1. All’udienza del 7 novembre 2004, nel procedimento R.G. 27791 del 2024 (pres. Miccoli, rel. Cananzi) la quinta sezione della Corte di cassazione ha rimesso alle sezioni unite la questione se, in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati ad un terzo, quest’ultimo sia legittimato e/o abbia interesse a contestare i presupposti per l’applicazione della misura nei confronti del proposto, quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonché la provenienza del bene stesso.
2. Sussiste, effettivamente, nella giurisprudenza di legittimità un orientamento fortemente maggioritario e più recente (ex plurimis, Sez. 6, n. 17519 del 27/02/2024, Ingrassia, Rv. 286418; Sez. 6, n. 5094 del 09/01/2024, Grizzaffi, Rv. 286058; Sez. 6, n. 48761 del 14/11/2023, Morelli, Rv. 285650; Sez. 1, n. 35669 del 11/05/2023, Jelmoni, Rv. 285202; Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, Rv. 277225 – 04; Sez. 6, n. 7469 del 04/06/2019, dep. 2020, Hudorovic, Rv. 278454-03; moltissime, inoltre, le pronunce non massimate che si esprimono nello stesso senso), secondo cui vi è un difetto di legittimazione del terzo, che può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo, ma nulla può prospettare quanto ai presupposti per l’applicazione della misura nei confronti del proposto.
L’idea di fondo di tale orientamento è che il risultato favorevole al terzo, ovvero la revoca della confisca, non ha relazione alcuna con le sorti della misura disposta a carico del prevenuto. Per contro, in mancanza di prova dell’effettiva titolarità del bene, il terzo, ove pure il suo ricorso avente ad oggetto i presupposti della misura venisse accolto, non potrebbe conseguire alcun risultato concretamente utile per sé; infatti, alla revoca della confisca farebbe seguito la restituzione del bene al soggetto ritenuto effettivo titolare e non a lui.
Né può darsi rilievo al mero interesse di fatto del terzo all’esito della procedura nei confronti del proposto, perché a ciò ostano sia il principio generale fissato dall’art. 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen. – secondo cui l’impugnazione è inammissibile quando è proposta da chi «non ha interesse» – sia le norme che disciplinano le impugnazioni in materia di misure di prevenzione (artt. 10 e 27 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159). Vengono svalutate, per contro, le previsioni del codice antimafia che consentono l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale anche in caso di morte del proposto (art. 18, commi 2 e 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159), per una serie di ragioni: a) si tratta disposizioni speciali, «insuscettibili di interpretazione estensiva»; b) in caso di morte del proposto, viene meno la divaricazione tra intestazione formale e disponibilità effettiva dei beni oggetto della misura ablativa e «il procedimento prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa» (art. 18, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) oppure la richiesta può essere proposta «nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare» (art. 18, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159); c) ne consegue che i terzi intestatari hanno un interesse concreto ad impugnare anche i profili concernenti i presupposti della misura patrimoniale, potendo conseguire, in caso di accoglimento del gravame, la restituzione dei beni (ex plurimis, Sez. 5, n. 333 del 20/11/2020, dep. 2021, Icardi, Rv. 280249-01).
Le decisioni più recenti richiamano anche l’art. 1414 cod. civ., nell’affermare che, in caso di simulazione relativa, se le parti hanno inteso concludere un contratto diverso da quello apparente, tra le stesse ha effetto il contratto dissimulato; con la conseguenza che, nei rapporti interni tra terzo simulato proprietario e reale titolare del bene, prevale non già il dato formale insito nella fittizia intestazione, bensì il dato reale. Adattando tali concetti al procedimento di prevenzione, si conclude che l’unico soggetto legittimato a chiedere la restituzione del bene – anche nell’ambito del rapporto interno con il fittizio intestatario – è il titolare reale dello stesso, non potendo il terzo agire in giudizio per far valere un diritto altrui.
Coerentemente con tale impostazione, è ritenuto «inammissibile per carenza di interesse il ricorso per cassazione del proposto che si limiti a dedurre l’insussistenza del rapporto fiduciario e, quindi, la titolarità effettiva del bene in capo al terzo intestatario, mentre è ammissibile il ricorso del proposto che, senza negare l’esistenza del rapporto fiduciario, alleghi di aver acquistato i beni lecitamente, essendo portatore, in questo caso, di un interesse proprio all’ottenimento di una pronuncia che accerti la mancanza delle condizioni legittimanti l’applicazione del provvedimento» (Sez. 5, n. 39695 del 7/09/2023, Bresciani, non. mass.; Sez. 1, n. 20717 del 21/01/2021, Loiero, Rv. 281389; Sez. 1, n. 50463 del 15/06/2017, Mangione, Rv. 271822).
