Le Sezioni Unite della Suprema Corte, investite da ordinanza di rimessione, in data 12 dicembre 2024 si sono pronunciate sulla questione “se e a quali condizioni sia abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell’elenco di cui all’art. 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen.”. La decisione ha chiarito che “è viziato da abnormità ed è, quindi, ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice rigetti la richiesta di incidente probatorio, avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell’elenco di cui all’art. 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen., motivato con riferimento alla non vulnerabilità della persona offesa e alla rinviabilità della prova, trattandosi di presupposti presunti per legge.”

Nell’attesa di conoscere le motivazioni adottate dalla Corte, si può dire che la vicenda nasce dal ricorso del pubblico ministero che ha ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di incidente probatorio avente ad oggetto l’assunzione della testimonianza della persona offesa dal reato di maltrattamenti. Il ricorso deduceva  l’abnormità funzionale della decisione per carenza di potere in concreto, in quanto il giudice per le indagini preliminari aveva escluso la vulnerabilità della persona offesa soltanto sulla base della maggiore età della persona offesa e del fatto che aveva già presentato altre denunce nei confronti dell’indagato. Il giudice di merito aveva omesso di  indicare le ragioni che prevalgono sulle esigenze di tutela della vittima e di anticipazione della prova e, soprattutto, non aveva considerato quanto rappresentato nella richiesta di incidente probatorio in ordine alla condizione di dipendenza psicologica della vittima (anche in conseguenza del recente parto) ed alla circostanza relativa alla precedente rimessione della querela da parte della persona offesa, che era tornata a vivere con l’indagato e a subire comportamenti maltrattanti.

La questione dell’abnormità del provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio relativo all’esame della vittima di reati espressamente indicati all’art. 392, comma 1-bis, primo periodo, c.p.p.., aveva ricevuto in precedenza contrastanti interpretazioni di legittimità e pertanto, si imponeva la rimessione alle Sezioni Unite.

La domanda sottostante alla rimessione riguarda i limiti del sindacato riservato al giudice per le indagini preliminari, nonché la valutazione circa il vizio derivante dall’illegittimo rigetto della richiesta. Non essendo previsto uno specifico rimedio di gravame, di conseguenza l’unica via sarebbe quella della eventuale abnormità della decisione.

In proposito, un primo orientamento di legittimità scorge nella norma in esame un potere discrezionale del giudice circa la decisione sulla fondatezza della istanza, previo bilanciamento degli interessi di tutela della vittima con quelli delle garanzie processuali del diritto di difesa dell’imputato, considerata la prospettiva della rilevanza della prova da assumere ai fini della decisione dibattimentale. Peraltro, secondo questa lettura, la mancanza di strumenti di impugnabilità autonoma neanche contrasterebbe con le norme internazionali (nel caso, offerte dagli articoli 35 della Convenzione di Lanzarote, 18 della Convenzione di Istanbul, 18 e 20 della Direttiva 2012/29/UE).

Secondo tale l’indirizzo non sussiste un automatismo probatorio legato alla determinazione di un obbligo in capo al giudice di disporre l’assunzione della prova dichiarativa dalla persona offesa vulnerabile a seguito di richiesta di incidente probatorio. L’assunzione obbligatoria potrebbe determinare un risultato sproporzionato rispetto allo scopo perseguito dalla norma di tutelare la personalità del soggetto vulnerabile (ad esempio, quando l’escussione è irrilevante o superflua).

Pertanto, in linea con i criteri ermeneutici elaborati dalle Sezioni Unite in tema di atto abnorme[1], il primo orientamento ha escluso l’abnormità del rigetto tout court del giudice, trattandosi di provvedimento che non determinerebbe la stasi del procedimento, né si porrebbe fuori dal sistema processuale.

Sulla base delle medesime argomentazioni è stata esclusa in passato l’abnormità del provvedimento di rigetto dell’esame, con le forme dell’incidente probatorio, della persona offesa maggiorenne del reato di atti persecutori[2], della persona offesa del reato di violenza sessuale commesso in suo danno da un parente allorché era ancora minorenne,[3] del testimone minorenne del reato di atti persecutori commesso dal padre in danno della madre[4].

