Mi rivolgo a voi autorità presenti, carissimi avvocati, accademici, colleghi e gentili ospiti, per portare il saluto dell’Associazione Nazionale Magistrati. Ovviamente, il mio intervento in questo seminario di Unità per la Costituzione è a titolo personale per le considerazioni che farò.

Consentitemi, quindi, di partire dal titolo immaginifico che vorrei dare al mio intervento suggeritomi da un intervento di una deputata che è anche avvocata: L’ISOLA CHE NON C’E’. O meglio, assume la fantasiosa rappresentante del popolo e di molti illustri clienti, richiamando la saga di Peter Pan, come la magistratura italiana nel criticare la riforma costituzionale sia stata colta da un’allucinazione di massa. Occorre partire da alcuni punti per sollecitare le vostre riflessioni se siamo o meno vittime di un generico e diffuso abbaglio o questo sia della illustre rappresentante parlamentare.

PRIMA RIFLESSIONE: LA RIFORMA toglie il diritto di voto, cioè l’elettorato attivo, ai magistrati nella scelta dei loro rappresentanti all’organo di autogoverno. Gli autori della riforma invocano questa necessità per colpire una rivendicata deriva correntizia, dopo gli infausti giorni dell’hotel Champagne. Voglio osservare che verso la fine della Prima Repubblica era nota la deriva della spartitocrazia clientelare nel sistema italiano. La soluzione per le leggi elettorali fu solo di eliminare la preferenza, non di certo il sorteggio dei parlamentari. In ogni caso, nessuno ad oggi ci ha voluto spiegare in quale altro caso, per denunciata colpa di singoli, possa essere inflitta mediante RIFORMA COSTITUZIONALE una punizione di questo genere, togliere il diritto di voto, ad un intero insieme comunitario come quello dei magistrati italiani nello scegliere i propri candidati chiamati all’organo di autogoverno. Né è stato spiegato perché anche i parlamentari sono stati colpiti nel loro diritto di elettorato attivo dei rappresentanti laici al CSM e dovranno limitarsi nella loro scelta con un listino preconfezionato a sorteggio, dato sintomatico di una strana involuzione dei poteri democratici costituzionalmente riconosciuti al Parlamento italiano. Ritengo, quindi come questa ISOLA CI SIA E COME.

UN SECONDO PUNTO: L’ALTA CORTE DI GIUSTIZIA DISCIPLINARE.

Si toglie al CSM, come lo conosciamo, il potere disciplinare concentrandolo solo sulla neo istituzione dell’ALTA CORTE DISCIPLINARE. Orbene, la domanda costituzionalmente orientata è perché questo deve valere solo per i magistrati ordinari e non per altri ordini giudiziari? Ed il Parlamento?  Anch’esso ha un potere disciplinare e di sanzione per i fatti dei membri del Parlamento e non c’è alcuna riforma costituzionale che sposti tale delicatissimo sistema che difende l’autonomia dei singoli membri di Camera e Senato e l’indipendenza del corpo parlamentare fuori dalla sua istituzione interna. Ma siamo sicuri che la composizione di quest’organo per la sua strana forma e con un procedimento disciplinare a struttura chiusa nello stesso, non possa essere qualificato quale nascita di un giudice speciale, quindi vietato a Costituzione vigente? QUINDI ANCHE SU QUESTA ISOLA DELLA RIFORMA C’E’ UN PROBLEMA DI COSTITUZIONALITA’.

TERZO PUNTO: LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE

In modo indiscutibile i dati del CSM e del Ministero della Giustizia danno atto che le funzioni, e le stesse carriere, tra magistratura requirente e giudicante sono, per legge e per via di normative secondarie, già separate. Qui si discute, quindi, del frazionamento del CSM in tre parti: quello dei PM, quello dei Giudici e l’Alta Corte. Sarebbe la soluzione complessiva per impedire ai gruppi associati, cioè le cd. correnti, assieme al sorteggio dei magistrati della lottomatica e ai laici del listino bloccato, a poter essere parte della vita dell’organo di autogoverno, che in tal modo finirà di essere autogoverno, quindi non più davvero legittimato da queste cesure a garantire l’autonomia e indipendenza della magistratura, e certamente sarà altro, difficilmente inseribile ancora nello schema costituzionale dell’Ordinamento della Repubblica, in cui uno dopo l’altro sono citati gli organi con i loro poteri. O meglio, prima il Parlamento, poi Presidente della Repubblica ed il Governo, quindi la Magistratura. I recenti e recentissimi casi di cronaca giudiziaria ci devono portare quindi a cercare di capire meglio se davvero i due CSM possano servire a dare una terzietà al giudice rispetto al ruolo del PM nel processo penale, e in quelli di volontaria giurisdizione e fallimentari. La riforma ci viene spiegata da alcuni secondo uno slogan per cui sotto uno stesso tetto non possono stare magistrati requirenti e giudicanti; o meglio, nel procedimento e nel processo stesso, per il riferito pericolo di parzialità, dipendenza e scarsa trasparenza nei rapporti interni di colleganza, che renderebbero impossibile al Giudice di essere davvero terzo o percepito soggettivamente come tale. In modo plastico, forse eccessivamente scenico, si assume come il vizio avrebbe evidente manifestazione anche nel darsi del tu e nell’andare a prendere il caffè assieme al bar. Con serenità propongo di fare un sano calcolo oggettivo di quanti giudici di diversi uffici e gradi, possono occuparsi di un processo. Uno o più GIP, (contando i turni); un GUP; un giudice dibattimentale di primo grado (singolo o collegiale); una corte di appello di tre membri; una Corte di Cassazione con 5 giudici e senza contare tutte le fasi incidentali, dalla questioni di competenza a quelle della ricusazione e sino al separato, ma contiguo globo terracqueo, delle decisioni sulle misure cautelari. Considerato che in Appello e Cassazione il PM è certamente diverso e che in primo grado nei processi non DDA (per cui si lavora in pool), c’è una mutabilità del PM, possiamo contare da 11 a 13 giudici (quanto al collegio di primo grado) e da un minino di tre PM a salire, della magistratura requirente. In coscienza fanno davvero tutti parte del grande complotto? Sono tutti parte di un accordo volto a costruire un ingiusto pregiudizio decisorio? Sono parte di un disegno per cui almeno 14 magistrati non sono soggetti autonomi e indipendenti del diritto ma SOLDATINI schierati dalle forze oscure delle correnti attraverso il denunciato monopolio delle stesse nella magistratura? E per questo che viene elaborata la riforma costituzionale?

