The study examines the expansion of the criminalization of terrorism and its financing carried out along several lines: the dilation of the defining moment, the economic and financial transactions capable of identifying the resources intended to subsidize terrorist actions and the channels through which they reach the organizations, the strengthening of collaboration between nations to prevent the exploitation of national and international financial systems for illicit purposes, rendering homogeneous the technical and legislative measures to counter and developing judicial cooperation. While terrorist financing activities are aimed at concealing the destination of resources and are also carried out even with small sums, often transferred through specific channels other than ordinary financial channels, of significance is the phenomenological affinity between movements of capital directed at concealing its illicit origin and financial flows directed at organizing, fostering or carrying out acts of terrorism: in both cases, in fact, covert channels are being involved, also located in sectors and financial centres which are characterized by a strong opacity; not infrequently, financial movements are then carried out disguised under fictitious operations and economic reason. For these reasons, the tools of financial analysis, already employed in the fight against money laundering, have been extended to the action of countering the financing of international terrorism, whilst being aware that the latter obtains the necessary liquidity – also – through the use of informal channels and the exploitation of the legal economy. In counter-terrorist financing techniques, moreover, the reconstruction of the “trail” of capital transferred is primarily conducted in order to detect and stop the financing of terrorist activity before safeguarding the integrity of the economic system against forms of tampering; the financial sector proves to be highly appealing to terrorist organizations capable of exploiting the potential offered by the global integration of financial markets to transfer capital from one country to another without being identified and without leaving any traces of the operation.

Key words: terrorism – financing – financial system – illegal destination of funds – covert channels.

Lo studio esamina l’espansione della criminalizzazione del terrorismo e del suo finanziamento realizzata lungo più direttrici: la dilatazione del momento definitorio, la focalizzazione dell’attenzione sulle transazioni economiche e finanziarie capace di individuare le risorse destinate a sovvenzionare le azioni terroristiche e i canali attraverso i quali esse pervengono alle organizzazioni, il potenziamento della collaborazione tra le Nazioni per prevenire lo sfruttamento dei sistemi finanziari nazionali e internazionali a fini illeciti, rendendo omogenee le misure tecniche e legislative per il suo contrasto e sviluppando  la cooperazione giudiziaria. Se le attività di finanziamento del terrorismo si prefiggono di occultare la destinazione delle risorse e si realizzano anche con somme esigue, spesso trasferite mediante canali specifici, diversi da quelli finanziari ordinari, significativa è l’affinità fenomenologica tra i movimenti di capitali diretti ad occultarne l’illecita provenienza e i flussi finanziari volti ad organizzare, favorire o porre in essere atti di terrorismo: in entrambi i casi, infatti, sono coinvolti canali occulti, presenti anche in settori e centri finanziari caratterizzati da forte opacità; non di rado, poi, vengono realizzate movimentazioni finanziarie dissimulate sotto operatività e ragioni economiche fittizie. Per queste ragioni gli strumenti dell’analisi finanziaria, già utilizzati nella lotta al riciclaggio, sono stati estesi all’azione di contrasto del finanziamento del terrorismo internazionale, pur nella consapevolezza che quest’ultimo reperisce le liquidità necessarie – anche – attraverso l’utilizzo di canali informali e lo sfruttamento dell’economia legale. Nelle tecniche di contrasto del  finanziamento del terrorismo, poi, la ricostruzione delle “tracce” dei capitali movimentati è condotta per individuare e bloccare il finanziamento dell’attività terroristica, prima che per salvaguardare l’integrità del sistema economico contro forme di inquinamento; il settore finanziario si rivela fortemente appetibile per le organizzazioni terroristiche capaci di sfruttare  le potenzialità offerte dall’integrazione globale dei mercati finanziari per trasferire capitali da un Paese all’altro senza essere identificati e senza lasciare tracce dell’operazione.

Parole chiave: terrorismo- finanziamento – sistema finanziario- destinazione illecita- canali occulti.  

Sommario: – 1. Premesse. – 2. L’evoluzione normativa del contrasto del finanziamento del terrorismo. – 2.1. Gli stimoli internazionali e sovranazionali: cenni. – 2.2. La legislazione nazionale. – 3. La vigente nozione di finanziamento del terrorismo prevista dall’art. 2, comma 6, del D.lgs. n. 231/2007.

1. Premesse.

La spinta verso la condivisione a livello sovranazionale della criminalizzazione delle diverse forme di terrorismo e del loro finanziamento ha segnato l’intera evoluzione convenzionale, nella quale robusta centralità ha rivestito il momento definitorio, aspetto principale di questa analisi. Le ulteriori linee di sviluppo della disciplina internazionale antiterrorismo sono rappresentate, in primis, dalla focalizzazione dell’attenzione sulle transazioni economiche e finanziarie, al fine di individuare le risorse impiegate per sovvenzionare le azioni terroristiche e i canali attraverso i quali esse pervengono alle organizzazioni; costante, ancora,  è risultato il potenziamento della collaborazione tra le Nazioni per prevenire lo sfruttamento dei sistemi finanziari nazionali e internazionali a fini illeciti come il finanziamento delle attività terroristiche (c.d. fenomeno money dirtying); da un lato,  rendendo omogenee le misure tecniche e legislative per contrastare tali fenomeni e, dall’altro, sviluppando  la cooperazione giudiziaria. 

  Nelle tecniche di finanziamento del terrorismo sono comunemente individuate tre fasi, simmetriche rispetto a quelle del riciclaggio[1]: la raccolta (collection), fase nella quale i fondi, di natura e origine sia lecita che illecita, raggiungono un collettore principale; la trasmissione o l’occultamento (trasmission or dissimulation), per celare le finalità ultime dei movimenti di capitale, utilizzando sistemi di pagamento “sotterranei”, “paralleli” e alternativi al circuito bancario convenzionale (underground o parallel banking systems);  l’impiego (use) del denaro o degli altri beni per il compimento di atti terroristici.  Il momento decettivo caratterizza le operazioni del soggetto che investe denaro per finanziare il terrorismo non tanto (e non primariamente) rispetto all’origine delle risorse, quanto sul piano della loro destinazione, cosicché la corrispondente riprovazione involge prima che il meccanismo genetico delle risorse quello del loro consumo. Diversamente dal riciclaggio, infatti, le attività di finanziamento del terrorismo si prefiggono di occultarne la destinazione, più che la loro origine, e si realizzano con somme anche esigue, spesso movimentate e trasferite, come detto, mediante canali specifici (sistemi alternativi di trasferimento di fondi o attraverso l’interposizione di enti senza scopo di lucro), diversi da quelli finanziari ordinari. Non manca, però, una significativa affinità di funzionamento tra i movimenti di capitali diretti ad occultarne l’illecita provenienza e i flussi finanziari volti ad organizzare, favorire o porre in essere atti di terrorismo: in entrambi i casi, infatti, normalmente sono coinvolti una serie di canali occulti, presenti anche in settori e centri finanziari caratterizzati da forte opacità; non di rado, poi, vengono realizzate movimentazioni finanziarie dissimulate sotto operatività e ragioni economiche fittizie. Per queste ragioni gli strumenti dell’analisi finanziaria, già utilizzati, a livello internazionale, nella lotta al riciclaggio, sono stati estesi all’azione di contrasto del finanziamento del terrorismo internazionale, pur nella consapevolezza che quest’ultimo reperisce le liquidità necessarie – anche – attraverso l’utilizzo di canali informali e lo sfruttamento dell’economia legale.

Nelle tecniche di contrasto del  finanziamento del terrorismo, poi, la ricostruzione delle “tracce” dei capitali movimentati è condotta per individuare e bloccare il finanziamento dell’attività terroristica, prima ancora che per salvaguardare l’integrità del sistema economico contro forme di inquinamento; il settore finanziario, potendo garantire un livello di opacità delle operazioni superiore al normale (la c.d. asimmetria delle informazioni),  si rivela fortemente appetibile per le organizzazioni terroristiche capaci di sfruttare  le potenzialità offerte dall’integrazione globale dei mercati finanziari per trasferire capitali da un Paese all’altro senza essere identificati e senza lasciare tracce dell’operazione. Anche nell’azione di contrasto del finanziamento del terrorismo, dunque, è decisiva e irrinunciabile l’attenzione sui canali di trasferimento del denaro.

  • 2. L’evoluzione normativa del contrasto del finanziamento del terrorismo.

L’adozione da parte del legislatore italiano di adeguate misure di contrasto al terrorismo internazionale non è avvenuta attraverso un corpus normativo organico e autonomo, ma mediante una disciplina frammentaria in esito ad interventi, stratificati nel tempo, assunti con logiche emergenziali[2], con i quali sono state criminalizzate le diverse forme del terrorismo internazionale, in conformità alle indicazioni sovranazionali. Per contrastare il terrorismo internazionale, infatti, nel diritto repressivo e procedurale, sono state introdotte nuove norme penali, modificate le disposizioni di ordinamento penitenziario e processuali; sul piano preventivo e amministrativo, poi, sono state rafforzate le misure di prevenzione  ai sensi del d.lg. n. 159/2011 nonché introdotti nuovi sistemi di controllo finanziario e di congelamento delle risorse economiche ai sensi dei D.lgs. n. 231/2007 e 109/2007.

  • 2.1. Gli stimoli internazionali e sovranazionali: cenni. 

La disciplina interna dell’azione di contrasto del finanziamento del terrorismo si è strutturata sotto lo stimolo delle Autorità e delle fonti internazionali e sovranazionali. 

Di grande rilievo, anzitutto, le risoluzioni tematiche dell’Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Tra le più significative risoluzioni dell’Assemblea Generale in materia di lotta al terrorismo vanno annoverate le seguenti: – la Risoluzione n. 49 del 9 dicembre 1994 con dichiarazione sulle misure volte ad eliminare il terrorismo internazionale, con la quale gli  Stati membri delle Nazioni Unite hanno espresso una condanna categorica di tutti gli atti e metodi terroristici, in particolare di quelli che danneggiano le relazioni internazionali e che minacciano l’integrità territoriale e la sicurezza degli Stati; – la Risoluzione n. 51/210 del 17 dicembre 1996  che ha sollecitato gli Stati a prendere adeguati provvedimenti per prevenire e impedire il dilagare di atti di terrorismo e ha istituito, nel contempo, un apposito Comitato speciale.

