1. La torre più alta della Corte di Giustizia dedicata all’avvocatessa italiana Giustina Rocca  

Lo scorso dicembre la Corte ha attribuito una nuova denominazione ad alcuni dei suoi edifici, in particolare alle tre torri che ne sono il simbolo. Le torri recano ora i nomi di Comenius, Montesquieu e Rocca, in omaggio ai valori protetti dalla Corte di giustizia.

La Torre C è dedicata a Giustina Rocca, considerata la prima avvocatessa della storia. Il suo nome è conosciuto in ragione di una sentenza arbitrale emessa l’8 aprile 1500, nell’ambito di una controversia che le era stata affidata per la decisione. Nella corte del governatore veneziano di Trani, Giustina Rocca rese la sua sentenza in lingua volgare anziché in latino per renderla comprensibile al pubblico venuto ad assistere alla pronuncia. Convocò poi la parte perdente per chiederle il pagamento degli onorari d’uso, segnando così, in un’epoca in cui le donne non avevano accesso né all’insegnamento né alla pratica del diritto, la sua volontà di essere trattata su un piano di parità con gli uomini investiti di tali prerogative.

Attribuendo il nome di Giustina Rocca alla sua torre di massima altezza, la Corte di giustizia dell’Unione europea ricorda il suo attaccamento all’accessibilità del diritto e della giustizia a tutti e ribadisce, in linea con la propria giurisprudenza, il suo impegno a favore della parità di opportunità. La Corte  rende omaggio ad una donna poco conosciuta e, per suo tramite, ai tanti che hanno contribuito senza clamore alla causa della giustizia. Al pari dei più famosi Comenius e Montesquieu, 

  1. Rassegna di giurisprudenza  

Corte di Giustizia, 12 gennaio 2023, sentenza nella causa C‑356/21, TP (Addetto al montaggio audiovisivo per la televisione pubblica) – (Parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro-Direttiva 2000/78/CE-Divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale) 

Un addetto al montaggio audiovisivo polacco ha lavorato a lungo per la società TP, che gestisce un canale televisivo pubblico nazionale in Polonia, in forza di vari contratti d’opera consecutivi di breve durata. Dopo avere pubblicato su YouTube, insieme al suo partner, un video musicale natalizio avente lo scopo di promuovere la tolleranza verso le coppie omosessuali, si è visto cancellare i turni di lavoro e rifiutare il rinnovo del contratto. Ritenendo di essere stato vittima di discriminazione per il suo orientamento sessuale, il lavoratore polacco ha promosso un’azione giudiziale contro la TP.  Il giudice ha rilevato che la legislazione nazionale polacca consentirebbe la libera scelta del datore di lavoro di non rinnovare un contratto in ragione dell’orientamento sessuale dell’altro contraente, così escludendo tale situazione dalla tutela contro le discriminazioni, offerta dalla direttiva 2000/78,  Ha perciò chiesto alla Corte di Giustizia se la normativa polacca in questione sia compatibile con il diritto dell’Unione.

Secondo la Corte, ammettere che la libertà contrattuale consenta di rifiutare di contrarre con una persona in base all’orientamento sessuale di quest’ultima equivarrebbe a privare l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/78 del suo effetto utile, dal momento che tale disposizione vieta specificamente qualsiasi discriminazione fondata su un siffatto motivo per quanto riguarda l’accesso al lavoro autonomo.

Corte di Giustizia, 9 febbraio 2023, sentenza nella causa C-555/21, UniCredit Bank Austria (DE)

(Protezione dei consumatori – Credito ai consumatori per beni immobili residenziali – Rimborso anticipato – Riduzione degli interessi e delle spese del contratto di credito – Spese non dipendenti dalla durata del contratto

La Corte suprema austriaca ha adito la Corte di giustizia per sapere se la direttiva 2014/17 si oppone a una normativa nazionale che preveda che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito, in caso di rimborso anticipato del credito, copra solo gli interessi e le spese dipendenti dalla durata del credito. Secondo la Corte di Giustizia, la direttiva 2014/17 non osta a una simile normativa.

 Il diritto del consumatore a beneficiare, in caso di rimborso anticipato del suo credito immobiliare, di una riduzione del costo totale del credito non include le spese indipendenti dalla durata del contratto Il consumatore può quindi soltanto esigere una riduzione degli interessi nonché dei costi che dipendono dalla durata del credito

Corte di Giustizia, Grande sezione, 18 aprile 2023, sentenza nella causa C-699/21 E. D. L. (Motivo di rifiuto  fondato sulla malattia) (IT)

(Mandato d’arresto europeo – Consegna delle persone condannate o sospettate alle autorità giudiziarie emittenti – Malattia grave, cronica e potenzialmente irreversibile)

La questione pregiudiziale, risolta dalla Corte, ha ad oggetto il mandato d’arresto europeo e la possibilità di rifiutare la consegna della persona, colpita dal mandato, per tutelarne il diritto alla salute.

