Sommario: 1. Giudizio a quo e disposizione censurata (art. 2 co. 3 d.l. 51/2023). 2. La questione di legittimità costituzionale. 3. La decisione della Corte Costituzionale. 4. Considerazioni finali.

1. Giudizio a quo e disposizione censurata (art. 2 co. 3 d.l. 51/2023).

Con la recente sentenza n. 146 del 25 luglio 2024 la Corte Costituzionale è tornata ad occuparsi dei limiti al potere di decretazione d’urgenza ex art. 77 Cost.
Nel giudizio a quo, il precedente sovrintendente della Fondazione Teatro San Carlo è stato reintegrato con provvedimento ex art. 700 c.p.c. ed il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, dovendo decidere sul reclamo proposto dalla Fondazione, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 co. 3 d.l. 51/2023.

Tale articolo riforma il sistema di conferimento degli incarichi di sovrintendente delle fondazioni lirico-sinfoniche perché prevede al compimento del 70° anno di età, da un lato, il divieto di conferimento di incarico di sovrintendente (comma 1), e, dall’altro, la cessazione automatica ed ex lege dell’incarico (comma 2). Si tratta, quindi, di un limite anagrafico che riguarda sia la fase di costituzione sia quella di cessazione del rapporto.

I dubbi di legittimità costituzionale riguardano solo la norma transitoria contenuta nel terzo comma dell’articolo in esame la quale introduce una decadenza ad hoc dall’incarico per tutti i sovrintendenti che alla data di entrata in vigore del decreto legge (11 maggio 2024) abbiano già raggiunto tale soglia anagrafica con effetti differiti alla data del primo giugno 2024, “indipendentemente dalla data di scadenza degli eventuali contratti in corso”.

In altre parole, il legislatore ha strutturato tale disposizione prevedendo, da un lato, un requisito soggettivo (superamento del 70° anno di età all’11 maggio 2024) e, dall’altro lato, la cessazione dell’incarico non immediata, come previsto a regime dal secondo comma, ma differita al primo giugno 2024.

Sulla base di tale norma transitoria è stata poi disposta la cessazione dall’incarico del sovrintendente della Fondazione Teatro San Carlo di Napoli, impugnata in sede cautelare.

2. La questione di legittimità costituzionale.

Il collegio remittente prospetta, sotto il profilo della non manifesta infondatezza, tre criticità della disposizione in esame (due sostanziali ed uno formale) ed, in particolare:

1. la violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza e della tutela del legittimo affidamento (art. 3 Cost.) in quanto si tratta di una disposizione applicabile ad un unico caso (sovrintendente del Teatro San Carlo), con conseguente disparità di trattamento ed inidoneità e sproporzione rispetto agli scopi (assicurare il ricambio generazionale e promuovere l’ingresso nel mercato del lavoro di altri candidati);
2. la violazione dei principi di buon andamento e continuità dell’azione amministrativa (artt. 97 e 98 Cost.) in quanto la decadenza opera indipendentemente dai risultati raggiunti, anche pretermettendo, per l’interessato, le garanzie del giusto procedimento;
3. l’insussistenza dei presupposti della decretazione d’urgenza (art. 77 Cost.) in quanto la disposizione censurata non presenta nessuna correlazione né con l’epigrafe od il preambolo né con le finalità perseguite del decreto legge.

3. La decisione della Corte Costituzionale.

La motivazione della Consulta si concentra prima di tutto sul vizio formale e procedurale in quanto ha natura preliminare ed assorbente. In caso di insussistenza dei presupposti per la decretazione d’urgenza, infatti, ne deve essere dichiarata l’incostituzionalità indipendentemente dalla eventuale fondatezza dei vizi sostanziali anche perché la legge di conversione non può avere alcuna efficacia sanante.

La Corte Costituzionale procede poi alla ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale del potere di decretazione d’urgenza da parte del Governo, dei suoi limiti e delle diverse ipotesi patologiche di abuso di tale strumento.

In base all’art. 77 Cost., infatti, il decreto legge costituisce un “provvedimento provvisorio adottato in presenza di presupposti straordinari”1 con efficacia temporalmente limitata ed il rispetto dei limiti previsti dalla Costituzione rappresenta di per sé un elemento di garanzia della forma di governo, basata sulla centralità del Parlamento e sulla tutela delle minoranze2, nonché di salvaguardia del principio di certezza del diritto3.

Per tali ragioni, è imprescindibile una situazione di fatto, preesistente all’adozione di tale atto, che richieda la necessità e l’urgenza di provvedere con uno strumento eccezionale.

Uno degli indici rivelatori della sussistenza di tale presupposto è rappresentato dal requisito dell’omogeneità. Non può ritenersi sussistente, infatti, il caso straordinario di necessità ed urgenza se la disposizione censurata non presenta alcuna correlazione, né contenutistica né funzionale, con le altre disposizioni del decreto legge4.
Nel caso in esame, la Consulta ha ritenuto insussistente il requisito dell’omogeneità della disposizione censurata rispetto alle altre norme del decreto legge, anche analizzando i lavori parlamentari relativi alla legge di conversione, né dal punto di vista funzionale, in quanto la finalità di garantire l’efficienza organizzativa, indicata nel preambolo, non può riguardare la cessazione degli incarichi in corso né può ritenersi sufficiente il richiamo agli interessi pubblici sottesi alle fondazioni lirico-sinfoniche od al ruolo del sovrintendente, né dal punto di vista materiale, in quanto il Capo II del decreto legge riguarda la proroga di alcuni termini ed il Capo III si occupa di solidarietà sociale.
Per tali ragioni, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione ed ha ritenuto assorbite le altre questioni.

