- Rappresentazione teatrale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’opera “L’ultima estate. Falcone e Borsellino 30 anni dopo”
In occasione del 30° anniversario degli attentati che provocarono la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e del 70° anniversario della fondazione della Corte di Giustizia, nella Grande Salle della Corte è stata rappresentata la pièce teatrale “L’ultima estate. Falcone e Borsellino 30 anni dopo”. Giovedì 9 giugno 2022 numerose autorità – tra cui il commissario europeo per la Giustizia Didier Reynders e il capo della Procura europea Laura Codruța Kövesi- hanno assistito, insieme al personale italiano della Corte, alla rappresentazione teatrale, su invito del presidente Lenaerts, del rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea Pietro Benassi e dell’ambasciatore d’Italia presso il Granducato di Lussemburgo Diego Brasioli. L’opera è stata introdotta da un saluto del Presidente della Corte e da un discorso della Ministra della Giustizia italiana Marta Cartabia. Nel suo discorso di benvenuto, il presidente Lenaerts ha sottolineato il carattere simbolico della rappresentazione, all’interno della Corte, di un’opera il cui principale protagonista è la giustizia. Ha ricordato trattarsi della prima volta in assoluto che la Corte accoglie un pezzo di teatro e si trasforma in sala di spettacolo. La ministra della Giustizia Cartabia ha ripercorso le tappe del rafforzamento della legislazione antimafia dopo gli attentati del 1992 ed ha ricordato l’importanza dell’istruzione e della cultura nella formazione delle giovani generazioni al fine di trasmettere loro i valori della giustizia.
Scritto da Claudio Fava, lo spettacolo è diretto dalla regista Chiara Callegari e interpretato da Simone Luglio e Giovanni Santangelo nei panni rispettivamente di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Lo spettacolo è stato scelto dal Ministero degli Affari Esteri italiano per la commemorazione dei due magistrati per il mezzo di una lunga tournée all’estero, le cui prime tappe sono state Tirana, Valona, Atene, Parigi, e appunto il Lussemburgo.
L’opera racconta gli ultimi mesi di vita dei due magistrati palermitani in uno spettacolo capace di andare oltre la semplice narrazione biografica e giornalistica. Attraverso fatti noti e meno noti, pubblici e intimi, narra Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nella loro dimensione più autentica e quotidiana, che nulla toglie al senso della loro battaglia, ma li completa come esseri umani. Mette in luce la loro umanità e il loro senso profondo dello Stato, ma anche l’allegria, l’ironia, la rabbia e, soprattutto, la solitudine a cui furono condannati.
Lo spettacolo va interpretato come un diario civile di due uomini, non di due eroi, sottratti all’apparato celebrativo consueto.
La scena è ridotta a pochi elementi essenziali: una scrivania piena di carte, fogli, faldoni, la macchina da scrivere su cui Falcone e Borsellino si alternano, una lampada da tavolo. Su tutto prevale la parola: le chiacchierate tra i due, i verbali da battere a macchina e rileggere, il racconto dei telegiornali che riportano le cronache giudiziarie e danno “in presa diretta” le notizie che riguardano le indagini dei due, la lotta alla mafia, il sentimento dell’opinione pubblica.
- Rassegna di giurisprudenza
Corte di Giustizia, Grande Sezione, 17 maggio 2022, sentenza nella cause riunite C-693/19, SPV Project 1503 e C-831/19, Banco di Desio e della Brianza e a. (Clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori – direttiva 93/13/CEE – )
Le domande pregiudiziali sono state presentate nell’ambito di controversie che vedono contrapposti, da un lato, la SPV Project 1503 Srl e la Dobank SpA, in quanto mandataria dell’Unicredit SpA, a YB e, dall’altro, Banco di Desio e della Brianza SpA e altri istituti di credito a YX e ZW, in merito a procedimenti di esecuzione forzata basati su titoli esecutivi che hanno acquisito autorità di cosa giudicata. I giudici italiani dell’esecuzione si interrogano sul carattere abusivo della clausola penale e della clausola che prevede un interesse moratorio dei contratti di finanziamento, nonché sul carattere abusivo di talune clausole dei contratti di fideiussione. È sulla base di tali contratti che i creditori hanno ottenuto decreti ingiuntivi divenuti definitivi. Tuttavia, i giudici rilevano che, in forza dei principi processuali nazionali, in caso di mancata opposizione da parte del consumatore, l’autorità di cosa giudicata di un decreto ingiuntivo copre il carattere non abusivo delle clausole del contratto di fideiussione, e ciò anche in assenza di qualsiasi esame espresso, da parte del giudice che ha emesso tale decreto ingiuntivo, del carattere abusivo di tali clausole.