Un diverso orientamento di legittimità, a cui ha aderito l’ordinanza di rimessione, ha ritenuto che le fonti normative sovranazionali costituiscano la base giuridica per l’obbligo di ammissione dell’incidente probatorio, con la finalità di salvaguardare l’integrità fisica e psicologica del soggetto vulnerabile e di limitare il rischio di vittimizzazione secondaria legato alla reiterazione dell’atto istruttorio. Di conseguenza,  si è riconosciuta l’esistenza di un vero e proprio obbligo del giudice di ammettere l’incidente probatorio finalizzato all’assunzione della deposizione di un soggetto vulnerabile ai sensi dell’art. 392 comma 1bis c.p.p.. La clausola di esclusione che prevede l’assunzione della prova ”anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1”, senza esplicitare alcun ulteriore criterio di valutazione da parte del giudice, non darebbe luogo a dubbi.  In sostanza, il legislatore, anche al fine di conformare il diritto interno agli obblighi derivanti dalle fonti internazionali, ha inteso prevenire ed evitare fenomeni di vittimizzazione secondaria, ritenendo detto interesse prevalente sul principio generale secondo il quale la prova si forma in dibattimento.

Con riferimento al carattere facoltativo della richiesta di incidente probatorio contenuta nell’art. 398, comma 1, c.p.p., a cui si richiama il primo orientamento, il secondo indirizzo ha affermato che la “facoltà“ di richiesta delle parti è prevista dal legislatore anche in altre disposizioni caratterizzate dal diritto potestativo alla prova delle parti processuali (come nel caso degli articoli 190, 190bis, 438, comma 5, 493 e 603 c.p.p.).  Pertanto, nel caso previsto dagli artt. 392 comma 1bise 398, comma 1, c.p.p., vale il principio generale in base al quale, a fronte del diritto alla prova a richiesta di parte, si prevede l’obbligo di ammissione da parte del giudice, che può escludere  solo le prove  vietate dalla  legge e quelle che sono manifestamente superflue o irrilevanti.

Muovendo da tale presupposto, il secondo orientamento si schiera a favore dell’abnormità dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che, in ragione dell’assenza di motivi di urgenza che non consentano l’espletamento della prova nel dibattimento, respinga l’istanza del pubblico ministero di incidente probatorio avente ad oggetto l’assunzione della testimonianza della vittima di violenza sessuale[5]. Nell’ambito dell’orientamento in esame la Corte ha già ritenuto affettoda abnormità funzionale, per carenza di potere in concreto, il provvedimento di rigetto della richiesta di assunzione delle testimonianze delle vittime di atti persecutori, fondato sul rilievo che tale reato risultava assorbito negli ulteriori delitti contestati di rapina e di estorsione, che non avrebbero consentito l’anticipazione della testimonianza[6]. La Corte,  con riferimento alla richiesta di incidente probatorio relativa all’assunzione anticipata della testimonianza di una persona vulnerabile, nei casi delineati dal primo periodo del comma 1bis dell’art. 392 c.p.p., ha ritenuto che il margine di discrezionalità riservato al giudice sia limitato alla valutazione della sussistenza delle ragioni che giustificano l’anticipazione della prova in funzione della tutela della vittima dal trauma del processo e/o della genuinità della prova medesima. In caso di mancata o apparente motivazione sulle ragioni che prevalgono sull’esigenza di anticipare la prova, con uso di discrezionalità contraria o inconferente rispetto alla ratio ispiratrice della norma, l’atto deve ritenersi abnorme in quanto affetto da carenza di potere in concreto.

L’orientamento della sezione remittente individua, dunque, chiari indici normativi della insussistenza di un potere discrezionale di rigetto della richiesta di incidente probatorio “speciale” previsto dal primo periodo del comma 1bis dell’art. 392 c.p.p. rispetto a quello “ordinario” tipizzato al primo comma.

L’incidente probatorio è certamente una delle novità più significative del codice del 1988, che, in presenza di talune tassative situazioni previste nel primo comma dell’art. 392 c.p.p. consente l’assunzione anticipata della prova rispetto alla fase dibattimentale, in deroga al principio di immediatezza. Lo strumento è indicato come una buona prassi da seguire anche in ambito internazionale, a tutela della vittima vulnerabile ed in prevenzione del rischio di vittimizzazione secondaria.[7]

Con la legge 15 febbraio 1996, n. 66 accanto all’ipotesi ordinaria è stato introdotto il comma 1bis dell’art. 392 c.p.p. in cui si disciplina una nuova ipotesi “atipica” o “speciale”[8] in quanto sganciata dal presupposto della non differibilità della prova al dibattimento e dalla necessità che ricorra una delle condizioni tassativamente previste dal primo comma dell’art. 392 c.p.p.. Accanto a detta disposizione, la legge n. 66 del 1996 ha introdotto anche il suo corollario procedurale, vale a dire il comma 5bis dell’art. 398 c.p.p.

