attraverso una procedimentalizzazione che, pur consentendo che l’atto traslativo finale sia rappresentato da un rogito notarile, si distingue nettamente dalle ipotesi in cui il curatore si muove si di un piano privatistico, di mero subentro ed attuazione di obblighi assunti dall’imprenditore, all’epoca in cui questi si trovava in bonis. Del resto, che la procedura competitiva rappresenti un limite intrinseco del pur nuovo principio di libertà delle forme, risulta anche da ulteriori precedenti richiamati nella motivazione (quali Sez. 1, sent. n. 22383 del 06/09/2019, Rv. 655028 – 02 e Sez. 1, ord. n. 21007 del 01/07/2022, Rv. 665231 – 01).

5. Il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza

La diversa soluzione offerta dal nuovo Codice della crisi, con l’art. 173, comma 4, non può far mutare conclusione, secondo le S.U., in quanto trattasi di disposizione che ratione temporis non è applicabile al caso di specie (si ricorda che il nuovo codice è entrato  in vigore il 15 luglio 2022 e, a mente dell’art. 390, non si applica alle procedure già pendenti a tale data, che restano disciplinate dalle disposizioni previgenti).

Inoltre,  anche laddove volesse richiamarsi tale elemento normativo quale elemento valorizzabile soltanto sul piano esegetico, secondo una tesi pure sostenuta, resta una diversità di disciplina e l’assenza di continuità fra regolamentazione contenuta nella legge fallimentare e norma successiva.

 L’art. 173, infatti, per la situazione del contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., avente a oggetto un immobile a uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale del promissario acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero un immobile a uso non abitativo destinato a costituire la sede  principale dell’impresa del promissario acquirente, ha introdotto una disciplina innovativa all’ultimo comma, stabilendo che “nei casi di subentro del curatore nel contratto preliminare di vendita, l’immobile è trasferito e consegnato al promissario acquirente nello stato in cui si trova” e “gli acconti corrisposti prima dell’apertura della liquidazione giudiziale sono opponibili alla massa in misura pari alla metà dell’importo che il promissario acquirente dimostra di aver versato”.

In assenza di continuità con la legge fallimentare applicabile ratione temporis alla fattispecie in decisione, la nuova disposizione non può essere invocata neppure a livello interpretativo, posto che sussistono comunque dei limiti dell’interpretazione ai quali il giudice è inevitabilmente astretto, secondo i quali, anche laddove si adotti una interpretazione evolutiva – ad es. per completare eventuali lacune dell’ordinamento –  la stessa non può spingersi fino a superare il limite del significante testuale della disposizione che il legislatore ha posto.

Va infine ricordato che, nelle more della pubblicazione di questo contributo, il Consiglio dei ministri ha approvato, lo scorso 10 giugno, uno schema di decreto Correttivo al Codice della crisi che, per quanto interessa in questa sede, introduce una facoltà di contestazione della congruità del prezzo indicato nel preliminare, da parte del creditore ipotecario, circostanza questa che può portare allo scioglimento del rapporto a meno che il promissario acquirente non offra di pagare la differenza individuata dal tribunale (purché prima della eventuale decisione collegiale). Inoltre, si propone l’abrogazione del comma 4 ricordato e la sua sostituzione con un meccanismo di opponibilità al creditore ipotecario degli acconti pagati dal promissario acquirente, nella loro interezza, a condizione che gli stessi siano stati eseguiti in modo tracciabile.

E’ comunque evidente come queste modifiche, che dovranno comunque superare un vaglio e la definitiva approvazione del decreto correttivo entro il prossimo 15 settembre, non si applicheranno a tutte le procedure aperte e soggette, come nel caso deciso dalle S.U., alla perdurante vigenza della legge fallimentare.

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