Quanto al Consiglio di sicurezza vanno ricordati i seguenti interventi: la risoluzione n. 1267/1999 contro il terrorismo di matrice islamica, per la quale gli Stati sono stati obbligati a porre in essere misure di congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie direttamente o indirettamente collegabili a persone fisiche o giuridiche appartenenti alle fazioni dei Talebani; risoluzione n. 1333/2000, con la quale il Consiglio ha riaffermato l’obbligo di congelamento dei capitali, dei beni e delle altre risorse, estendendo tali misure oltre ai Talebani anche all’organizzazione terroristica Al-Qaeda e agli individui ed enti a essa collegati, prevedendo la formazione di una lista aggiornata, da parte del Comitato per le sanzioni, degli individui e delle entità indicati come associati ad Osama Bin Laden; le risoluzioni nn. 1988 e 1989 del 2011, che hanno operato una separazione del regime sanzionatorio Al Qaeda da quello dei Talebani, al fine di rendere il nuovo sistema funzionale al processo di riconciliazione in Afghanistan; la risoluzione n. 1373/2001, che ha richiamato la responsabilità dei singoli Stati per l’adozione di idonee misure di prevenzione e di contrasto del finanziamento del terrorismo, a prescindere dalla matrice ideologica o dall’ambito territoriale dell’azione terroristica, garantendo il rafforzamento della cooperazione e dell’assistenza giudiziaria nonché di polizia allo scopo di raccogliere le prove dei gravi reati in rassegna;  la risoluzione n. 1455/2003, con cui è stata sottolineata l’esigenza di incrementare il coordinamento e lo scambio di informazioni tra gli Stati, di rafforzare la cooperazione con il Comitato nell’individuazione di nuovi soggetti collegati alle organizzazioni terroristiche e di prevedere l’introduzione di visite di controllo sull’operato dei singoli Paesi; le risoluzioni nn. 1540/2004 e 1803/2008 che hanno affermato che i programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa, perseguiti al di fuori degli ambiti e dei limiti consentiti dai vigenti accordi internazionali, costituiscono una grave minaccia per la pace e la sicurezza internazionale e prevedono, a carico degli Stati, l’obbligo di adottare specifiche misure finanziarie per contrastare la proliferazione, ponendo in luce il rischio che tale fenomeno possa favorire l’acquisizione di materiale bellico da parte di terroristi;  la risoluzione n. 1970, del 26 febbraio 2011, che ha previsto, fra l’altro,  l’adozione di misure di congelamento dei fondi e delle risorse economiche possedute, direttamente o indirettamente, da alcuni membri della famiglia di Muammar Gheddafi; le risoluzioni delle Nazioni Unite, per contrastare il finanziamento dello Stato islamico in Iraq e del Levante e l’attività dei foreign terrorist; la risoluzione n. 2170/2014 concernente l’estensione a ISIL e Al-Nusrah delle misure di congelamento di Al Qaeda; la risoluzione n. 2178/2014 recante misure specifiche per il contrasto al nuovo fenomeno dei foreign terrorist fighters, anche nei confronti delle persone che li supportano e ne finanziano i viaggi; la risoluzione n. 2195/2014 contenente le misure per il rafforzamento della cooperazione e il monitoraggio delle sanzioni finanziarie; la risoluzione n. 2199, del 12 febbraio 2015 con riferimento allo Stato Islamico, sulle diverse modalità di finanziamento, sul supporto esterno, sul reimpiego dei capitali, prevedendo il sequestro e la confisca dei patrimoni illeciti; la risoluzione n. 2253, in data 17 dicembre 2015, che contempla l’applicazione di misure restrittive (congelamento dei beni, divieto di viaggio ed embargo sulle armi) per ogni individuo, gruppo, impresa o entità che fornisce sostegno; le risoluzioni nn. 2322/2016 – 2341/2017, specificamente dirette a rafforzare la cooperazione internazionale nel contrasto al terrorismo, dando centralità alle attività di scambio di informazioni e alla collaborazione tra Stati e tra le Autorità a vario titolo coinvolte; la risoluzione n. 2462/2019 sul terrorismo e le sue fonti di finanziamento, che rimarca il ruolo essenziale del GAFI per la promulgazione degli standard atti a prevenire e contrastare questo fenomeno.

Nella materia, inoltre, importanza crescente ha assunto il contributo del GAFI.

Sull’onda degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, il mandato del GAFI è stato esteso al contrasto del finanziamento di attività e di organizzazioni terroristiche e i presidi antiriciclaggio rispetto sistema economico-finanziario legale sono stati riconosciuti utili, con adattamenti, a monitorare il trasferimento di disponibilità destinate ad essere impiegate in attività terroristiche, connotate da illiceità non tanto per la provenienza quanto per la destinazione. Considerando le diverse caratteristiche del finanziamento del terrorismo e degli strumenti per il suo contrasto, il GAFI ha emanato il 31.10.2011 otto Raccomandazioni Speciali, aggiungendone una nona in data 22.10.2004, relativa a misure sul trasferimento al seguito da o per l’estero di denaro o altri valori;  nel febbraio 2012 ha  elaborato 40 Raccomandazioni, inglobando le precedenti Raccomandazioni speciali; il riferimento nella precedente Raccomandazione Speciale I alla necessità per i Paesi di sottoscrivere e ratificare alcuni strumenti internazionali antiterrorismo (tra cui la Convenzione delle Nazioni Unite del 1999) è stato accorpato nella nuova Raccomandazione 36, insieme ad altre fonti rilevanti per la materia dell’antiriciclaggio. Inoltre, la Raccomandazione n. 5 (previgente Raccomandazione Speciale II) ha fissato gli standard relativi alla fattispecie penale di finanziamento del terrorismo, riconducendola a quella configurata dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la soppressione del terrorismo, con la  precisazione che l’ambito della criminalizzazione deve comprendere non solo il finanziamento di specifici atti terroristici ma anche il supporto finanziario a organizzazioni o a singoli terroristi “pure in assenza di un collegamento con uno o più specifici atti terroristici”. Di specifico rilievo per la materia del terrorismo restano la Raccomandazione n. 6 (sanzioni specifiche di natura finanziaria in materia di terrorismo e di finanziamento del terrorismo) e la Raccomandazione n. 8 (organizzazioni non lucrative)[3].

 La disciplina internazionale ha trovato, ancora, uno snodo fondamentale nellaConvenzione per la repressione del finanziamento internazionale al terrorismo adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 9 dicembre 1999[4].

Quest’ultima ha rovesciato l’approccio della Convenzione di Vienna sul traffico degli stupefacenti, spostando l’interesse sulla criminalizzazione dell’illecita destinazione dei fondi, la loro origine illecita risultando solo eventuale; in tale prospettiva, ha richiesto l’adozione di misure di contrasto al movimento dei fondi in presenza del sospetto del loro futuro utilizzo per il terrorismo internazionale (money dirtying) attraverso pro-active investigations, cioè indagini che prescindono dalla previa commissione di uno o più reati e sono orientate ad analizzare i flussi finanziari tout court. La Convenzione di New York ha offerto una nozione particolarmente estesa di “fondi” (art. 1) e spinto per la criminalizzazione da parte degli Stati (artt. 2 e 4) di chiunque, servendosi di un qualsiasi mezzo, raccoglie fondi destinati ad essere utilizzati per commettere atti terroristici, cioè atti considerati reati ai sensi delle altre Convenzioni ad essa allegate, oppure azioni miranti ad uccidere o ferire gravemente civili che non partecipano direttamente alle ostilità in caso di conflitto armato. La  Convenzione del 1999  ha specificato che, per ravvisare la fattispecie di reato, non è necessario che i fondi vengano effettivamente utilizzati a fini terroristici, dovendo il reato essere integrato anche da chiunque tenti di compiere un atto di terrorismo, oppure vi partecipi in quanto complice, organizzi e contribuisca alla commissione del reato; ha richiesto alle Parti di impegnarsi nel prevedere forme di responsabilità penale, civile o amministrativa in capo a persone giuridiche che compiano, tramite i propri amministratori, azioni in violazione della Convenzione e a predisporre efficaci sanzioni penali, civili e amministrative, anche di natura pecuniaria, che risultino proporzionate e dissuasive; ha individuato le misure per la rilevazione, il blocco o il sequestro di fondi destinati ad essere utilizzati in attività di sostegno al terrorismo[5]. Intenso, inoltre, lo stimolo della Convenzione ad adottare anche, se necessario, misure di carattere legislativo, affinché i reati contemplati dalla Convenzione non trovino alcuna giustificazione di natura politica, filosofica, ideologica, razziale, etnica, religiosa o in considerazione di qualsiasi altro analogo motivo, definendo i casi in cui uno Stato Parte può stabilire la propria competenza giurisdizionale, in particolare quando l’atto criminale è stato commesso sul suo territorio o se è compiuto da un suo cittadino.

In materia di contrasto al terrorismo possono rammentarsi, inoltre, i seguenti trattati conclusi in seno al Consiglio d’Europa: la Convenzione europea per la repressione del terrorismo sottoscritta a Strasburgo il 27/01/1977[6], con il Protocollo di emendamento, sottoscritto a Strasburgo il 15/05/2003[7]; la Convenzione per la prevenzione del terrorismo conclusa a Varsavia il 16.05.2005[8], con protocollo addizionale firmato a Riga il 22.10.2015[9]; la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, stipulata a Varsavia il 16.05.2005, con cui è stata aggiornata e ampliata la  convenzione del 1990 per considerare oltre al finanziamento del terrorismo attraverso il riciclaggio di denaro, anche quello attraverso attività lecite[10].

In seno all’Unione europea la disciplina antiterrorismo più pregnante ha avuto gestazione più lenta. Al di là delle norme incastonate nel TFUE (artt. 67, 75, 83[11], 88, 222) e prima della decisione quadro 2002/475/GAI[12], la II direttiva europea antiriciclaggio (2001/97/CE) non considerava il reato di finanziamento al terrorismo quale autonomo oggetto di tutela e non ne offriva specifica definizione.