Nella sua iniziale formulazione, la norma consentiva il ricorso all’istituto dell’incidente probatorio per la sola assunzione della testimonianza del minore di anni sedici nei procedimenti per i delitti di cui agli artt. 609bis, 609ter, 609quater, 609-quinquiese 609octies c.p.p., anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. Successivamente, sono intervenute nuove previsioni, anche per adeguare il diritto interno a quello sovranazionale[9]. Gli impegni internazionali hanno determinato l’ampliamento della fattispecie prevista dal primo periodo del comma 1bis, con riferimento sia al novero dei reati, sia al perimetro soggettivo della prova testimoniale, esteso alla testimonianza della persona minorenne e della persona offesa maggiorenne. Inoltre, è stata inserita la ulteriore e distinta previsione del secondo periodo del comma 1bis, relativa all’ipotesi di incidente probatorio “atipico” in cui si consente, “in ogni caso” e senza alcun riferimento al tipo di reato per cui si procede, l’assunzione della testimonianza della persona offesa, allorché se ne riconosca la condizione di “particolare vulnerabilità”, secondo gli indici sintomatici di cui all’art. 90quater c.p.p., in cui si fa riferimento, all’età, allo stato di infermità o di deficienza psichica, al tipo di reato ed alle modalità e circostanze del fatto per cui si procede. Per la valutazione della sussistenza della particolare vulnerabilità della persona offesa, il giudice deve tener conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è dipendente dall’autore del reato affettivamente, psicologicamente o economicamente.

Questa disposizione intende rafforzare provvedimenti e misure volte a garantire una risposta più efficace verso i reati contro la libertà e l’autodeterminazione sessuale, di sempre crescente allarme sociale, anche considerata la maggiore sensibilità culturale e giuridica in materia di violenza di genere e contro i minori, al contempo agevolando la protezione delle vittime[10]. L’ordinanza di rimessione evidenzia come la giurisprudenza costituzionale abbia sottolineato il ruolo delle norme in questione, proiettate verso una funzione di perseguimento di una duplice esigenza: a) di protezione del teste, minorenne o persona offesa maggiorenne, dalla vittimizzazione secondaria legata alla dilazione a alla reiterazione delle audizioni nel corso del processo; b) di tutela della prova da rischi correlati al possibile inquinamento delle precedenti dichiarazioni. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 14 del 2021, ha ribadito che “il concorso di tali finalità, peraltro, se da un lato sorregge la disposizione censurata e il sistema normativo in cui essa si inserisce, dall’altro lato non fa tuttavia venir meno la sua già richiamata natura eccezionale, poiché essa, nel momento in cui consente l’ingresso di contenuti testimoniali in una fase antecedente a quella dibattimentale, sulla base, peraltro, di una presunzione di indifferibilità e di non rinviabilità di essi in ragione della natura dei reati contestati e della condizione di vulnerabilità dei soggetti da audire, introduce una deroga al principio fondamentale di immediatezza della prova”.

L’orientamento della sezione remittente, accolto dalle Sezioni Unite di cui è fondamentale leggere le motivazioni per seguire lo sviluppo logico, è aderente a che il legislatore abbia introdotto una presunzione di vulnerabilità delle vittime dei reati compresi nel catalogo contenuto nel primo periodo del comma 1bis dell’art. 392 c.p.p.. Dunque, non sussiste lo spazio per consentire alcuna valutazione discrezionale al giudice, una volta accertato che il teste da escutere sia la persona offesa di uno dei reati compresi nel catalogo o un minorenne.

Diversamente, in relazione alla fattispecie prevista nel secondo periodo, il legislatore ha rimesso alla discrezionalità del giudice la valutazione, secondo i canoni desumibili dall’art. 90quaterc.p.p., della vulnerabilità c.d. “atipica” delle vittime degli altri reati.

In tal senso, quindi, nella disposizione contenuta nel comma 1bis, opera una doppia presunzione: di vulnerabilità e di non differibilità della prova.

