1. Nel disegno di Piero Calamandrei i due ruoli della magistratura ordinaria (requirente e giudicante) sarebbero dovuti essere autonomi finanziariamente e organizzativamente, ma entrambi entro un preciso (e forte) contesto di “unicità della giurisdizione” che ricomprendeva anche la giustizia amministrativa (Corte dei Conti e Consiglio di Stato). L’autonomia e autogestione finanziaria erano poi concepite addirittura con riserva di legge costituzionale; e l’autogoverno era un corollario preciso dell’indipendenza di tutti i magistrati (ordinari e amministrativi) proprio per garantire agli stessi l’indipendenza dal potere esecutivo. Il CSM era composto solo ed esclusivamente da magistrati, e aveva piena competenza su tutti gli atti amministrativi relativi allo stato giuridico degli appartenenti all’ordine giudiziario, all’esercizio della giurisdizione disciplinare e alla deliberazione delle spese per il finanziamento della giustizia.

Per garantire un equilibrio istituzionale nel rapporto con il Parlamento (e non con il Governo), al magistrato era preclusa l’attività politica diretta, ma era garantito uno status di indipendenza funzionale al libero esercizio della giurisdizione vista come tutela effettiva dei diritti costituzionali.

2.  La riforma costituzionale, approvata in prima lettura alla Camera dei deputati il 16 gennaio 2025, modifica alcuni articoli della Costituzione (artt.87, 102, 104, 105, 106, 107, 110), andando in senso opposto a quel preciso e forte contesto di “unicità della giurisdizione” auspicato da Calamandrei.

Nei confronti televisivi, e negli articoli dei giornali o sulle piattaforme social, il dibattito verte esclusivamente o quasi sulla separazione delle carriere e sul sorteggio dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura. Da parte dei fautori della riforma viene quindi sottolineato che la separazione delle carriere dei magistrati requirenti e giudicanti è necessaria al fine di garantire l’effettiva equidistanza del giudice dall’accusa e dalla difesa, e il sorteggio per le elezioni del Consiglio, rectius dei Consigli Superiori della Magistratura, per eliminare completamente le influenze esercitate sul Consiglio dalle “correnti” della Associazione Nazionale Magistrati.

Su tali aspetti della riforma, le opinioni sono varie e tutte meritevoli di attenzione, quando fondate su serie argomentazioni. Personalmente, sono sempre stata una sostenitrice dell’unità di giurisdizione. In senso diametralmente opposto al disegno legislativo sarebbe poi certamente preferibile, non solo che i due ruoli non venissero separati ma anche – a mio modesto avviso – che i neo magistrati venissero assegnati alle funzioni requirenti successivamente a un periodo obbligatorio di funzioni giudicanti collegiali. La delicatezza e l’importanza dei provvedimenti che il pubblico ministero è deputato ad assumere in prima battuta e in tempi spesso ristretti richiedono infatti esperienza e ponderatezza.

A prescindere comunque dalla varietà delle opinioni a riguardo, quel che suscita maggiori perplessità e preoccupazione, e che non può non creare uno stato di forte allarme tra i magistrati e nell’Associazione Nazionale Magistrati, è il fatto che una riforma costituzionale, che incide profondamente nel delicato equilibrio dei poteri dello Stato, non sia oggetto di un’ampia e approfondita discussione, sotto ogni aspetto e con valutazione di tutti i pesi e contrappesi che una riforma costituzionale di tale portata comporta.

L’impressione è che il dibattito sia purtroppo drogato da un annoso conflitto politica-magistratura che tuttora rende difficile discutere con serenità e nel merito di questioni e di riforme giudiziarie.

Una sistematica denigrazione della magistratura, e la disfunzionalità del sistema giudiziario, che ha una serie di cause e concause, non ultima una continua e non sempre coordinata e coerente produzione legislativa, con ricorso spesso eccessivo alla decretazione d’urgenza, hanno poi finito per amplificare la sfiducia dei cittadini nella giustizia. L’espressione “Toghe rosse” che spesso sentiamo ripetere, per evidenziare la partigianeria politica della magistratura, non è recente e non è nata con il berlusconismo, ma ha una radice ben più antica. Tale espressione viene infatti citata da Piero Calamandrei nell’ultima edizione 1949 del suo “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”, ricordando la vicenda del magistrato fiorentino Aurelio Sansoni: «Qualcuno, nei primi tempi del fascismo, lo chiamava anche il “pretore rosso”: e non era in realtà né rosso né bigio: era soltanto una coscienza tranquillamente fiera, non disposta a rinnegare la giustizia per fare la volontà degli squadristi. Non era in realtà né rosso né bigio era semplicemente un giudice giusto: per questo lo chiamavano “rosso”, perché sempre, tra le tante sofferenze che attendono il giudice giusto, v’è anche quella di sentirsi accusare, quando non è disposto a seguire una fazione, di essere al servizio della fazione contraria».

Con l’intento forse troppo ottimistico, e finanche ingenuo, di poter in qualche modo contribuire a un dibattito completo e il più sereno possibile sulla riforma, ho continuato a farmi domande e quindi a proporre ulteriori quesiti ad autorevoli esponenti della dottrina costituzionale e ordinamentale su alcune delle questioni che suscitano in chi scrive, e probabilmente non solo, dubbi e perplessità.

3. Le “nuove” dieci domande all’Accademia

Il disegno di legge costituzionale sulla separazione delle “distinte carriere” dei magistrati presentato nel maggio 2024, e approvato in prima lettura alla Camera dei Deputati il 16 gennaio 2025, contenente “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare” prevede due organi di governo autonomo e l’istituzione della Corte disciplinare. In pratica, la sostanziale destrutturazione di larga parte del vigente modello costituzionale sull’ordinamento e del sistema di governo autonomo della magistratura.