 Solo con la III direttiva(2005/60/CE)è stata operata una compiuta definizione normativa della nozione di «finanziamento del terrorismo» ed è stata data attuazione congiunta alle più recenti raccomandazioni Fatf in materia di antiriciclaggio e di finanziamento del terrorismo, rendendo esplicita la connessione tra le due discipline. L’art. 1, § 4, riprendendo la struttura dell’art. 2 delle Convenzione di New York del 1999, ha precisato che «ai fini della presente direttiva, per «finanziamento del terrorismo» si intende la fornitura o la raccolta di fondi, in qualunque modo, direttamente o indirettamente, con l’intenzione di utilizzarli, in tutto o in parte, per compiere uno dei reati di cui agli articoli da 1 a 4 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo, o sapendo che saranno utilizzati a tal fine». Sono reati terroristici, in base all’art. 1 della decisione quadro 2002/475/GAI «gli atti intenzionali di cui alle lettere da a) a i) definiti reati in base al diritto nazionale che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno a un Paese o a un’organizzazione internazionale, quando sono commessi al fine di: – intimidire gravemente la popolazione, o. costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o – destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un Paese o un’organizzazione internazionale: a) attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso; b) attentati gravi all’integrità fisica di una persona; c) sequestro di persona e cattura di ostaggi; d) distruzioni di vasta portata di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli; e) sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci; f) fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche e chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo; g) diffusione di sostanze pericolose, il cagionare incendi, inondazioni o esplosioni i cui effetti mettano in pericolo vite umane; h) manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane; i) minaccia di realizzare uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h)».  In base all’art. 2 della citata decisione quadro, per «organizzazione terroristica», ai fini della decisione medesima, «s’intende l’associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici»[13]. Secondo l’art. 3, quanto ai reati connessi alle attività terroristiche, «ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano considerati reati connessi alle attività terroristiche i seguenti comportamenti: a) furto aggravato commesso per realizzare uno dei comportamenti elencati all’art. 1, paragrafo 1; b) estorsione per attuare uno dei comportamenti elencati all’art. 1, paragrafo 1; c) formazione di documenti amministrativi falsi al fine di porre in essere uno dei comportamenti elencati nell’art. 1, paragrafo 1, lettere da a) a h), e nell’art. 2, paragrafo 2, lettera b)». L’art. 4, infine, ha impegnato gli Stati membri ad adottare le misure necessarie affinché siano resi punibili l’istigazione a commettere uno dei reati di cui all’art. 1, paragrafo 1, e agli artt. 2 o 3 o il concorso in uno di tali reati e affinché sia reso punibile il tentativo di commettere uno dei reati di cui all’art. 1, paragrafo 1, e all’art. 3, esclusi la detenzione di cui all’art. 1, paragrafo 1, lettera f), e il reato di cui all’art. 1, paragrafo 1, lettera i).

L’art. 1, par. 5, della IV direttiva europea (2015/849 del 20 maggio 2015) haconfermato i contenuti della definizione di finanziamento del terrorismo già offerti dalla terza direttiva europea.

La direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017 sulla lotta contro il terrorismo[14]  è stata adottata per allineare le legislazioni dell’UE agli sviluppi internazionali connessi all’adozione della risoluzione 2178 (2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e del protocollo addizionale della convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo e per contrastare il fenomeno dei combattenti stranieri. La direttiva ha spinto verso un’ulteriore armonizzazione della definizione dei reati di terrorismo, dei reati riconducibili a un gruppo terroristico e dei reati connessi ad attività terroristiche in tutti gli Stati membri per contemplare in modo più completo le condotte connesse, in particolare, ai combattenti terroristi stranieri e al finanziamento del terrorismo, assumendo l’opportunità che tali condotte siano punibili se messe in atto attraverso Internet, inclusi i social network. Alla luce dell’evolversi delle minacce terroristiche e della natura internazionale del terrorismo, sono state stabilite norme minime relative alla definizione dei reati e delle relative sanzioni in questo ambito. Quanto alla definizione dei reati di terrorismo la direttiva ha stabilito un elenco esaustivo dei reati gravi che gli Stati membri sono tenuti a classificare come reati gravi di terrorismo nelle rispettive legislazioni nazionali quando commessi per, o quando sussista una minaccia che vengano commessi per un particolare scopo terroristico (art. 3).

Gli scopi terroristici vengono descritti come segue (art. 3, par. 2): – i) intimidire gravemente la popolazione; – ii) costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; – iii) destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un Paese o di un’organizzazione internazionale.

 Quanto all’elenco degli atti terroristici che gli Stati membri sono tenuti a punire come reati, anche se il reato di terrorismo non è stato effettivamente commesso, lo stesso comprende inoltre i  reati riconducibili a un gruppo terroristico (ad esempio dirigere un gruppo terroristico o partecipare consapevolmente alle sue attività) se commessi intenzionalmente (art. 4); reati connessi ad attività terroristiche (artt. 5-12)[15].

  • 2.2. La legislazione nazionale.

  Inizialmente il legislatore nazionale ha preferito riproporre alcuni strumenti repressivi e istituti già sperimentati per fronteggiare altre manifestazioni criminali di carattere associativo come la mafia o il terrorismo di matrice politica interna [16], adattati alle nuove contingenze[17]. L’impianto del codice Rocco, in effetti, era particolarmente attrezzato nella tutela penale della personalità dello Stato e le tecniche di tutela codicistiche si sono prestate a contrastare il terrorismo interno degli anni Settanta. Un modello di progressione di tutela dalle condotte preparatorie sino all’attuazione del programma politico eversivo: dai delitti di istigazione/apologia/propaganda, alle fattispecie di accordo/associazione per finire con i delitti di attentato. Il modello garantiva l’anticipazione della tutela penale che, da strumento di lotta al “nemico politico” degli anni Trenta, si è venuto trasformando in strumento utile contro il nuovo nemico del “terrorista interno” degli anni Settanta del secolo scorso[18]. La legislazione dell’emergenza ha segnalato l’esasperazione degli elementi di specialità del diritto penale politico: espansione dei reati associativi e dei delitti di attentato; potenziamento dei reati di opinione; forte accentuazione del profilo soggettivo, attraverso l’onnivora finalità di terrorismo o di eversione la quale, come elemento costitutivo o circostanza aggravante, è divenuta la chiave di accesso al sistema normativo di contrasto al terrorismo con disposizioni speciali in materia di diritto penale, diritto penitenziario, diritto processuale, misure di prevenzione. Il legislatore ha inasprito, inoltre, il trattamento sanzionatorio attraverso l’aumento dei limiti edittali di pena e l’introduzione di limiti al giudizio di bilanciamento delle circostanze (art. 1, l. 15/1980).

Lo sviluppo del terrorismo internazionale ha importato il passaggio dalla tutela progressiva del codice Rocco alla tutela penale a “costellazione”[19], attenta alla repressione delle attività collaterali al fenomeno associativo. Nella fenomenologia del terrorismo internazionale, infatti, la tradizionale organizzazione, asse dei reati associativi, è frequentemente disarticolata in una struttura a rete che rende più fluidi i contatti e le modalità di azione che si avvalgono dei c.d. lupi solitari[20] il cui collante è l’ideologia che fomenta la violenza. L’espansione e l’anticipazione della tutela penale rispetto a condotte collaterali al fenomeno associativo riflettono criminologicamente le modalità di azione delle associazioni terroristiche e di coloro che, per condivisione ideologica, programmano autonome condotte di supporto al programma [21]. Questo mutamento dell’indirizzo di politica criminale, come anticipato, è in linea con la disciplina sovranazionale che ha imposto l’anticipazione dell’intervento penale, presente anche nell’ultima direttiva dell’Unione europea (2017/541) che ha sollecitato gli Stati membri a dare rilevanza penale ad ulteriori condotte (art. 8).  Sul piano della tecnica di tutela, poi, hanno trovato ingresso fattispecie a tutela anticipata (artt. 270-ter ss. c.p.) connotate da tre elementi: fattispecie strutturalmente sganciate dall’associazione con finalità di terrorismo (applicabili fuori dai casi di concorso nel reato associativo, come indicato  dalla clausola di riserva) con potenziamento anche dei reati di apologia e istigazione; valorizzazione del dolo specifico quale elemento strutturale che collega la condotta incriminata a ulteriori condotte con finalità di terrorismo anche molto distanti, temporalmente e spazialmente, dalla prima; parificazione del trattamento sanzionatorio delle fattispecie collaterali al fenomeno associativo alle condotte di partecipazione all’associazione. Al contempo, le nuove fattispecie a tutela anticipata sono funzionali al processo penale in chiave di agevolazione probatoria, sollevando il giudice dall’accertamento degli elementi della condotta di partecipazione o di concorso esterno che,  in relazione alla criminalità organizzata di tipo mafioso, ha vissuto un progressivo affinamento giurisprudenziale con delimitazione della funzione incriminatrice dell’art. 110 c.p. ; sul piano cautelare, poi, tali figure criminose hanno permesso un ulteriore arretramento nell’intervento delle misure processuali.

Un primo gruppo di interventi ad hoc è stato realizzato solo dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Tre decreti-legge hanno attuato le misure contro Al-Qaeda e i Talebani (DL  28 settembre 2001, n. 353 conv. in l. 27 novembre 2001, n. 415), introdotto misure volte a reprimere il finanziamento al terrorismo, istituendo il Comitato di sicurezza finanziario (DL  12 ottobre 2001, n. 369 conv. in l. 14 dicembre 2001, n. 431) e operato modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, rimodulando le norme esistenti per fronteggiare il terrorismo interno, in modo da renderle funzionali al contrasto del terrorismo internazionale (DL  18 ottobre 2001, n. 374 conv. in l. 15 dicembre 2001, n. 231). In particolare, è stato introdotto il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale (art. 270-bis c.p.), legittimando allo svolgimento delle indagini gli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto di Corte d’appello (art. 51, comma 3-quater, c.p.p.)[22] ed estendendo anche alle indagini relative al terrorismo internazionale alcune misure già previste in materia di contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso.

È prevista l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 13 DL 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con mod., dalla l. 12 luglio 1991, n. 203, nei limiti dell’art. 3 DL n. 374/2001[23], con possibilità di effettuare intercettazioni telefoniche, ambientali e di flussi informatici in presenza di sufficienti indizi di reato e di necessità delle intercettazioni per i delitti commessi per finalità di terrorismo; si apre all’ammissibilità delle intercettazioni preventive, su autorizzazione del p.m., escludendo valore probatorio ai risultati (art. 5 D.L. n. 374/2001[24]); viene introdotta la possibilità per gli appartenenti alle forze di polizia di svolgere attività sotto copertura in relazione al contrasto del terrorismo internazionale, l’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali originariamente previste contro la mafia (art. 7 D.L. n. 374/2001) sono estese nei casi di  commissione   dei   reati   con   finalità   di   terrorismo   anche internazionale; viene autorizzato l’impiego del sistema della videoconferenza per l’esame e partecipazione a distanza degli imputati detenuti e dei collaboratori di giustizia (art. 8 DL. N. 374/2001).