Il primo comma dell’art. 392 c.p.p. contiene una formulazione diversa, richiedendo  come presupposto la sussistenza di un fondato motivo per ritenere “che la persona non possa essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento” ovvero che questa “sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso”. Di contro, nelle due fattispecie contemplate al comma 1bis si può chiedere l’incidente probatorio “anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1, con esclusione del margine di discrezionalità del giudice non solo circa la valutazione della condizione di vulnerabilità del dichiarante (nei soli casi contemplati nel primo periodo) ma anche circa la sussistenza delle ragioni che giustificano l’anticipazione della prova. Questa lettura si fonda su ragioni connesse all’esposizione della persona offesa vulnerabile alla incidenza di molteplici fattori di carattere temporale, psicologico o relazionale che possono determinare distorsioni cognitive o rappresentative.

La persona vulnerabile “atipica” e la sua individuazione.

Nell’ipotesi di vulnerabilità “atipica” introdotta dal d.lgs. n. 212/2015, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è costante nel senso di ritenere che: “la verifica della sussistenza della condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa dal reato si risolve, alla stregua dei parametri indicati dall’art. 90 quater cod. proc. pen., in un accertamento in concreto, che postula l’indicazione delle ragioni per le quali il giudice ritenga integrata tale condizione o, se accertata da terzi, la riconosca motivatamente e che si sottrae al sindacato di legittimità se adeguatamente argomentato e privo del vizio di manifesta illogicità”[11].

E’ un accertamento particolarmente delicato, poiché determina le modalità di assunzione della testimonianza. In caso di persona maggiorenne in condizioni di particolari vulnerabilità “desunta anche dal tipo di reato per cui si procede”, si può procedere con le “modalità particolari” di audizione previste per i minori dal comma 5bis dell’art. 398 c.p.p. (richiamato nel comma 5ter dell’art. 398) ferma restando, comunque, la possibilità di adottare le “modalità protette” di cui al comma 4quaterdell’art. 498 c.p.p., quando si tratti di persona offesa particolarmente vulnerabile, a prescindere dal titolo di reato per cui si procede (comma 5quaterdell’art. 398)[12].

La persona offesa ritenuta particolarmente vulnerabile (a prescindere dal titolo di reato per cui si procede) sentita in incidente probatorio, non può essere nuovamente in dibattimento, salvo eccezioni: l’art. 190bis c.p.p. prevede, quale regola generale, il divieto di riesaminare la stessa salvo si tratti di fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze.

E’ rilevante porsi il quesito se le “modalità particolari” di cui all’art. 398, comma 5bis, c.p.p. o “modalità protette” di cui all’art. 498, comma 4quater, c.p.p. possano essere adottate d’ufficio dal giudice, da momento che le citate disposizioni prevedono la richiesta di parte, nel primo caso, e la richiesta della persona offesa o del suo difensore nel secondo caso.

Una recente giurisprudenza di legittimità ha affermato che: “l’esame dibattimentale di persona offesa che versi in condizione di particolare vulnerabilità disposto con l’adozione di “modalità protette” in assenza di previa richiesta della stessa persona offesa o del suo difensore e condotto dal giudice su domande e contestazioni formulate dalle parti non è viziato da nullità o da inutilizzabilità, stante la mancanza di una previsione sanzionatoria specifica in tal senso”[13].

Questa lettura appare condivisibile poiché, diversamente, si dovrebbe ritenere che il giudice, in sede di ammissione dell’incidente probatorio, sia autorizzato a valutare la condizione di particolare vulnerabilità di una persona, ma non possa adottare le opportune modalità protette di audizione, a  tutela della integrità psicofisica della persona e della genuinità della prova.

La condizione di particolare vulnerabilità ex art. 90quater c.p.p. deve essere desunta da una serie di fattori, tra cui l’età, lo stato di infermità o di deficienza psichica, il tipo di reato, le modalità e circostanze del fatto per cui si procede. Si tiene conto, inoltre, se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato.

Il giudice, al fine di affermare la sussistenza della condizione di vulnerabilità c.d. atipica di cui all’art. 90quater c.p.p. deve valutare diversi fattori:

– l’età, non necessariamente “minore” (rilevando, ad esempio, anche per le persone anziane);

– lo stato di “infermità”, che incida sulla sfera psicologica e relazionale della persona e determini una scarsa o insufficiente capacità di interazione con le sollecitazioni derivanti dalla cross examination

– lo stato di deficienza psichica, che deve essere determinato sulla base di  accertamenti tecnici psicodiagnostici circa la capacità di rendere testimonianza; 

– il tipo di reato, che permette di valutare, in concreto, la capacità reattiva della vittima rispetto al trauma ricevuto dall’azione criminosa. Non si tratta, però, di una valutazione automatica derivante dal titolo di reato, ma di una valutazione in concreto che tenga conto anche dell’ulteriore fattore relativo alle modalità e circostanze del fatto.