Alla Corte viene chiesto se principi processuali nazionali, quali l’autorità di cosa giudicata, possano limitare i poteri dei giudici nazionali, in particolare dell’esecuzione, quanto alla valutazione dell’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuali. Principi di diritto processuale interno che non consentono tale valutazione in sede di esecuzione, anche d’ufficio da parte del giudice dell’esecuzione, per via dell’esistenza di decisioni giurisdizionali nazionali precedenti sono compatibili con la direttiva 93/13?
La Corte ritiene che una tale normativa nazionale possa privare del suo contenuto l’obbligo incombente al giudice nazionale di procedere a un esame d’ufficio dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali. L’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva impone che il giudice dell’esecuzione possa valutare, anche per la prima volta, l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto alla base di un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore e contro il quale il debitore non ha proposto opposizione.
Corte di Giustizia, Quarta Sezione, 19 maggio 2022, sentenza nella causa C-569/20 (Cooperazionegiudiziaria in materia penale – diritto di partecipare al processo– Direttiva 2016/343 – Imputato che si è dato alla fuga – Impossibilità di rintracciare tale persona e di informarla del processo – Svolgimento del processo in contumacia – Ammissibilità – Presupposto – Necessità di garantire a detta persona il diritto a un nuovo processo – Possibilità di negare tale diritto )
Un procedimento penale era stato avviato in Bulgaria nei confronti di IR, accusato di partecipazione a un’organizzazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari punibili con pene detentive. Un primo atto di imputazione gli era stato notificato personalmente e IR aveva indicato un indirizzo al quale avrebbe potuto essere contattato. Tuttavia, al momento dell’avvio della fase giurisdizionale del procedimento penale, IR non era stato reperito al detto indirizzo, cosicché lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale specializzato per i procedimenti penali; in prosieguo: il «giudice del rinvio») non aveva potuto convocarlo all’udienza. L’avvocato nominato d’ufficio non era peraltro entrato in contatto con lui. Inoltre, l’atto di imputazione notificato a IR, essendo inficiato da un’irregolarità, era stato dichiarato nullo. Dopo la formulazione di un nuovo atto di imputazione e della riapertura del procedimento, IR era stato nuovamente ricercato, ma non era stato rintracciato. Il giudice del rinvio ne ha infine dedotto che IR si fosse dato alla fuga e che, in tali circostanze, la causa poteva essere giudicata in sua assenza.
Il giudice del rinvio chiede alla Corte in quale ipotesi prevista dalla direttiva 2016/343 rientri la situazione di IR che, dopo aver ricevuto la notifica del primo atto di imputazione e prima dell’apertura della fase giurisdizionale del procedimento penale, si è dato alla fuga (2).
La Corte risponde che gli articoli 8 e 9 della direttiva 2016/343 devono essere interpretati nel senso che un imputato, che le autorità nazionali competenti non riescono a rintracciare nonostante i loro ragionevoli sforzi, e al quale dette autorità non sono riuscite a comunicare le informazioni sul processo svolto nei suoi confronti, può essere oggetto di un processo e, se del caso, di una condanna in contumacia. In tal caso, detta persona deve avere la possibilità, dopo la comunicazione della condanna, di avvalersi direttamente del diritto, conferito da tale direttiva, di ottenere la riapertura del processo o l’accesso a un mezzo di ricorso giurisdizionale equivalente, che conduca ad un nuovo esame del merito della causa in sua presenza. La Corte precisa, però, che tale diritto può essere negato qualora, da indizi precisi e oggettivi, risulti che l’imputato abbia ricevuto informazioni sufficienti per essere a conoscenza del fatto che si sarebbe svolto un processo nei suoi confronti e che, con atti deliberati e al fine di sottrarsi all’azione della giustizia, abbia impedito alle autorità di informarlo ufficialmente di tale processo
Corte di Giustizia, Grande sezione, 21 giugno 2022, sentenza nella causa C-817/19 (Trattamento dei dati personali – Dati del codice di prenotazione (PNR) – Lotta contro i reati terroristici e le forme gravi di criminalità)
I dati PNR (Passenger Name Record) sono informazioni di prenotazione memorizzate dai vettori aerei nei loro sistemi di prenotazione e di controllo delle partenze. La direttiva PNR (Direttiva (UE) 2016/681 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa all’uso dei dati del codice di prenotazione per la prevenzione e l’individuazione di reati di terrorismo e di reati gravi, nonché per le indagini e le azioni penali in materia) obbliga tali vettori a trasferire i dati di tutti i passeggeri che utilizzano un volo extra UE, operato tra un paese terzo e l’Unione europea, all’unità d’informazione passeggeri (in prosieguo: l’«UIP») dello Stato membro di destinazione o di partenza del volo in questione, per combattere il terrorismo e le forme gravi di criminalità. Infatti, i dati PNR così trasferiti sono oggetto di una valutazione preliminare da parte dell’UIP e sono successivamente conservati in vista di un’eventuale valutazione da parte delle autorità competenti dello Stato membro interessato o di quelle di un altro Stato membro. Gli Stati membri possono decidere di applicare la direttiva anche ai voli intra-UE. La Lega dei diritti umani ha presentato alla Corte costituzionale belga un ricorso di annullamento contro la legge del 25 dicembre 2016 , che recepisce nel diritto belga sia la direttiva PNR che la direttiva API . Secondo la ricorrente, tale legge viola il diritto al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali. Essa critica, da un lato, la vastità dei dati PNR e, dall’altro, il carattere generale della raccolta, del trasferimento e del trattamento di tali dati. La legge comprometterebbe anche la libera circolazione delle persone, in quanto ripristinerebbe indirettamente i controlli alle frontiere estendendo il sistema PNR ai voli all’interno dell’UE e ai trasporti effettuati con altri mezzi all’interno dell’Unione.