L’espressa riconducibilità al terrorismo internazionale della fattispecie penale dell’art. 270-bis c.p., con i connessi adattamenti procedurali, è risultata decisiva per agevolare il contrasto di cellule a specifica connotazione etnico-religiosa le quali, utilizzando il territorio italiano come base logistica, sostenevano l’azione di organizzazioni terroristiche operanti in altri Paesi[25]. Per la Cassazione, infatti, l’originaria formulazione dell’art. 270-bis c.p. (introdotto dall’art. 3 DL  15 dicembre 1979, n. 625, conv., con mod., nella l. 6 febbraio 1980, n. 15),  punendo associazioni clandestine terroristiche aventi come obiettivo la programmazione e l’esecuzione di aggressioni eversive contro lo Stato italiano (e non contro lo Stato estero)  ne precludeva l’applicazione al terrorismo internazionale[26]; onde, prima della ricordata modifica dell’art. 270-bis c.p., la possibilità di perseguire in Italia gruppi organizzati criminali anche clandestini i quali, attraverso le attività svolte sul suolo italiano, avessero favorito la commissione di atti violenti contro l’ordinamento di Stati stranieri, era consentita nei ristretti limiti in cui fosse integrato il reato di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) o altri reati strumentali a quell’obiettivo, senza l’impiego degli strumenti investigativi processuali e penali più idonei ad affrontare il fenomeno terroristico già collaudati in passato per la repressione del terrorismo interno (intercettazioni, custodia cautelare, trattamento penitenziario, ecc.)[27]. Inoltre, se ai fini del riconoscimento della sussistenza del reato di criminalità organizzata (di matrice eversiva o di stampo mafioso) la giurisprudenza consolidata esigeva il radicamento territoriale del gruppo, la stabilità logistica e la condivisione quasi totale tra i vari associati della conoscenza del programma e degli obiettivi a breve e medio termine dell’organizzazione di cui essi fanno parte[28], tali caratteristiche non erano riscontrabili nell’associazione terroristica internazionale. In quest’ultima frequente è la distanza spaziale tra singolo o singola cellula all’inizio della catena operativa e l’obiettivo da colpire da altri; spesso quest’ultimo è ubicato in diverso luogo e ancora non deciso, predefinito e conoscibile in anticipo, in quanto la definizione del progetto delittuoso finale coinvolge numerosi militanti, organizzatori e ispiratori in diversi continenti, appartenenti anche a gruppi diversi[29]. Inoltre, nella realtà fenomenica del terrorismo internazionale, soprattutto di matrice islamica, di solito l’associazione ha una struttura cellulare che si forma e rimodula diversamente in differenti contesti spazio-territoriali, nei quali gli incontri fisici tra i partecipi del gruppo possono essere sporadici e realizzati sulla rete internet [30].

A seguito della novella in commento la giurisprudenza ha ricavato, per le associazioni con finalità di terrorismo internazionale, la natura di associazione terroristica non solo dall’inclusione dell’organizzazione negli elenchi di associazioni terroristiche stilati dagli organismi sovranazionali, ma anche dalla disamina del concreto manifestarsi dell’organizzazione alla stregua degli indici descrittivi fattuali fissati dall’art. 270-sexies c.p.[31]. Il delitto ex art 270-bis c.p. è configurabile in presenza di una struttura criminale che si prefigga la realizzazione di atti violenti qualificati dalla finalità di terrorismo anche internazionale provvista della capacità di dare agli stessi effettiva realizzazione, non essendo sufficiente una mera attività di proselitismo ed indottrinamento, finalizzata ad inculcare una visione positiva del martirio per la causa islamica e ad acquisire generica disponibilità ad unirsi ai combattenti in suo nome[32]. In presenza di una struttura organizzata sia pure in modo rudimentale il delitto di partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico, di cui all’art. 270-bis cod. pen., è ritenuto configurabile con una condotta di adesione ideologica che si sostanzi in seri propositi criminali diretti alla realizzazione delle finalità associative, senza che sia necessario, data la natura di reato di pericolo presunto, che si abbia l’inizio di materiale esecuzione del programma criminale[33].

Una seconda fase di significative innovazioni normative rispetto all’assetto interno del diritto e della procedura penale per potenziare il contrasto del terrorismo è riferibile alDL 27 luglio 2005, n. 144, conv. con mod. nella l. 31 luglio 2005, n. 155.

Il testo normativo ha operato mutamenti di procedura penale di portata generale.

Sono state introdotte nuove norme per le intercettazioni preventive cui all’art.  226 delle norme di att., coord. e trans. del c.p.p. (art. 4), sui dati del traffico telefonico e telematici (art. 6) sull’identificazione personale quanto al fermo di identificazione e ai prelievi biologici coattivi (art. 10) nonché in materia di arresto e di fermo (art. 13).  La parte più rilevante degli interventi del 2005 è orientata al rafforzamento operativo degli apparati di polizia e di intelligence:  possibilità dei colloqui investigativi con persone detenute o internate informazioni utili per lo svolgimento di indagini in materia di terrorismo; permesso di soggiorno a fini investigativi, da rilasciare agli stranieri che abbiano collaborato con l’autorità rendendo informazioni utili ai fini della prevenzione o dell’accertamento dei reati; introduzione di norme più rigorose di regolamentazione di talune attività sottoposte ad autorizzazione amministrativa (come gli esercizi pubblici di telefonia e internet; l’attività di volo; i servizi di vigilanza non richiedenti  l’impiego di personale di forze di polizia, ecc.); nuove norme in materia di espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo; attribuzione ai direttori dei servizi segreti della legittimazione a richiedere al procuratore generale presso la corte d’appello l’autorizzazione per lo svolgimento di intercettazioni preventive; obbligo di identificazione degli acquirenti di schede elettroniche per telefonia mobile, di conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico e nuovo regime di acquisizione dei relativi dati a fini processuali.

Il legislatore, per limitare il rischio di contrasti interpretativi, ha declinato in termini normativi la nozione di «condotta con finalità di terrorismo» (art. 270-sexies c.p.), introdotto le nuove fattispecie di arruolamento (artt. 270-quater [34]) e di addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quinquies c.p.[35]) ed esteso ai fatti di terrorismo internazionale istituti già previsti per il contrasto della criminalità organizzata di stampo mafioso[36].

Di considerevole portata, in particolare, la norma definitoria dell’art. 270-sexies c.p. alla cui stregua «Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia».

Come chiarito dalla giurisprudenza per integrare la finalità di terrorismo di cui all’art. 270-sexies cod. pen., non basta  che l’agente abbia intenzione di arrecare un grave danno al Paese ma occorre che la sua condotta crei la possibilità concreta – per la natura ed il contesto obiettivo dell’azione, nonché degli strumenti di aggressione in concreto utilizzati – che esso si verifichi, nei termini di un reale impatto intimidatorio sulla popolazione, tale da ripercuotersi sulle condizioni di vita e sulla sicurezza dell’intera collettività, posto che solo in presenza di tali condizioni lo Stato potrebbe sentirsi effettivamente coartato nelle sue decisioni[37]; non è sufficiente, dunque, la direzione dell’atteggiamento psicologico dell’agente, ma è necessario che la condotta posta in essere del medesimo sia concretamente idonea a realizzare uno degli scopi indicati nel predetto articolo (intimidire la popolazione, costringere i poteri pubblici a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali ecc. di un Paese o di un’organizzazione internazionale), determinando un evento di pericolo di portata tale da incidere sugli interessi dell’intero Paese[38].

La direttiva 2005/60/CE è stata recepita con il D.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, per i profili concernenti il riciclaggio, e con il D.lgs. 22 giugno 2007, n. 109 per la parte che attiene al finanziamento del terrorismo disciplina che completa, riordina e “stabilizza” la normativa preesistente, definendo in modo organico le strutture e le procedure con le quali le amministrazioni italiane partecipano alla lotta contro il finanziamento del terrorismo. In particolare, la nuova normativa ha ad oggetto l’introduzione delle «misure per prevenire l’uso del sistema finanziario a scopo di finanziamento del terrorismo e per attuare il congelamento dei fondi e delle risorse economiche per il contrasto del finanziamento del terrorismo e dell’attività di Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale in base alle risoluzioni delle Nazioni Unite o alle deliberazioni dell’Unione europea» (art. 2, comma 1, D.lgs. n. 109/2007) e la definizione della distribuzione delle competenze e l’assetto organizzativo interno predisposti per contrastare il finanziamento al terrorismo, distinguendo tra gli organi con compiti decisionali, che formulano le proposte di listing e delisting, e gli organi con compiti di vigilanza ed accertamento, ai quali è affidata l’attività istruttoria.

In base all’originario art. 2, comma 4, del D.lgs. n. 231/2007 «ai fini del presente decreto per finanziamento del terrorismo vale la definizione di cui all’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109»; quest’ultima esplicitava la definizione nei seguenti termini:  «qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione di fondi o di risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo o in ogni caso diretti a favorire il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice penale, e ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti». Venendo operato un rinvio alle norme penali, a differenza di quanto avviene per il riciclaggio (per il quale è formulata un’autonoma definizione avente rilievo ai fini amministrativi), è necessario tener presente tutte le fattispecie rilevanti in materia di terrorismo, comprese quelle introdotte da recenti successivi interventi normativi. La portata delimitativa del rinvio, invero, è contraddetta  dal fatto che tra i delitti con finalità di terrorismo  l’art. 270-sexies c.p. annovera, con ampia estensione, anche «le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia» richiamando indirettamente i reati previsti dall’art. 2 della Convenzione di New York del 1999 che, a sua volta, al par. 1 lett. a) opera ulteriori rimandi anche alle disposizioni incriminatrici contenute nelle Convenzioni alla stessa allegate[39].

La definizione mira ad anticipare l’interesse verso operazioni che, prescindendo dall’utilizzo effettivo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione di delitti connotati dalla finalità di terrorismo, risultano rivelatrici dell’orientamento finalistico (“dirette”) «alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione» delle stesse, per agevolare il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice penale; oltre a  confermare l’irrilevanza dell’origine lecita o illecita dei fondi e delle risorse economiche è ribadito l’interesse verso il loro impiego per la realizzazione di un’attività illecita (money dirtying); lo palesano  anche i  concetti di “fondi” («le attività ed utilità finanziarie di qualsiasi natura, possedute anche per interposta persona fisica o giuridica», poi  analiticamente  esemplificati) e di “risorse economiche” («le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, ivi compresi gli accessori, le pertinenze e i frutti, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate anche per interposta persona fisica o giuridica per ottenere fondi, beni o servizi»).  Tali nozioni hanno rappresentato anche parametri di riferimento per l’adempimento degli obblighi di collaborazione passiva e attiva fissati dal D.lgs. n. 231/2007, secondo l’approccio basato sul rischio, collegato alla prevenzione della commissione delle diverse fattispecie penali contenute nel Libro II, titolo I, capitolo I e II del codice penale[40].