Il giudice deve valutare in concreto anche:

– se il fatto è stato consumato con “violenza alla persona”, con odio razziale, o con finalità di discriminazione, trattandosi di modalità del delitto, in astratto, idonee ad incidere sul comportamento processuale del dichiarante.

– se si verte in attività criminali che, per loro stessa natura, soggiogano la persona offesa e ne annullano le capacità di reazione (ad es., sopraffazione mafiosa, terrorismo e tratta di esseri umani).

Elemento di specifica valutazione è pure quello che riguarda la relazione esistente tra autore del reato e vittima, per stabilire la sussistenza di una dipendenza emotiva, psicologica, economica. Il rapporto di dipendenza, frequente legame disfunzionale tra la vittima ed il reo, è un ricorrente indicatore di vulnerabilità “atipica”, che può determinare reazioni insussistenti o indebolite della vittima, specialmente in caso di presenza dell’imputato durante l’esame.

Il concetto di vulnerabilità non ha un significato univoco nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Esso può riguardare singoli o gruppi di individui, in contesti molto differenti[14]. I casi più vicini al contesto di cui tratta la pronuncia della Suprema Corte sono, ad esempio, quelli relativi alle vittime minori di età, a cui tradizionalmente viene assicurata una protezione molto intensa e generalizzata[15], nonché delle donne vittime di violenza di genere.[16]

Indicazioni per il riconoscimento della vulnerabilità sono state fornite anche a fronte della scarsità di risorse economiche e di strumenti culturali, ovvero della posizione socioeconomica complessiva della persona.[17]

Tuttavia, può apparire particolarmente arduo, in concreto, stabilire in via pregiudiziale quali siano i soggetti che hanno subito un trauma dall’evento idoneo a renderli vulnerabili e quando sia opportuno adottare modalità protette.

La resilienza agli effetti di un evento traumatico differisce per ogni individuo e, mentre alcune vittime si dimostrano capaci di affrontare la cross examination anche in forme non protette, malgrado possano essere considerate, in astratto e sulla base di massime di comune esperienza, vittime vulnerabili, altre sono più fragili e manifestano una tendenza alla vittimizzazione secondaria meno prevedibile in relazione al fatto per cui si procede.

Pertanto, il giudice deve effettuare la valutazione se la valutazione in ordine al fatto se una presunta persona offesa debba o meno essere considerata “vulnerabile” ed essere trattata con le cautele processuali conseguenti. Il riconoscimento dello stato di vulnerabilità fa ritenere la testimonianza come un evento dipendente da fattori quali le condizioni soggettive del dichiarante, l’ambiente in cui si svolge l’esame, le interazioni tra intervistato ed intervistatore[18].

I primi a poter verificare la vulnerabilità atipica sono la polizia giudiziaria o il Pubblico Ministero, i quali si avvalgono dell’ausilio di un esperto nell’assunzione di informazioni (art. 351, comma 1ter, e 362, comma 1bis, c.p.p.). Successivamente, la raccolta della testimonianza della persona vulnerabile prevede l’anticipazione della sua audizione, ma anche il suo svolgimento con modalità “particolari” (art. 398, comma 5bis e terc.p.p.) o “protette” (artt. 398, comma 5quater, e 498, comma 4quater c.p.p.).

In un siffatto quadro normativo, anche la difesa ha l’interesse a che sia effettiva l’adozione di modalità particolari o protette per l’assunzione della testimonianza della persona vulnerabile. Come previsto dalla Direttiva 2012/29/UE, all’art. 22, par. 1, è necessaria unatempestiva valutazione individuale della vittima, aggiornata durante l’intero corso del procedimento, al fine di adottare le specifiche modalità di protezione di cui all’art. 23, tra cui:

  • audizioni della vittima in locali appositi o adeguati;
  • misure per evitare il contatto visivo fra le vittime e gli autori dei reati, anche durante le deposizioni, ricorrendo a mezzi adeguati fra cui l’uso delle tecnologie di comunicazione;
  • misure per consentire alla vittima di essere sentita in aula senza essere fisicamente presente, in particolare ricorrendo ad appropriate tecnologie di comunicazione;
  • misure per evitare domande non necessarie riguardanti la vita privata della vittima senza rapporto con il reato (regola, quest’ultima, di rilevanza generale che risponde alla necessità di un’attenzione “culturale” endoprocessuale nell’ambito dei reati di violenza di genere).