A tale “destrutturazione”, in particolare, non corrisponde però una chiara previsione costituzionale della struttura dei due organi di autogoverno (e quindi degli eventuali conflitti, dei loro rapporti con il Ministero, nonché sulla azione disciplinare, sui rapporti tra Procura Generale della Corte Suprema di Cassazione e la Corte disciplinare).

La struttura, la disciplina e i rapporti tra questi importanti organi costituzionali dovrebbero pertanto essere poi oggetto di legislazione ordinaria.

Inevitabili i dubbi e molti i quesiti:

1) In primo luogo, corre l’obbligo di domandarsi, e quindi di domandarVi, se una così vasta “apertura” alla legislazione ordinaria in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare non possa in qualche modo incidere, limitandoli poi, sui principi di indipendenza e autonomia della magistratura ordinaria.

2) Una volta separate le “distinte carriere” dei magistrati, e istituiti i due organi di governo autonomo della magistratura, giudicante e inquirente, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica, vi è la possibilità di eventuali conflitti tra i due organi. In qual modo potrebbero essere regolati e decisi gli eventuali conflitti fra i due organi, entrambi presieduti dalla medesima persona del Presidente della Repubblica?

3) Con il distacco del pubblico ministero dal perimetro della cultura della giurisdizione si prospetta la costituzione di un secondo e autonomo potere giudiziario, indipendente da ogni altro potere dello Stato e dallo stesso potere pertinente alla giurisdizione in senso stretto; la logica di separatezza e autoreferenzialità dell’ufficio del pubblico ministero aumenterebbe pertanto i suoi poteri. Questo aumento di poteri, in totale contrasto peraltro con quello che invece sembrerebbe essere lo spirito stesso della riforma, potrebbe tradursi “logicamente” nell’anticamera di un controllo politico dell’Ufficio del pubblico ministero? Potrebbe rivelarsi altresì compressiva dell’indipendenza interna dei singoli magistrati di quell’ufficio? 

4) Nella situazione ipotizzata di due differenti organi di governo autonomo delle magistrature giudicante e requirente, quale organo (dello stesso rango) potrà effettuare il coordinamento fra i due consigli, e fra gli stessi e il Ministro della giustizia?

5) Ai sensi dell’art. 135, commi 1 e 2, Costituzione, un terzo dei giudici della Corte Costituzionale sono eletti dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa. Separate le carriere, i magistrati della Procura Generale della Corte di Cassazione – a norma costituzionale invariata – saranno ancora legittimati a presentare le proprie candidature. Attualmente, il giudice della Corte Costituzionale, in quota magistratura ordinaria, viene eletto da tutti i magistrati della Corte di Cassazione e della Procura Generale in seduta comune. Con la separazione potrà rimanere in vigore tale disposizione? E in caso contrario?

6) Come è noto, l’Ufficio della Procura Generale presso la Corte di cassazione non svolge alcun ruolo di inchiesta o di accusa nel processo, bensì quello di autorevole collaboratore e consulente nell’esercizio della funzione nomofilattica a opera dei Giudici di legittimità, sia civili che penali. Con la separazione, quale ruolo e funzione per la Procura Generale?

7) La Procura Generale della Corte di Cassazione è attualmente titolare, insieme col Ministro della giustizia, del potere d’inchiesta disciplinare nei confronti di tutti i magistrati ordinari, sia inquirenti che giudicanti. Con la separazione potrà mantenere il potere di inchiesta anche sulla magistratura giudicante?

8) Non sembra remota la possibilità che con legge ordinaria il potere di inchiesta disciplinare nei confronti dei magistrati giudicanti (e anche dei requirenti?), che viene oggi esercitato dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione e dal Ministro della giustizia nei confronti di tutti i magistrati, venga attribuito ad altra Autorità. Ciò potrebbe comportare una forte compressione del principio di indipendenza, e dello stesso governo autonomo dei CSM?

9) All’Alta Corte disciplinare, composta anche “da sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità” viene attribuita la giurisdizione disciplinare, sia in primo che in secondo grado, per tutti i magistrati della giurisdizione ordinaria, benché separati e facenti capo a distinti e autonomi organi. Restano estranei all’Alta Corte i procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati appartenenti ai plessi delle giurisdizioni speciali (militare, amministrativa, contabile). Potrebbero ravvisarsi profili di incostituzionalità? E il fatto che siano previsti solo magistrati con funzioni di legittimità contrasta con il principio costituzionale che i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni (art.107, co.3 Cost.)?

Contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata (art.105, co.6). Il procedimento disciplinare continuerà a conservare il suo tradizionale carattere “giurisdizionale”, e il giudizio di legittimità (ai sensi dell’art.111 Cost.) riservato alle Sezioni unite civili della Corte di cassazione (avverso le decisioni di appello dell’Alta Corte disciplinare) nei confronti di tutti i magistrati, sia inquirenti che giudicanti?

10) Si legge da più partiche l’art.104, come modificato dal disegno di legge, dispone che “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”, e che pertanto l’autonomia e l’indipendenza di tutta la magistratura, ivi compresa la magistratura requirente, ne uscirebbe addirittura rafforzata. L’articolo 107 della Costituzione non viene comunque modificato nella parte in cui prevede che “Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare”, e che “Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario”. Una volta divise le due “carriere”, giudicante e requirente, con la normativa ordinaria sull’ordinamento giudiziario potranno con più “facilità” apportarsi in seguito limiti all’autonomia e indipendenza della “carriera” requirente?

Le risposte ai quesiti di cui sopra e ad eventuali altri da sottoporre, anche su richiesta dei lettori, ad autorevoli professori universitari, saranno pubblicati anche successivamente, a conclusione di ogni singola intervista.

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