Con il “pacchetto” antiterrorismo del 2015, il legislatore italiano ha inteso attuare obblighi di diritto internazionale derivanti dalla Risoluzione n. 2178/2014 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite[41]. La riforma ha inciso sulle norme in materia di terrorismo autorizzando un generale arretramento della soglia di rilevanza penale, rendendo punibili alcuni atti meramente preparatori. In dettaglio, dopo l’attacco terroristico alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, il legislatore è intervenuto con il DL n. 7 del 18 febbraio 2015, convertito con modificazioni con L. n. 43 del 17 aprile 2015; dall’altro, mediante la L. del 28 luglio 2016, n. 153, sono state ratificate cinque Convenzioni internazionali in materia di prevenzione e contrasto al terrorismo [42], introducendo nuove ipotesi delittuose nel codice penale, che vanno ad aggiungere alle altre disposizioni codicistiche mirate alla lotta al terrorismo[43]. In particolare, in attuazione della Risoluzione 2178/2014, il DL n. 7/2015 ha introdotto ed esteso norme penali modificando la normativa in materia di terrorismo per incriminare le condotte dei foreign terrorist fighters ed ha ampliato i poteri di polizia nonché le situazioni nelle quali sono applicabili misure di prevenzione. In particolare, l’art. 1 della L. 43/2015 ha coniato nuove fattispecie di delitto in materia di terrorismo, aggiungendo un secondo comma all’art. 270-quater c.p.[44], introducendo l’art. 270-quater.1 c.p.[45], modificando l’art. 270-quinquies c.p.[46] e, da ultimo, aggiungendo la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale, qualora sia coinvolto un minore, nel caso di condanna per i delitti ex artt. 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies c.p.

La l. n. 153 del 28 luglio 2016, contestualmente alla ratifica delle ricordate Convenzioni internazionali, ha operato ulteriori innovazioni nel Codice penale, introducendo o ulteriori fattispecie di reato nell’ambito delle norme volte al contrasto del terrorismo[47]. In primo luogo, ha inserito l’art. 270-quinquies.1 c.p., che punisce chiunque, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater.1, raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro, in qualunque modo realizzati, destinati a essere in tutto o in parte utilizzati per il compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all’art. 270-sexies, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi per la commissione delle citate condotte, con la reclusione da sette a quindici anni. Il secondo comma della disposizione prevede, inoltre, che chiunque deposita o custodisce i beni o il denaro indicati al primo comma è punito con la reclusione da cinque a dieci anni[48]. In secondo luogo, vengono introdotti gli artt. 270-quinquies.2 e 270-septies c.p., disposizioni collegate dal punto di vista finalistico, che mirano a reprimere i focolai terroristici alla base, sottraendo loro le disponibilità materiali ed economiche. Viene, perciò, incriminato chiunque ponga in essere condotte di sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro per finalità di prevenzione del finanziamento delle condotte terroristiche; inoltre è prevista l’obbligatorietà, alle condizioni dell’art. 270-septies c.p., della confisca dei beni, utilizzati o destinati al compimento di reati di terrorismo, nel caso di condanna per taluno dei delitti con la finalità di cui all’art. 270-sexies c.p. Infine, la riforma ha inserito l’art. 280-ter c.p., rubricato “atti di terrorismo nucleare”, disposizione che contiene in realtà due diverse incriminazioni, correlate strettamente alla finalità di cui all’art. 270-sexies: è punito con la pena della reclusione non inferiore a quindici anni chiunque procura a sé o ad altri materia radioattiva, ovvero crea un ordigno nucleare o ne viene altrimenti in possesso; e con la reclusione non inferiore a vent’anni, chiunque utilizza materia radioattiva o un ordigno nucleare ovvero utilizza o danneggia un impianto nucleare in modo tale da rilasciare o con il concreto pericolo che rilasci materia radioattiva. Il terzo comma dell’art. prevede, infine, che le disposizioni di cui ai primi commi si applicano altresì quando la condotta ivi descritta abbia ad oggetto materiali o aggressivi chimici o batteriologici.

La forte anticipazione della tutela e la soggettivizzazione delle fattispecie, accomunate dalla direzione finalistica della condotta, intensificano il  pericolo di rarefazione dell’offensività del fatto tipico[49]; in particolare, nelle nuove fattispecie di arruolamento, addestramento, istruzione, organizzazione di viaggi, il dolo specifico, che dovrebbe  qualificare  il disvalore del fatto, fatica ad assolvere la funzione penalmente tipizzante, perché sono incriminate condotte molto anticipate e distanti da quelle terminali provviste di  effettiva dimensione lesiva[50].

Di rilievo, altresì, le modifiche in tema di destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali per persone di interesse intervenute tra il 2015 e il 2017 estesa la categoria «agli indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale e a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice, nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un’organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all’art. 270-sexies del codice penale»[51].

  • 3. La vigente nozione di finanziamento del terrorismo prevista dall’art. 2, comma 6, del D.lgs. n. 231/2007.

Il D.lgs. n. 90/2017 ha riscritto parte del D.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, apportandovi significative modifiche. Ai fini che direttamente interessano il novellato art. 2, comma 6, del D.lgs. n. 231/2007 ha esplicitato in termini più estesi la definizione di finanziamento del terrorismo rilevante ai fini dell’applicazione delle norme contenute nel decreto ai fini di prevenzione e contrasto dell’uso del sistema economico e finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. La stessa definizione è prevista dall’art.  art. 1, comma 1, lett. d, D.lgs. n. 22 giugno 2007, n. 109 e  rileva per le misure per prevenire l’uso del sistema finanziario a scopo di finanziamento del terrorismo e del finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa e per attuare il congelamento dei fondi e delle risorse economiche per il contrasto del finanziamento del terrorismo, del finanziamento della proliferazione e dell’attività di Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale disposte in base alle risoluzioni delle Nazioni unite, alle deliberazioni dell’Unione europea e a livello nazionale dal Ministro dell’economia e delle finanze (art. 1, comma 1, lett. d, 2, D.lgs. n. 22 giugno 2007, n. 109).

Ai sensi del testo rivisitato del citato art. 2, comma 6, infatti,  «ai fini di cui al comma 1», «s’intende per finanziamento del terrorismo qualsiasi attività diretta, con ogni mezzo, alla fornitura, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione, in qualunque modo realizzate, di fondi e risorse economiche, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, utilizzabili per il compimento di una o più condotte, con finalità di terrorismo secondo quanto previsto dalle leggi penali, ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione delle condotte anzidette».

Si tratta di una definizione assai ampia, coincidente con quella accolta nel linguaggio comune, in grado di comprendere attività lecite (money transfer, hawala [52]) ed illecite (finanziamento attraverso fatti costitutivi di reato, come il traffico di stupefacenti o il favoreggiamento dell’immigrazione illegale)[53].

La  condotta, a forma libera,  si qualifica per  progressive tensioni finalistiche, che potrebbero definirsi di primo (verso possibili servizi di gestione di fondi e di risorse economiche) e secondo grado (verso la possibile  destinazione successiva dei fondi per finalità di terrorismo): la prima finalità dell’attività è rivelata dal predicato “diretta” e si identifica nel mero orientamento verso servizi  omogenei rispetto alla natura dei fondi e delle risorse economiche (la fornitura, raccolta, la provvista, l’intermediazione, il deposito, la custodia o l’erogazione) solo apparentemente tipici poiché è il legislatore a precisare che rilevano “in qualunque modo” siano realizzati, offrendo un primo criterio ermeneutico estensivo avvalorato anche dall’ampiezza  contenutistica del concetto di fondi (cfr. art. 1, comma 2, lett. q, D.lgs. n. 231/2007[54]; art. 1, lett. f, D.lgs. n. 109/2007) e di risorse economiche  (cfr. art. 1, comma 2, lett. mm, D.lgs. n. 231/2007[55] e art. 1, lett. f, D.lgs. n. 109/2007), quali valori di origine anche lecita.-

 La finalità di “secondo grado” si sostanzia di una condizione, ancora, potenziale, rappresentata dalla “utilizzabilità”, diretta o indiretta, dei fondi, rilevanti per la loro destinabilità al compimento di una o più condotte, con finalità di terrorismo.  Anche in tal caso il legislatore si preoccupa subito di mantenere ampio lo spazio di interesse sancendo l’irrilevanza dell’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione delle condotte con finalità terroristiche. Il maggior sforzo delimitativo rispetto alla precedente definizione del 2007 s’infrange contro l’ampiezza del rinvio alle norme penali che valgono qui a definire, anche ai fini amministrativi di prevenzione del finanziamento del terrorismo, la finalità di terrorismo delle attività.  In questo caso, infatti, la definizione penalistica ha contenuti già così anticipati da non rendere necessaria una nozione settoriale amministrativa e da essere convenientemente utilizzabile a fini preventivi. Come si anticipava, l’art. 270-sexies c.p. definisce la condotta terroristica sotto il profilo oggettivo in quanto in grado di “arrecare grave danno” ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale, e, sul versante soggettivo,  la qualifica attraverso tipici riferimenti finalistici alternativi, in quanto posta in essere “allo scopo di”:  (i)  intimidire la popolazione; (ii) o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale. La connotazione terroristica è prevista anche per tutte «le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia». In tal modo la portata delimitativa della definizione ex art. 2, comma 6, D.lgs. 231/2007, scaturente dal rinvio alla definizione della finalità di terrorismo secondo le previsioni delle leggi penali, risulta assai ridimensionata, operando il rinvio all’intero quadro convenzionale vincolante per l’Italia in materia, sopra ripercorso. Senza tralasciare di osservare che l’inserimento nel codice penale, all’art. 270-bis-1, dell’aggravante ex art. 1 DL 15 dicembre 1979, n. 625[56], prevista per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e ritenuta dalla giurisprudenza pacificamente applicabile a tutti i reati, stempera ulteriormente la portata selettiva della definizione. Sotto questo profilo, piuttosto, è utile ricordare che consolidata opinione giurisprudenziale assume che per la finalità di terrorismo di cui all’art. 270-sexies c.p. non basta  che l’agente abbia intenzione di arrecare un grave danno al Paese ma occorre che la sua condotta crei la possibilità concreta – per la natura ed il contesto obiettivo dell’azione, nonché degli strumenti di aggressione in concreto utilizzati – che esso si verifichi, nei termini di un reale impatto intimidatorio sulla popolazione, tale da ripercuotersi sulle condizioni di vita e sulla sicurezza dell’intera collettività; posto che solo in presenza di tali condizioni lo Stato potrebbe sentirsi effettivamente coartato nelle sue decisioni; non bastando  la direzione dell’atteggiamento psicologico dell’agente, è necessario che la condotta posta in essere sia concretamente idonea a realizzare uno degli scopi indicati nel predetto articolo, determinando un evento di pericolo di portata tale da incidere sugli interessi dell’intero Paese[57].