L’istituto dell’incidente probatorio, in effetti, soddisfa ampiamente gli standard del giusto processo (fair trial secondo l’art. 6 CEDU). La legislazione interna, infatti, offre ampie garanzie al pieno esercizio del diritto di difesa ove si considerino le pronunce della Corte EDU susseguitesi negli anni, in tema di utilizzo di testimonianze registrate, di testimonianze anonime e di accorgimenti specifici da utilizzare nei casi di violenze di genere.[19]


[1] cfr. Sez. U, n. 21243 del 25/03/2010, Zedda, Rv. 246910; Sez. U,  n, 25957 del 26/03/2009, Toni,  Rv. 243590; Sez. U,  n. 5307 del 20/ 12/2007, dep. 2008, Battistella, Rv. 238240; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, dep. 2000, Magnani, Rv, 215094.

[2] Sez. 1, n. 46821 del 08/06/2023, Rv. 285455.

[3] Sez. 3, n. 29594 del 28/05/2021, Rv. 281718.

[4] Sez. 5, n. 2554 del 11/12/2020, dep. 2021, Rv. 280337.

[5] Sez. 3, n. 34091 del 16/05/20 19, Rv. 277686; Sez. 3, n. 47572 del 10/10/2019, Rv. 277756.

[6] Sez. 2, n. 29363 del 24/03/2023, Rv. 284962.

[7] Con riguardo alle vittime di tratta di esseri umani cfr. Consiglio d’Europa, Gruppo di Esperti sull’azione contro la tratta di esseri umani, general report, 2023, pag. 66.

[8] Corte costituzionale n. 92 del 2018, su Corte costituzionale – Decisioni

[9] Con la legge 1 ottobre 2012, n. 172 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro Io sfruttamento e l’abuso sessuale, siglata a Lanzarote il 25 ottobre 2007; la legge 23 giugno 2013, n. 77 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti del le donne e la violenza domestica, firmata a Istanbul il 11 maggio 2011; il d.lgs 15 dicembre 2015, n. 212 di attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.

[10] Corte costituzionale, sentenza n. 14 del 2021, su Corte costituzionale – Decisioni

[11] Cass. Sez. 3,  n. 29821  del 05/04/2023, Rv. 284981.

[12] La Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 498, comma 4 ter e 498, comma 4 quater, cod. proc. pen., che prevedono l’audizione con modalità protette della vittima vulnerabile maggiorenne, per contrasto con gli artt. 3, 24, 111 Cost. e 6 Cedu, trattandosi di una forma di escussione che non viola né il diritto di difesa, inteso quale diritto al contraddittorio, né i principi dell’oralità e del giusto processo di matrice convenzionale, consentendo comunque all’imputato di interrogare o fare interrogare il testimone a suo carico davanti ad un giudice (Cass. Sez. 3, n. 58318 del 09/11/2018, Rv. 274739).

[13] Sez. 2, Sentenza n. 27743 del 13/06/2024, Rv. 286907.

[14] P. Scarlatti, Il trattamento della vulnerabilità tra Corti europee e Corte costituzionale, in https://www.diritticomparati.it/wp-content/uploads/2024/07/5.Scarlatti.pdf

[15] Da ultimo, Corte EDU, 21 luglio 2022, Darboe e Camara c. Italia.

[16] Corte EDU, 9 giugno 2009, Opuz c. Turchia. In senso conforme, Corte EDU, 8 luglio 2021, Tkhelidze c. Georgia.

[17] Corte EDU C. eur. Dir. Uomo, 11 gennaio 2007, Salah Sheekh c. Paesi Bassi.

[18] S. Recchione, La vittima cambia il volto del processo penale: le tre parti “eventuali”, la testimonianza dell’offeso vulnerabile, la mutazione del principio di oralità, in diritto penale contemporaneo, https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/upload/5730-recchione117.pdf

[19] Tra le tante, cfr. Schenk c. Svizzera, 12 luglio 1988; Doorson c. Olanda, 26 marzo 1996; P.S. contro Germania, 20 dicembre 2001; S.N. c. Svezia, 2 luglio 2002; Visser c. Olanda, 14 febbraio 2002; Aigner c. Austria, 10 maggio 2012; Al-Khawaja e Thaery c. Regno Unito, 15 dicembre 2011.

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