4. Considerazioni finali.
La decisione della Consulta risulta coerente con la costante giurisprudenza costituzionale relativa all’abuso della decretazione d’urgenza da parte del Governo.
Occorre, però, evidenziare come si tratti di una sentenza di illegittimità costituzionale solo per profili procedurali e non contenutistici. La Corte Costituzionale, infatti, non ha valutato le altre questioni relative alla violazione degli artt. 3, 97 e 98 Cost. anche con riferimento al consolidato orientamento in tema di “leggi-provvedimento” e di spoils system.

1 Corte Cost. sent. 161/1995: “[…] provvedimento provvisorio”, che il Governo adotta sotto la propria responsabilità e che è destinato a operare per un arco di tempo limitato, venendo a perdere la propria efficacia fin dall’inizio in caso di mancata conversione in legge entro il termine fissato nell’art. 77 della Costituzione. Perdita di efficacia che non può far venir meno i mutamenti irreversibili della realtà che lo stesso decreto abbia potuto produrre nel corso della sua precaria vigenza, con la conseguenza che l’atto non convertito, anche se divenuto inefficace, permane di fatto come “comportamento” di cui il Governo è chiamato, sotto ogni profilo, a rispondere.”

2 “L’assetto delle fonti del diritto costituisce, pertanto, una componente essenziale della forma di governo, che le permette di adeguarsi alle differenti dinamiche del sistema politico. Nondimeno, la flessibilità delle disposizioni costituzionali sulla forma di governo, modellate sullo schema delle “norme a fattispecie aperta”, non esclude l’operatività di principi normativi e di regole giuridiche indisponibili da parte della maggioranza, a garanzia della opzione costituzionale per la democrazia parlamentare e della tutela delle minoranze politiche. In una democrazia parlamentare moderna, che riconosce il fondamentale ruolo dei partiti politici (art. 49 Cost.), si realizza un continuum tra il Governo e il Parlamento, grazie all’operare della maggioranza parlamentare che sostiene il Governo. Pertanto, quest’ultimo assume il ruolo di propulsore dell’indirizzo politico. Tale funzione, tuttavia, non può giustificare lo svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento, che resta la sede della rappresentanza della Nazione (art. 67 Cost.), in cui le minoranze politiche possono esprimere e promuovere le loro posizioni in un dibattito trasparente (art. 64, secondo comma, Cost.), sotto il controllo dell’opinione pubblica. La nostra democrazia parlamentare, pertanto, attribuisce al Governo significativi poteri normativi, che devono, però, essere esercitati nel rispetto degli equilibri costituzionalmente necessari.”

3 “Le “norme intruse” nel testo di un decreto-legge, contraddistinte da contenuti che non possono più essere ricondotti ad una finalità unitaria, sia pure largamente intesa, danno luogo ad una legislazione frammentata, spesso incoerente, di problematica interpretazione, che aggrava il fenomeno dell’incertezza del diritto e reca così pregiudizio sia all’effettivo godimento dei diritti che all’ordinato sviluppo dell’economia. Imprescindibile, in questa prospettiva, è un sufficiente grado di prevedibilità delle conseguenze giuridiche dei comportamenti, prevedibilità che l’affastellarsi disordinato di leggi mina in modo irrimediabile”.

4 “L’osservanza delle prescrizioni dell’art. 77 Cost. impone «una intrinseca coerenza delle norme contenute nel decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. L’urgente necessità del provvedere può riguardare, cioè, una pluralità di norme accomunate o dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero dall’intento di fronteggiare una situazione straordinaria complessa e variegata, che richiede interventi oggettivamente eterogenei, in quanto afferenti a materie diverse, ma indirizzati tutti all’unico scopo di approntare urgentemente rimedi a tale situazione» (sentenza n. 8 del 2022, punto 6.1. del Considerato in diritto). L’omogeneità, dunque, non presuppone che il decreto-legge riguardi esclusivamente una determinata e circoscritta materia, ma che le sue disposizioni si ricolleghino ad una finalità comune e presentino un’intrinseca coerenza dal punto di vista funzionale e finalistico (sentenza n. 137 del 2018, punto 5.1. del Considerato in diritto). Quanto ai provvedimenti governativi a contenuto plurimo, le disposizioni, pur eterogenee dal punto di vista materiale, devono essere accomunate dall’obiettivo e tendere tutte a una finalità unitaria, pur se connotata da notevole latitudine (sentenza n. 244 del 2016). Per contro, un decreto-legge che si apre a “norme intruse”, estranee alla sua finalità, travalica i limiti imposti alla funzione normativa del Governo e sacrifica in modo costituzionalmente intollerabile il ruolo attribuito al Parlamento nel procedimento legislativo. Infatti, in presenza di un termine assai breve, entro cui il Parlamento deve decidere se e con quali emendamenti approvare la legge di conversione del decreto-legge, l’eterogeneità dell’atto normativo governativo preclude un esame e una discussione parlamentare effettivi nel merito del testo normativo. La brevità del termine, assegnato al Parlamento per decidere se approvare la legge di conversione e con quali emendamenti, esige, affinché sia rispettata la funzione legislativa del Parlamento, che l’oggetto da disciplinare sia circoscritto. Senza il rispetto di tali condizioni, il decreto-legge si tramuta in un improprio “disegno di legge ad urgenza garantita”, in cui si possono trasfondere le norme più disparate, confidando nel fatto che la legge di conversione ne consolidi l’efficacia”.

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