[1] Sostituto Procuratore della Repubblica in servizio presso Direzione Distrettuale Antimafia Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze.

È il testo ampliato e rivisto del capitolo 1, paragrafo 1.4. Il finanziamento del terrorismo (F. Di Vizio) in La Normativa in tema di prevenzione del riciclaggio: autorità, regole e controllo, a cura di Castaldi-Clemente, Quaderni dell’antiriciclaggio Analisi e studi, Banca d’Italia-UIF, n. 20 del febbraio 2023.

[2] Razzante-Ramunno, Riciclaggio e finanziamento al terrorismo di matrice islamica, Filodiritto, 3.5.2007.

[3] Di Bitonto, Terrorismo internazionale, procedura penale e diritti fondamentali in Italia, in Cass. Pen., fasc. 3, 2012, pp. 1181 ss.

[4] In tema cfr. Costanzo, Le nuove Raccomandazioni del GAFI e le prospettive di sviluppo della disciplina internazionale,in Castaldi-Conforti (a cura di) Manuale Antiriciclaggio, Bancaria Editrice, 2013.

[5] Entrata in vigore internazionale il 10 aprile 2002 e ratificata dall’Italia con la l. 14 gennaio 2003, n. 7, che ha inserito i delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’or­dine democratico nel novero dei reati-presupposto della respon­sabilità dell’ente ai sensi dell’art. 25-quater d.lgs. n. 231/2001; per un esame della novità e delle problematiche interpretative cfr. Sabia, Delitti di terrorismo e responsabilità da reato degli enti tra legalità e esigenze di effettività, in Diritto penale contemporaneo, 1/2017, 208-225.  Cfr. anche Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici per mezzo di esplosivo adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 1997, entrata in vigore internazionale il 23 maggio 2001 e della quale l’Italia ha autorizzato la ratifica con la L.  14 febbraio 2003, n. 34, e Convenzione internazionale per la repressione di atti di terrorismo nucleare, adottata a New York il 13 aprile 2005.

[6] Sul piano della cooperazione, gli Stati contraenti si impegnano a concedersi reciprocamente l’assistenza giudiziaria nella forma più ampia possibile, ai fini di inchieste, procedure penali o di estradizione conseguenti alla commissione di reati cui si applica la Convenzione. È esplicitamente stabilito che le Parti non possano invocare il segreto bancario per rifiutare la collaborazione giudiziaria e le violazioni della Convenzione non possono essere considerate come reati fiscali, né come reati politici e, come tali, essere invocati per rifiutare una richiesta di estradizione o di assistenza giudiziaria.

[7] La Convenzione tende ad agevolare l’estradizione degli autori di atti di terrorismo; per ciò, indica i reati che le parti si impegnano a non considerare come reato politico, come reato connesso ad un reato politico o come reato ispirato da motivi politici. Si tratta di atti di una particolare gravità (il dirottamento di un aereo, il rapimento di bambini, la presa di ostaggi o l’uso di bombe, granate, bombe volanti, lettere o pacchi bombe, che siano pericolosi per le persone). Le Parti hanno facoltà di non considerare come delitto politico ogni grave atto di violenza diretto contro la vita, l’integrità fisica o la libertà delle persone; non vi è obbligo delle parti ad estradare una persona che rischia di essere perseguita o punita per la razza, la religione, la nazionalità o le opinioni politiche.

[8] L’elenco dei reati da “depoliticizzare” è stato notevolmente esteso e copre tutti i reati descritti nelle Convenzioni e Protocolli pertinenti delle Nazioni Unite contro il terrorismo e viene introdotta una procedura di emendamento semplificata, che consentirà di aggiungere in futuro nuovi reati alla lista.

[9] La Convenzione mira ad accrescere l’efficacia degli strumenti internazionali esistenti nell’ambito della lotta al terrorismo. Essa è volta a intensificare gli sforzi compiuti dagli Stati membri nella prevenzione del terrorismo in due modi diversi: qualifica illeciti penali alcuni atti che potrebbero portare a commettere reati di natura terroristica, come la provocazione pubblica, l’arruolamento o la formazione; consolida la cooperazione in materia di prevenzione, sia a livello nazionale (politiche nazionali di prevenzione), sia a livello internazionale (modifica degli accordi di estradizione e di assistenza giudiziaria in vigore, così come dei mezzi supplementari).

[10]  È previsto l’impegno a criminalizzare una serie di atti, tra cui la partecipazione intenzionale a un gruppo terroristico, la ricezione di un addestramento per il terrorismo, il fatto di recarsi all’estero per scopi terroristici e il finanziamento o l’organizzazione di tali viaggi.

[11] Primo strumento internazionale per la prevenzione e il controllo del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo, che assume come il veloce accesso alle informazioni relative ai finanziamenti o alle risorse delle organizzazioni criminali, compresi i gruppi terroristici, sia fondamentale per il successo delle misure preventive e repressive e costituisca il modo migliore per destabilizzarne le attività.

[12] Il trattato di Lisbona ha introdotto una serie di norme prefissate allo scopo di garantire ai cittadini europei uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nel rispetto dei diritti fondamentali (art. 67 TFUE). Strumentale al raggiungimento di tale scopo, l’art. 83 TFUE prevede, per specifiche materie, particolarmente delicate e tassativamente indicate, tra cui il terrorismo, una competenza (indiretta) dell’Unione Europea in materia penale esercitata mediante direttive. 

[13] È la pietra angolare della risposta della giustizia penale degli Stati membri per combattere il terrorismo, mirando ad un quadro giuridico comune a tutti gli Stati membri e in particolare ad una definizione armonizzata dei reati di terrorismo quale necessaria premessa e  quadro di riferimento per lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità nazionali competenti ai sensi della decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, delle decisioni del Consiglio 2008/615/GAI e 2005/671/GAI , del regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio e delle decisioni quadro del Consiglio 2002/584/GAI e 2002/465/GAI.

[14] Il termine «associazione strutturata» designa un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano punibili i seguenti atti intenzionali: a) direzione di un’organizzazione terroristica; b) partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica, anche fornendole informazioni o mezzi materiali, ovvero tramite qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose dell’organizzazione terroristica.

[15] Sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio.

[16] Tra le condotte da punire penalmente vanno annoverate le seguenti: diffondere, sia online che offline, un messaggio con l’intento di istigare alla commissione di un reato di terrorismo, ad esempio mediante l’apologia di atti terroristici (art. 5); sollecitare e reclutare un’altra persona a commettere un reato di terrorismo (art. 6); fornire o ricevere addestramento a fini terroristici, ad esempio per la fabbricazione o l’uso di esplosivi, armi da fuoco o sostanze pericolose; viaggiare all’interno o all’esterno dell’UE a fini terroristici, ad esempio per partecipare alle attività di un gruppo terroristico o di compiere un attacco terroristico (artt. 7 e 8); organizzare e agevolare tali viaggi, compreso il sostegno logistico o materiale, ad esempio l’acquisto di biglietti o la pianificazione di itinerari; fornire o raccogliere capitali con l’intenzione di utilizzarli o con la consapevolezza che verranno utilizzati per commettere reati terroristici (9-10); la fornitura o la raccolta di capitali, se compiute intenzionalmente in qualsiasi modo, direttamente o indirettamente, con l’intenzione che tali capitali siano utilizzati, o nella consapevolezza che saranno utilizzati, in tutto o in parte, per commettere o per contribuire alla commissione di uno dei reati di cui agli articoli da 3 a 10 (art. 11, finanziamento del terrorismo). Tra le disposizioni generali vi sono regole integrate sul concorso, l’istigazione e il tentativo, e sulla giurisdizione e l’esercizio dell’azione penale per garantire la coerenza e l’effettiva applicazione delle regole relative ed evitare lacune; obblighi per i Paesi dell’UE di introdurre sanzioni per le persone fisiche e persone giuridiche responsabili di reati che riflettano la gravità dei reati, di adottare misure per la tempestiva rimozione e il blocco dell’accesso a contenuti online di natura terroristica ospitati nel loro territorio e ottenere la rimozione di tali contenuti ospitati al di fuori del loro territorio di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali sanciti dall’art. 6 del Trattato sul l’Unione europea nell’applicazione della direttiva; sono previste modifiche alla decisione 2005/671/GAI sulla condivisione delle informazioni e sulla cooperazione in materia di reati terroristici.

[17] Viganò, Il contrasto al terrorismo di matrice islamico-fondamentalistica: il diritto penale sostanziale, in Terrorismo internazionale e diritto penale, a cura di de Maglie e Seminara, Cedam, 2007, p. 159.

[18] Di Stasio, La lotta multilivello al terrorismo internazionale. Garanzie di sicurezza versus tutela dei diritti fondamentali, Milano, 2010, p. 564. Sulla evoluzione della normativa interna dagli anni Settanta del XX secolo al 2005, in prospettiva penalistica, cfr. Pasqua, Legislazione italiana anti-terrorismo, in Bassiouni (a cura di), La cooperazione internazionale per la prevenzione e la repressione della criminalità organizzata e del terrorismo, Milano, 2005, pp. 405 ss.

[19] Pelissero, La legislazione antiterrorismo. Il prototipo del diritto penale del nemico tra garanzie e rischi di espansione in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, fasc. 2, 1/6/2020, p. 750.

[20] L’osservazione è di Pelissero, op. cit., p. 751.

[21] Cass. Pen. Sez. 1, 9 ottobre 2018, n. 51654.

[22] Viganò, Minaccia dei “lupi solitari” e risposte dell’ordinamento: alla ricerca di un delicato equilibrio tra diritto penale, misure di prevenzione e diritti fondamentali della persona, in Kostoris – Viganò (a cura di), Il nuovo pacchetto antiterrorismo, Torino, 2015.

[23] Il termine di durata delle indagini preliminari è stato ampliato e l’eventuale proroga viene adottata dal giudice senza coinvolgimento della persona sottoposta alle indagini e/o della persona offesa (artt. 406, comma 5-bis e 407, comma 2, n. 4, c.p.p.);  viene prevista una duplice presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola misura della custodia in carcere in caso di attivazione della procedura incidentale de libertate per l’applicazione di una misura cautelare nei confronti della persona sottoposta alle indagini (art. 275, comma 3, c.p.p.).