In tale contesto, la Corte costituzionale belga ha posto alla Corte dieci questioni pregiudiziali relative, in particolare, alla validità e all’interpretazione della direttiva PNR, nonché all’applicabilità del GDPR
La Corte afferma la validità della direttiva, dal momento che l’interpretazione delle disposizioni della direttiva PNR alla luce dei diritti fondamentali garantiti agli articoli 7, 8 e 21 nonché all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ne garantisce la conformità alla Carta. Constatando che la direttiva PNR comporta ingerenze di una gravità certa nei diritti garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta, la Corte conclude che il trasferimento, il trattamento e la conservazione dei dati PNR previsti da tale direttiva possono essere considerati come limitati allo stretto necessario ai fini della lotta contro i reati di terrorismo e i reati gravi, a condizione che i poteri previsti da detta direttiva siano oggetto di un’interpretazione restrittiva.
A tal riguardo, la sentenza pronunciata in data odierna precisa che:
– Il sistema istituito dalla direttiva PNR deve comprendere solo le informazioni chiaramente identificabili e circoscritte nelle rubriche contenute nell’allegato I.
-L’applicazione del sistema istituito dalla direttiva PNR deve essere limitata ai reati di terrorismo e ai soli reati gravi che presentino un collegamento oggettivo, quantomeno indiretto, con il trasporto aereo di passeggeri.
-L’eventuale estensione dell’applicazione della direttiva PNR a tutti i voli intra-UE o a una parte di essi, che può essere decisa da uno Stato membro avvalendosi della facoltà prevista da tale direttiva, deve essere limitata allo stretto necessario.
– Ai fini della valutazione preliminare dei dati PNR, che ha lo scopo d’identificare i passeggeri da sottoporre a ulteriore verifica prima del loro arrivo o della loro partenza e che è, in una prima fase, effettuata mediante trattamenti automatizzati, l’Unità d’informazione sui passeggeri (UIP) può, da un lato, confrontare tali dati unicamente con le sole banche dati riguardanti persone o oggetti ricercati o segnalati. Per quanto attiene, dall’altro lato, alla valutazione preliminare sulla base di criteri prestabiliti, l’UIP non può utilizzare tecnologie di intelligenza artificiale nell’ambito di sistemi di autoapprendimento («machine learning»).
-Tenuto conto del tasso di errore inerente ai trattamenti automatizzati di tal genere dei dati PNR e del numero piuttosto consistente di risultati «erroneamente positivi», ottenuti a seguito della loro applicazione nel corso del 2018 e del 2019, l’idoneità del sistema istituito dalla direttiva PNR a raggiungere gli obiettivi perseguiti dipende essenzialmente dal buon funzionamento della verifica dei risultati positivi, ottenuti a titolo di tali trattamenti, che l’UIP effettua, in una seconda fase, con mezzi non automatizzati.
Infine la Corte giudica che il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale che prevede, in assenza di minaccia terroristica reale e attuale o prevedibile alla quale sia confrontato lo Stato membro interessato, un sistema di trasferimento, da parte dei vettori aerei e degli operatori di viaggio, e di trattamento, da parte delle autorità competenti, dei dati PNR di tutti i voli intra-UE e dei trasporti effettuati con altri mezzi all’interno dell’Unione, provenienti da o diretti verso tale Stato membro o ancora in transito per esso, al fine di lottare contro i reati di terrorismo e i reati gravi. Infatti, in una situazione del genere, l’applicazione del sistema istituito dalla direttiva PNR deve essere limitata al trasferimento e al trattamento dei dati PNR dei voli e/o dei trasporti relativi, in particolare, a determinati collegamenti o modalità di viaggio o ancora a determinati aeroporti, stazioni o porti marittimi per i quali esistano indicazioni che giustifichino tale applicazione. Inoltre, la Corte precisa che il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale che prevede un siffatto sistema di trasferimento e trattamento di detti dati ai fini del miglioramento dei controlli alle frontiere e della lotta all’immigrazione illegale.