Ma diversi sono i casi in cui in concreto e con numeri alla mano i Giudici hanno dimostrato di non condividere le ragioni dei PMed anno assolto ed hanno anche condannato.  Come nel recentissimo caso della condanna ad un sottosegretario alla Giustizia, in cui i cattivi e politicizzati sono ora i giudici del dibattimento e, non attendendo le ragioni della motivazione per impugnarla, sono stati accusati e delegittimati i giudici; ciò è avvenuto a cuore ancora aperto della motivazione da scrivere e depositare. In sostanza, aggredendo il necessario momento di serenità della stessa istituzione giudicante chiamata a rendere la motivazione. PROCESSO POLITICO e SENTENZA POLITICA è la scomunica. Ma a parte inverse, qualche mese fa a Palermo, il PM ha chiesto la condanna di un esponente politico ed è arrivata l’assoluzione. Lì, a motivazione ancora da redigere, i cattivi per il gusto politico erano i PM e viceversa i buoni erano i Giudici; il processo, secondo un’alta carica del governo pro tempore, non doveva neppure cominciare. Alla faccia dell’esercizio obbligatorio dell’azione penale e dell’autonomia e indipendenza dei magistrati dal potere politico costituito.

Allora, qui affiora evidente un’altra isola. Su cui dobbiamo riflettere anche alla luce di quanto successo al Procuratore della Repubblica di Roma, nei giorni scorsi, che – avendo adottato decisione ampiamente normate, cattive o giuste lo dovranno dire le fasi processuali successive – sembra aver subito e subire un crescendo complesso di reazioni politiche ma anche di iniziative giudiziarie, senza precedenti nella storia della giurisdizione italiana.

Siccome non è possibile credere davvero alla storiella del posto in cui si prende il caffè, o se ci diamo del tu, cose che – confesso e mi pento – faccio quotidianamente con gli avvocati, i PM ed  anche i giudici (nota bene: per cortesia, educazione o anche per storica amicizia con gli stessi di oltre  40anni dopo gli studi universitari comuni o per aver giornalmente frequentato i luoghi del diritto vivente, imparando dai fatti a stimarne il valore professionale e la doti umane e personali) ecco che a citare la metafora dell’intervento del noto e stimato avvocato-parlamentare, scopriamo che un’altra isola c’è; è ben nascosta ma la possiamo trovare, seguendo LA SECONDA STELLA A DESTRA, per continuare a citare la saga di Peter Pan come ha fatto la nostra professionista deputata.

L’ISOLA è QUELLA TEMUTA DALLA MAGISTRATURA ASSOCIATA: LA LEGGE SARA’ ANCORA UGUALE PER TUTTI DOPO QUESTA RIFORMA? O, seguendo la seconda stella a destra, ci troveremo innanzi a capi degli uffici delle Procure scelti sotto l’influenza delle maggioranze protempore? L’azione giurisdizionale sarà condizionata da chi controlla le forze di polizia? Avremo ancora un PM parte della cultura costituzionale della comune giurisdizione? O sarà un avvocato delle forze di polizia, figura simile ai noti telefilm dei processi americani? In coscienza, possiamo sostenere che in questa riforma si toccano i problemi degli enormi costi del processo per attori e convenuti, indagati, imputati, persone offese e parti civili?  Possiamo sostenere che la RIFORMA introdurrà al nuovo mondo di processi rapidi ed efficaci, nonché di una giustizia più giusta e depurata dagli errori?

Sappiamo tutti che il processo è un atto umano, in cui si tende alla verità reale, ma le cui strade di verità si intersecano con il contributo delle parti in ogni fase del processo, ed è verità mutabile per sé stessa seconda la risultanza della prova e la tenuta del percorso motivazionale, in fatto e diritto come scritto nelle sentenze del giudice naturale.

Ma chiedo ora a voi siamo certi che il sistema della verità processuale possa resistere o rafforzarsi con questa riforma rispetto al turbamento delle valutazioni delle parti politiche e del martellante sistematico operare dell’informazione giornalistica, spesso partigiana? E possiamo escludere che altri portatori di interesse, magari estranei al processo, possano operare ai danni della ricerca della verità reale?

Strage di Ustica, della Stazione di Bologna, dell’Italicus, dell’omicidio Mattarella, le stragi di Capaci e via D’Amelio, e i processi agli esponenti terroristici degli anni di piombo, come della deriva tangentizia della Prima Repubblica, ai mandanti delle stragi di mafia, mostrano che, con difficoltà e certamente non senza dover schivare errori e depistaggi, la magistratura italiana non ha mai smesso di cercare la verità ed ha reso omaggio al principio costituzionale: LA LEGGE è UGUALE PER TUTTI.

Vi auguro un buon lavoro di cuore, certo che il sereno confronto tra persone di buona volontà e limpida coscienza possa solo fare il bene comune di TUTTI.

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