[24] Attualmente l’art. 3 del d.l. n. 374/2001, a seguito degli interventi della l. 15 dicembre 2001, n. 438 e della l. 14 febbraio 2003, n. 34,  reca la seguente formulazione “ Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 270-ter280-bis  del  codice  penale e per i delitti di cui all’articolo 407,  comma  2,  lettera  a), n. 4 del codice di procedura penale, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13 del decreto-legge 13 maggio  1991,  n.  152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203”. Il n. 4 del comma 2, lett. a dell’art. 407 c.p.p. si riferisce ai delitti commessi per finalità di terrorismo o di  eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la  legge  stabilisce  la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque  anni  o  nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, e 306, secondo comma, del codice penale.

[25] Cfr. vigente art.  226 n. att. coord. trasns. c.p.p.

[26] Salvini, L’associazione finalizzata al terrorismo internazionale: problemi di definizione e prova della finalità terroristica, in Cass. pen., 2006, p. 3366.

[27] Cass. Pen. Sez. VI, 30 gennaio 1996, Bendebka, in Giust. pen., 1997, c. 158; Id., 1° marzo 1996, Ferdjani, in Foro it., 1996, II, c. 578; Id., 1° giugno 1999, Abdaoui Youssef, in Dir. pen. proc., 2000, p. 485.

[28] Salvini, L’associazione finalizzata al terrorismo, cit., p. 3367.

[29] Rosi, Terrorismo internazionale: anticipazione della tutela penale e garanzie giurisdizionali, in Dir. pen. proc., 2008, p. 458.

[30] Salvini, L’associazione finalizzata al terrorismo, cit., p. 3383.

[31] Nel senso che le strutture cellulari proprie delle associazioni criminose di matrice terroristica islamica sono caratterizzate da estrema flessibilità interna, così da rimodularsi secondo le pratiche esigenze che di volta in volta si presentano, oltre che in condizioni di operare anche contemporaneamente in più Stati, o in tempi diversi, con contatti fisici, telefonici o comunque a distanza anche sporadici Cfr. Cass Sez. fer., 18 agosto 2009, n. 34180, in Cass. pen., 2010, p. 3411.

[32] Così Cass. Pen. Sez. 5, n. 10380/2019, Rv. 277239 in fattispecie in tema di riconoscimento dell’”IS” come associazione terroristica operante in una dimensione spaziale globale, che si avvale di strutture dislocate in vari Paesi, protesa all’affermazione della “jihad globale” e finalizzata a commettere atti di violenza stragista per destabilizzare i pilastri degli ordinamenti costituzionali degli Stati e per attentare, in maniera indiscriminata e imprevedibile, alla vita ed integrità delle persone.

[33] Così Cass. Pen. Sez. 5, n. 48001/2016, Rv. 268164 in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto insussistente il delitto di cui all’art. 270-bis c.p., individuando una serie di indici della limitata operatività del gruppo e sottolineando come l’attività di mero proselitismo e indottrinamento, potendo costituire precondizione ideologica per la costituzione di un’associazione terroristica, è valutabile ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione

[34] Così Cass. Pen. Sez. 2, n. 24994/2006, Rv. 234345.

[35] Per Cass. pen. sez. 4, n. 23828/2019 l’art. 270-quater c.p. è stata introdotta per assicurare un più efficace contrasto al fenomeno del terrorismo, soprattutto internazionale e di origine fondamentalista islamica, punendo  la condotta di chi «al di fuori dei casi di cui all’articolo 270-bis, arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale». Tale norma incriminatrice – al pari di quella contenuta nel successivo art. 270-quinquies c.p., che punisce l’addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale – ha l’evidente scopo di ampliare lo spettro dell’intervento punitivo statuale, in quanto è destinata, per un verso, a colpire condotte con finalità di terrorismo anche internazionale poste in essere in Italia da soggetti che non risultino aver aderito ad una associazione ex art. 270-bis cod. pen., così finendo per garantire una forma di anticipazione della tutela penale; per altro verso, ha la finalità di evitare che autori di condotte di arruolamento che non espongono direttamente lo Stato italiano ad un pericolo di guerra, potessero rimanere impuniti, non essendo integrati gli estremi dei reati in materia di «arruolamento» previsti dagli artt. 244 e 288 c.p., né quelli del delitto di «reclutamento» di cui all’art. 4 della L.  n. 210 del 1995.  Per Cass. Pen., Sez. 1, n. 40699 del 09/09/2015, Elezi, Rv. 264719 la nozione di “arruolamento” con finalità di terrorismo anche internazionale è equiparabile a quella di “ingaggio“, per esso intendendosi il raggiungimento di un ‘serio accordo’ tra il soggetto che propone il compimento, in forma organizzata, di più atti di violenza ovvero di sabotaggio con finalità di terrorismo, e il soggetto che aderisce alla intesa. Ciò significa che, in mancanza del raggiungimento di un “accordo serio”, ad esempio nel caso in cui vi sia stata una generica ‘messa a disposizione’ cui non sia seguita alcuna condotta indicativa di una concreta disponibilità ad entrare a far parte di una struttura gerarchica con le indicate finalità di terrorismo, sarebbe al più ipotizzabile l’applicazione di una misura di sicurezza a norma dell’art. 115 cod. pen. Per Cass. Pen. Sez. 2, n. 23618/2019, invece, per ritenere integrata la condotta di arruolamento passivo prevista dall’art. 270-quater comma 2 cod. pen. non è necessaria la prova del “serio accordo” con la associazione, ma è sufficiente la prova dell’integrale disponibilità del neo-terrorista al compimento di tutte le azioni necessarie al raggiungimento degli scopi eversivi propagandati da Al Qaeda; le condotte coperte dall’art. 270, comma 2, c.p. vanno identificate effettuando la diagnosi differenziale con la partecipazione all’associazione terroristica dovendosi verificato se l’individuo ha un preciso ruolo nell’organigramma dell’associazione terroristica, centrale o delocalizzata (nel qual caso vertendosi nell’ipotesi prevista dall’art. 270-bis c.p.), oppure abbia scelto di aderire al programma di Al Qaeda e di rendersi disponibile al compimento di atti connotati da finalità terroristiche, anche a progettazione individuale, ma comunque funzionali al raggiungimento degli obiettivi indicati dall’organizzazione (nel qual caso vertendosi nell’ipotesi prevista dall’art. 270-quater, comma 2, c.p.).

[36] Ai fini della configurabilità del reato di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale, commesso dalla persona che abbia acquisito autonomamente informazioni strumentali al compimento di atti con la suddetta finalità, è comunque necessario che il soggetto agente ponga in essere comportamenti significativi sul piano materiale, univocamente diretti alla commissione delle condotte di cui all’art. 270-sexies cod. pen., senza limitarsi ad una mera attività di raccolta di dati informativi o a manifestare le proprie scelte ideologiche (così  Cass. Pen.  Sez. 5 ,  n. 22066/2020,  Rv. 279495 ha ritenuto configurabile in sede cautelare il reato di cui all’art. 270-quinquies c.p. sulla base di molteplici indici fattuali concreti, quali il possesso da parte dell’imputato di video ed immagini riconducibili alla propaganda terroristica per lo Stato islamico o illustrativi di tecniche per la preparazione di ordigni esplosivi, scaricati con elevata frequenza nell’arco di un significativo periodo di tempo, nonché di appunti manoscritti riproducenti la celebrazione di simboli e delle pratiche terroristiche dell’”Isis” e in cui l’indagato si proclamava “servo di Allah” votato al martirio; la partecipazione a chat di gruppo e canali di propaganda jihadista nei quali venivano manifestati propositi terroristici e di esaltazione del martirio e della guerra santa contro gli infedeli; il rinvenimento all’interno della sua abitazione di materiale destinato alla fabbricazione di un ordigno rudimentale; Cass. pen. Sez. 5, n. 6061/2017, Rv. 269581 ha ritenuto configurabile in sede cautelare il reato di cui all’art. 270-quinquies c.p. sulla base di molteplici indici fattuali concreti, tra i quali il possesso da parte dell’imputato di video ed immagini riconducibili alla propaganda terroristica per lo Stato islamico o illustrativi di tecniche per la preparazione di un ordigno, scaricati con elevata frequenza nell’arco di un significativo periodo di tempo, nonché l’avere in rubrica telefonica un’utenza collegata ad altra in uso a soggetto poi arrestato per detenzione di armi ed esplosivi; per contro Cass. Pen., Sez. 1, n. 7898/2019 ha ritenuto insufficiente ad integrare una condotta penalmente rilevante – ancorché dotata di valenza altamente sintomatica della contiguità con ambienti dell’estremismo islamico – l’avere l’imputato, tra l’altro, visionato numerosi video riguardanti tematiche “jihadiste”, di cui alcuni strumentali all’auto-addestramento). L’art. 270-quinquies c.p. richiede un duplice dolo specifico, caratterizzato, non solo dalla realizzazione di una condotta in concreto idonea al compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, ma anche dalla presenza di una delle finalità di terrorismo contemplate dall’art. 270-sexies cod. pen., le quali devono costituire oggetto di specifico accertamento sulla base delle emergenze del caso concreto (Cass. Pen. Sez. 1 , n. 7898/2020, Rv. 278499).

[37]  Salvini, I colloqui investigativi e i permessi di soggiorno a fini investigativi per il contrasto al terrorismo internazionale, in Le nuove norme di contrasto al terrorismo, a cura di Dalia, Milano, 2006, p. 2.

[38] Cass. Pen. Sez. 1, n. 47479/2015, Rv. 265405; nella specie è stata esclusa la sussistenza della finalità di terrorismo negli episodi di danneggiamento ai cantieri TAV, ritenendo che le condotte delittuose non fossero concretamente idonee a costringere le pubbliche autorità a rinunciare alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità, né avessero la capacità di produrre un grave danno al Paese; il riferimento al “contesto”, contenuto nel citato art. 270-sexies, e sulla base del quale deve essere valutato il significato della condotta, impone di dar rilievo al pericolo del “grave danno” anche quando questo non dipenda solo dall’azione individuale considerata, ma sia piuttosto il frutto dell’innesto di essa in una più ampia serie causale non necessariamente controllata dall’agente, fermo restando che questi deve rappresentarsi e volere tale interazione.

[39] Così Cass. Pen.  Sez. 6, n. 28009/2014 Rv. 2600761; Id,  n. 25949 /2008,  Rv. 240465 per la quale  non ricorre la circostanza aggravante della finalità di terrorismo prevista dall’art. 270-sexies c.p. nei fatti di devastazione commessi, in occasione della morte di un tifoso di calcio, da un gruppo di altri tifosi e concretatisi in aggressioni violente alle forze di polizia, lancio di bombe carta, assalto a caserme e incendio di autobus della stessa polizia, danneggiamento indiscriminato di auto e moto in sosta, in quanto in tali condotte, quantunque gravi, non è ravvisabile, in assenza di elementi di più adeguata strutturazione, la prospettiva teleologica ineludibile nella finalità medesima.