La Corte d’Appello di Milano si è occupata della procedura di consegna di un imputato alla Croazia; ha accertato che l’interessato era affetto da importanti disturbi psichiatrici cronici, che richiedevano la prosecuzione della terapia in corso e che comportavano un forte rischio di suicidio connesso all’incarcerazione. Non essendo però prevista, nell’ipotesi di una patologia di carattere cronico di durata potenzialmente indeterminata, la possibilità di rifiutare la consegna, la Corte d’Appello di Milano si è rivolta alla Corte costituzionale italiana, che ha a sua volta adito la Corte di Giustizia per l’interpretazione della decisione-quadro sul mandato d’arresto europeo.

La Corte di Giustizia, riunita in grande sezione, ha chiarito che, da un lato, le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo soltanto per motivi fondati sulla decisione quadro e, dall’altro lato, che il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere interpretata restrittivamente. Sussiste, infatti, una presunzione secondo cui le cure e i trattamenti offerti negli Stati membri per la presa in carico di patologie gravi, di carattere cronico e potenzialmente irreversibili, sono adeguati. Tuttavia, quando vi siano valide ragioni, fondate su elementi oggettivi, per ritenere che la consegna di una persona ricercata rischi di mettere manifestamente in pericolo la sua salute, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può, in via eccezionale, sospendere temporaneamente tale consegna. Il potere di valutare tale rischio deve essere esercitato dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione rispettando il divieto di trattamenti inumani e degradanti previsto dalla Carta dei diritti fondamentali. In tal caso, al fine di assicurare un’efficace cooperazione in materia penale, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve chiedere all’autorità giudiziaria emittente la trasmissione di qualsiasi informazione relativa alle condizioni nelle quali si prevede di perseguire o di detenere la persona ricercata.

Corte di Giustizia, 20 aprile 2023, sentenza C-348/22, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa) – (Normativa nazionale che prevede la proroga automatica delle concessioni dei settori pubblici marittimi – Direttiva 2006/123/CE – Validità e carattere vincolante – Effetto diretto)

Il comune italiano di Ginosa, con decisione del 24 dicembre 2020, ha prorogato sul proprio territorio le concessioni di occupazione del demanio pubblico marittimo. Ciò in applicazione della legge 30 dicembre 2018, n. 145 per la quale le concessioni in corso sarebbero prorogate fino al 31 dicembre 2033. Secondo il diritto dell’Unione, al fine di concedere concessioni di occupazione del demanio pubblico marittimo, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i potenziali candidati quando il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività è limitato a causa della scarsità delle risorse naturali. La Corte, chiamata a valutare la conformità delle disposizioni nazionali italiane con la direttiva 2006/123 relativa ai servizi nel mercato interno, ha ritenuto che gli Stati membri debbano applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i potenziali candidati; essi non possono rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività. La Corte ha inoltre indicato i criteri per valutare la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili.

Conclusioni dell’Avvocato generale Pitruzzella, 27 aprile 2022, causa C-340/21, Natsionalna agentsia za prihodite (BG)

(Protezione dei dati personali – Regolamento (UE) 2016/679 – Responsabilità del titolare del trattamento – Violazione della sicurezza del trattamento dei dati personali – Danno morale subito a causa della carenza del responsabile del trattamento dei dati personali – Azione risarcitoria)

Nel 2019 i media bulgari diffondevano la notizia di un accesso non autorizzato al sistema informatico dell’Agenzia nazionale delle entrate bulgara (NAP) e della conseguente pubblicazione su internet di innumerevoli informazioni fiscali e previdenziali illegittimemente acquisite. Numerose persone convenivano in giudizio la NAP per il risarcimento del danno morale, manifestatosi sotto forma di apprensioni e timori per un futuro uso improprio dei propri dati personali. La Corte suprema amministrativa bulgara ha sottoposto alla Corte di Giustizia alcune questioni pregiudiziali per l’interpretazione del Regolamento generale sulla protezione dei dati[1] al fine di delineare le condizioni di risarcibilità del danno morale ad un soggetto i cui dati personali, in possesso di un’Agenzia pubblica, sono stati oggetto di pubblicazione su internet a seguito di un attacco hacker.

Secondo l’Avvocato generale italiano Giovanni Pitruzzella, l’accesso illecito ai dati personali da parte di terzi comporta la responsabilità per colpa presunta del titolare del trattamento e può dar luogo a danno morale risarcibile, in presenza di determinate condizioni. Il titolare del trattamento è obbligato a mettere in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire che il trattamento dei dati personali sia conforme al regolamento. L’adeguatezza di tali misure va determinata in considerazione della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto, delle finalità di trattamento e della probabilità e gravità dei rischi per i diritti e le libertà delle persone fisiche, in base a una valutazione caso per caso.

Per essere esonerato da responsabilità, il titolare del trattamento deve dimostrare che l’evento dannoso non gli è in alcun modo imputabile. Il timore di un futuro uso improprio dei dati personali può costituire un danno morale che dà diritto a un risarcimento solo a condizione che si tratti di un danno emotivo reale e certo e non di un semplice disagio o fastidio


[1] Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (GU L 119, 4.5.2016, p. 1–88)

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