I principi appena enunciati sono stati anche applicati al sequestro preventivo finalizzato alla confisca, nel senso che il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene stesso e l’assenza di collegamento concorsuale con l’indagato (ex multis, Sez. 3, n. 23713 del 23/04/2024, Ruggiero, Rv. 286439; Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700).
3. A tale indirizzo se ne contrappone un altro, minoritario e meno recente (Sez. 1, n. 20717 del 21/01/2021, Loiero, Rv. 281389; Sez. 5, n. 10407 del 12/12/2018, Rispoli, non mass. sul punto; Sez. 5, n. 12374 del 14/12/2017, dep. 2018, La Porta, Rv. 272608), secondo cui, «in tema di confisca di prevenzione, il terzo che rivendica l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni oggetto di vincolo è legittimato ed ha interesse non solo a contestare la fittizietà dell’intestazione, ma anche a far valere l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nei confronti del proposto». In altri termini, se il terzo, che si afferma proprietario non interposto, dimostra di essere il solo vero ed effettivo proprietario, tanto basta ad escludere la legittimità della confisca, ma ciò non toglie che egli abbia, al contempo, la legittimazione e l’interesse a cercare di demolire gli altri presupposti della misura ablatoria, ossia pericolosità sociale del proposto e provenienza illecita dei beni. Secondo quest’orientamento, la legittimazione ad impugnare va commisurata, secondo i principi generali, in relazione alla forma ed al contenuto del provvedimento aggredito e non può essere selettivamente disaggregata sulla base dei motivi di censura. Si critica l’orientamento maggioritario, sostenendo che esso esamina ex post, secundum eventum litis, i motivi di impugnazione, che, invece, devono essere valutati ex ante nella loro attitudine distruttiva della pretesa fatta valere e possono anche essere articolati su piani concorrenti e/o graduati.
Analoghe argomentazioni sono svolte da una parte della giurisprudenza – che rappresenta in ciò, una variante di questo secondo orientamento – quanto alla posizione del terzo in relazione alla confisca ex art. 240-bis cod. pen. Si afferma, infatti, che, in tema di confisca ex art. 240-bis cod. pen., il terzo intestatario del bene aggredito è legittimato a contestare, oltre alla fittizietà dell’intestazione, anche la mancanza dei presupposti legali per la confisca, tra cui la ragionevolezza temporale tra acquisto del bene e commissione del reato che legittima l’ablazione (Sez. 1, n. 19094 del 15/12/2020, dep. 2021), Flauto, Rv. 281362). Con una riflessione più generale, che parte dal presupposto che la contestazione della fittizietà renda ancora “aperto” il punto della titolarità del bene, si ritiene configurabile la legittimazione del terzo ad interloquire su alcuni presupposti oggettivi di confiscabilità del bene, tra cui la ragionevolezza temporale tra acquisto del cespite e commissione del reato che legittima l’ablazione, ferma restando l’estraneità della difesa del terzo (tranne i casi di surroga legale del contraddittorio, in luogo del portatore di pericolosità defunto, di cui all’art. 18, commi 2 e 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) ai temi di prova strettamente correlati alla colpevolezza dell’imputato per il reato spia della confisca estesa o alla sussistenza della condizione soggettiva di pericolosità in prevenzione. A sostegno di queste conclusioni, si argomenta che – secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo – il “frazionamento delle facoltà difensive” del terzo è lesivo del diritto di difesa e del principio, di rilevanza costituzionale e convenzionale, di effettività della tutela giurisdizionale, soprattutto (ma non solo) nel caso in cui tale soggetto debba attivare lo strumento dell’incidente di esecuzione per invocare tutela a seguito dell’avvenuta definizione del giudizio a carico dell’imputato in ambito penale, nelle procedure di confisca estesa.
In un analogo ordine di idee, si è anche affermato che in tema di sequestro preventivo – finalizzato alla confisca ex art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 – il terzo intestatario del bene aggredito è legittimato a contestare, oltre alla fittizietà dell’intestazione, anche l’oggettiva confiscabilità del bene in difetto del fumus commissi delicti e del periculum in mora, potendo l’assenza dei presupposti della confisca avvalorare la tesi della natura non fittizia, ma reale dell’intestazione (Sez. 6, n. 15673 del 13/03/2024, Rv. 286335).