[40] Si tratta, in particolare delle seguenti Convenzioni: 1. Convenzione per la repressione dell’illecito sequestro di aeromobili (L’Aja, 16 dicembre 1970); 2. Convenzione per la repressione di atti illeciti diretti contro la sicurezza dell’aviazione civile (Montreal, 23 settembre 1971); 3. Convenzione sulla prevenzione e repressione dei reati contro le persone che godono di protezione internazionale, compresi gli agenti diplomatici (adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 14 dicembre 1973); 4. Convenzione internazionale contro la cattura di ostaggi (adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1979); 5. Convenzione internazionale sulla tutela del materiale nucleare (Vienna, 3 marzo 1980); 6. Protocollo per la repressione di atti illeciti di violenza negli aeroporti utilizzati dall’aviazione civile internazionale, complementare alla Convenzione per la repressione di atti illeciti diretti contro la sicurezza dell’aviazione civile (Montreal, 24 febbraio 1988); 7. Convenzione per la repressione di atti illeciti diretti contro la sicurezza della navigazione marittima (Roma, 10 marzo 1988); 8. Protocollo per la repressione di atti illeciti contro la sicurezza delle piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale (Roma, 10 marzo 1988); 9. Convenzione internazionale per la repressione di attentati terroristici perpetrati con esplosivo (adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 1997).

[41] Nella versione coeva all’introduzione del DL n. 109/2007 erano annoverabili tra essi l’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico ex art. 270-bis c.p. (come riformulata dal DL n. 374/2001, convertito con modificazioni nella l. n. 438/2001), l’assistenza agli associati ex art. 270-ter c.p. (delitto introdotto dal DL n. 374/2001, cit.), l’arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale ex art. 270-quater c.p., l’addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale ex art. 270-quinquies c.p. (fattispecie inserite dal DL n. 144/2005 convertito con modificazioni nella l. n. 155/2005), l’attentato per finalità terroristiche o di eversione ex art. 280 c.p., l’atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi ex art. 280-bis c.p. e il sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione ex art. 289-bis c.p. 

[42] La Risoluzione n. 2178 del 2014 del Consiglio di Sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, adottata ai sensi del Capo VII della Carta delle Nazioni Unite, ha evidenziato punti nevralgici affidandone l’attuazione agli Stati Membri: il contrasto all’estremismo violento; la cooperazione internazionale finalizzata ai controlli sul movimento dei sospetti terroristi, mediante l’eventuale utilizzo di misure di prevenzione; la risposta punitiva, consistente sostanzialmente nell’anticipazione della tutela penale, attraverso l’incriminazione degli stessi atti preparatori, antecedenti alla commissione di un attentato terroristico; l’espressa considerazione dei c.d. foreign terrorist fighters, prevedendo specifici obblighi di incriminazione del fenomeno in capo agli Stati Membri.

[43] L. 28 luglio 2016, n. 153 intitolata “Norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione: a) della Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; b) della Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005; c) del Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003; d) della Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; e) del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, fatto a Riga il 22 ottobre 2015”.

[44]  Per un’analisi critica delle soluzioni individuate nel tempo dal legislatore italiano e sulla loro compatibilità con i principi costituzionali di legalità, offensività, materialità e colpevolezza cfr. Reitano, Riflessioni in margine alle nuove fattispecie antiterrorismo, Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale 2007, pp. 217ss.; Marino, Il sistema antiterrorismo alla luce della l. 43/2015: un esempio di “diritto penale del nemico”? ibid., fasc. 3, 2016, p. 1388.

[45] Tale norma  punisce con la pena della reclusione da cinque a otto anni , fuori dai casi di cui all’articolo 270-bis c.p. e salvo il caso di addestramento (art. 270-quinquies c.p.), la persona che viene arruolata dai soggetti che commettono il delitto di cui al primo comma; in tal modo sono incriminati i c.d. “lupi solitari” , soggetti i quali, pur non facendo tecnicamente parte delle associazioni di cui all’art. 270-bis c.p., arruolano e vengono arruolati al fine di commettere atti terroristici. In tema di arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale, la nozione di “arruolamento” è stata ritenuta equiparabile a quella di “ingaggio”, per esso intendendosi il raggiungimento di un serio accordo tra soggetto che propone il compimento, in forma organizzata, di più atti di violenza ovvero di sabotaggio con finalità di terrorismo e soggetto che aderisce (Cass. Pen. Sez. 1, n. 40699/2015, Rv 264719-01).  

[46] Si tratta della fattispecie di “organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo” che punisce, fuori dai casi di cui agli artt. 270-bis e 270-quater, chiunque organizza, finanzia o propaganda viaggi in territorio estero, finalizzati al compimento delle condotte di cui all’art. 270-sexies c.p., con la pena della reclusione da cinque a otto anni. Sulla problematicità della figura criminosa e sul suo “risicato” ambito di applicazione cfr. Marino, op. cit., pp. 1420 ss.

[47] Il terzo comma dell’art. 1 della l. n. 43 del 2015 modifica l’art. 270-quinquies c.p.  ampliandone  l’ambito di applicazione: accanto a colui il quale addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, ed alla persona addestrata, la norma punisce, adesso, anche la persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all’art. 270-sexies c.p.

[48] Per una ricostruzione critica, cfr. Marino, op. cit., pp. 1389-1426.

[49] La norma, finalizzata a punire il finanziamento di condotte con finalità di terrorismo, dovrebbe colmare una lacuna del sistema, incriminando i finanziatori di atti terroristici organizzati al di fuori di un’associazione ex art. 270-bis c.p.

[50] Di «offensività debole» parla Militello, La prevenzione del terrorismo, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2017, p. 6; nella stessa prospettiva l’analisi di Palazzo, Nemico-nemici-nemico: una sequenza inquietante per il futuro del diritto penale, in RIDPP 2/2020, p. 708, il quale sottolinea come in materia di terrorismo internazionale,  il legislatore italiano ma prima ancora quello europeo siano addivenuti  ormai alla formulazione di fattispecie monosoggettive e marcatamente preparatorie radicalmente prive di capacità destabilizzante delle istituzioni statali,  carenti di reale offensività, in quanto pressoché interamente imperniate sulla relazione nemicale con l’autore che affonda le sue radici quasi nella costituzione antropologica del terrorista. Osserva l’A.: «l’ostilità dell’ordinamento si giustifica essenzialmente sull’attributo di disumanità che ne caratterizza la personalità: la sua scelta di mirare a vittime innocenti, inermi ed indiscriminate, al di là di quale sia la effettiva, oggettiva pericolosità dell’atto compiuto, è quanto basta per costituirlo — ideologicamente — come nemico dell’ordine assiologico istituzionale».

[51] Cavaliere, Considerazioni critiche intorno al d.l. antiterrorismo, n. 7 del 18 febbraio 2015, in Dir. pen. cont., 31 marzo 2015; Leo, Nuove norme in materia di terrorismo, in Dir. pen. cont., 19 ottobre 2016, pp. 5 ss.; Peccioli, Punibilità di atti preparatori alla realizzazione di condotte terroristiche, in Studium iuris, 2015, pp. 770 ss.

[52] La lettera d) dell’art. 4 del d.lgs. n. 159/2011 è stata  modificata dall’art. 4, comma 1, lett. a), DL 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con mod., dalla l. 17 aprile 2015, n. 43 e poi sostituita dall’art. 1, comma 1, lett. b), l. 17 ottobre 2017, n. 161; per osservazioni critiche sull’ulteriore anticipazione dell’intervento prevenzionale, cfr.  Pelissero, La legislazione antiterrorismo. il prototipo del diritto penale del nemico tra garanzie e rischi di espansione in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, fasc. 2, 1/6/2020, p. 745; Bartoli, Legislazione e prassi in tema di contrasto al terrorismo internazionale: un nuovo paradigma emergenziale? in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2017, p. 236.

[53] Sul sistema di finanziamento hawala, cfr. Quattrocchi, La rilevanza penale del sistema di pagamento hawala nelle condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2019, pp. 21 ss.

[54] Cfr. Cerfeda, Le ‘nuove’ misure di congelamento nazionali e il traffico di capitali volti al finanziamento del terrorismo, in Dir. pen. cont. Riv. trim., 2018, pp. 21 ss.; Aragona, Il contrasto al finanziamento del terrorismo, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2017, pp. 96 ss.

[55] Fondi: le attività ed utilità finanziarie di qualsiasi natura, inclusi i proventi da questi derivati, possedute, detenute o  controllate, anche parzialmente, direttamente o indirettamente, ovvero per interposta persona fisica o giuridica da parte di soggetti designati, ovvero da parte di persone fisiche o giuridiche che agiscono per conto o sotto la direzione di questi ultimi, compresi a titolo meramente esemplificativo: 1) i contanti, gli assegni, i crediti pecuniari, le cambiali, gli ordini di pagamento e altri strumenti di pagamento; 2) i depositi presso enti finanziari o altri soggetti, i saldi sui conti, i crediti e le obbligazioni di qualsiasi natura; 3) i titoli negoziabili a livello pubblico e privato nonché gli strumenti finanziari come definiti nell’ articolo 1, comma 2, TUF ; 4) gli interessi, i dividendi o altri redditi ed incrementi di valore generati dalle attività; 5) il credito, il diritto di compensazione, le garanzie di qualsiasi tipo, le cauzioni e gli altri impegni finanziari; 6) le lettere di credito, le polizze di carico e gli altri titoli rappresentativi di merci; 7) i documenti da cui risulti una partecipazione in fondi o risorse finanziarie; 8) tutti gli altri strumenti di finanziamento delle esportazioni; 9) le polizze assicurative concernenti i rami vita, di cui all’ articolo 2, comma 1, CAP.

[56]  Risorse economiche: le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali e i beni mobili o immobili, ivi compresi gli accessori, le pertinenze e i frutti, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi, possedute, detenute o controllate, anche parzialmente, direttamente o indirettamente, ovvero per interposta persona fisica o giuridica, da parte di soggetti designati, ovvero da parte di persone fisiche o giuridiche che agiscono per conto o sotto la direzione di questi ultimi.

[57] Innesto operato dall’art. 5, comma 1, lett. c, D.lgs. n. 21/2018.

[58] Cass. Pen. Sez. 1, n. 47479/2015, cit.


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