1. Il Tribunale dell’Unione diventa competente su alcuni rinvii pregiudiziali

Il 1 settembre 2024 è entrata in vigore la modifica dello Statuto della Corte di Giustizia, che dispone -tra l’altro- il trasferimento della competenza pregiudiziale dalla Corte di Giustizia  al Tribunale dell’Unione nelle seguenti sei materie:

  1. il sistema comune di imposta sul valore aggiunto;
  2. i diritti di accisa;
  3. il codice doganale;
  4. la classificazione tariffaria delle merci nella nomenclatura combinata;
  5. la compensazione pecuniaria e l’assistenza dei passeggeri in caso di negato imbarco o di ritardo o cancellazione di servizi di trasporto;
  6. il sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra.

Raramente tali materie sollevano questioni di principio che possano incidere sull’unità o sulla coerenza del diritto dell’Unione. Esse beneficiano già di una copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia, il che dovrebbe consentire al Tribunale di basarsi sulle sentenze pronunciate in precedenza. Questi settori rappresentano circa il 20% dei rinvii pregiudiziali proposti alla Corte, ovvero un numero di cause tanto elevato da comportare una riduzione effettiva del carico di lavoro di quest’ultima, che sarà in grado di concentrarsi maggiormente sulle sue funzioni di giurisdizione costituzionale e suprema dell’Unione. La riforma mira infatti ad alleggerire il carico di lavoro della Corte di giustizia nel settore pregiudiziale e a consentirle di continuare a svolgere, in tempi ragionevoli, il compito assegnatole: garantire il rispetto del diritto nell’applicazione e nell’interpretazione dei trattati

La Corte di giustizia rimarrà competente a conoscere delle domande di pronuncia pregiudiziale che, pur essendo collegate alle materie specifiche summenzionate, riguardino anche altre materie. La Corte rimarrà altresì competente per le domande di pronuncia pregiudiziale che, benchè rientrando in una o più delle materie specifiche, sollevino questioni interpretative indipendenti: 1) di diritto primario, compresa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; 2) di diritto internazionale pubblico; o 3) di principi generali del diritto dell’Unione.

La modifica  riguarderà le questioni pregiudiziali sollevate a partire dal 1º ottobre 2024.

Per ragioni di certezza del diritto e celerità, ogni domanda di pronuncia pregiudiziale dev’essere proposta dinanzi alla Corte di giustizia.

  1. Rassegna di giurisprudenza  

Corte di Giustizia, quinta sezione, sentenza nella causa  C‑126/23 [Burdene], UD e a./Presidenza del Consiglio dei Ministri, 7 novembre  2024 (Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva 2004/80/CE – Articolo 12, paragrafo 2 – Sistemi nazionali di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti)

Nell’ambito di un rinvio pregiudiziale proposto dal Tribunale di Venezia, la Corte si è pronunciata sulla direttiva 2004/80 in materia di indennizzo di vittime di reati intenzionali violenti. Nel 2018 un giudice italiano ha condannato l’autore dell’omicidio della sua ex compagna a versare un risarcimento ai familiari della vittima. Poiché il reo era insolvente ed era stato ammesso al gratuito patrocinio, lo Stato italiano ha versato un indennizzo, ridotto rispetto a quello stabilito dal giudice, soltanto ai figli della vittima e al suo coniuge, dal quale era separata. I genitori, la sorella e i figli della vittima hanno adito il Tribunale ordinario di Venezia, chiedendo un indennizzo «equo ed adeguato». Il giudice adito ha chiesto alla Corte di giustizia se la normativa nazionale, che esclude d’ufficio il versamento di un indennizzo a taluni familiari di una vittima di reati intenzionali violenti in caso di omicidio di quest’ultima e prevede indennizzi predeterminati, sia compatibile con la direttiva dell’Unione. La Corte ha statuito che l’esclusione automatica di taluni familiari della vittima di un omicidio dal beneficio di qualsiasi indennizzo per il solo fatto che siano presenti altri familiari, senza tenere conto di altre considerazioni (quali, in particolare, le conseguenze materiali derivanti, per tali familiari, dalla morte per omicidio della persona interessata o il fatto che essi fossero a carico della persona deceduta o coabitassero con essa) non garantisce un indennizzo «equo ed adeguato». Inoltre, se il sistema nazionale  prevede un indennizzo forfettario, la misura degli indennizzi deve essere sufficientemente dettagliata, così da evitare che l’indennizzo possa rivelarsi manifestamente insufficiente.

Corte di giustizia, Grande sezione, Sentenza nella causa a C-406/22 | Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, 4 ottobre 2024 (Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Articoli 36 e 37 – Nozione di “paese di origine sicuro”

Clicca qui per il testo integrale della sentenza.

Nell’ambito di un rinvio pregiudiziale presentato da un giudice della Repubblica Ceca, la Corte si pronuncia sui limiti alla facoltà, prevista per gli Stati membri nella direttiva 2013/32, di designare paesi terzi come paesi di origine sicuri, nonché sulla portata del controllo di detta designazione da parte del giudice investito di un ricorso avverso una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo sicuro. In primo luogo, la Corte considera che un paese terzo non cessa di soddisfare i criteri che gli consentono di essere designato paese di origine sicuro, ai sensi dell’articolo 37 della direttiva 2013/32, per il solo fatto che esso si avvale del diritto di deroga previsto all’articolo 15 della CEDU. In secondo luogo, la Corte precisa che l’articolo 37 della direttiva 2013/32 osta a che un paese terzo possa essere designato come paese di origine sicuro allorché talune parti del suo territorio non soddisfano le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all’allegato I della direttiva. Infine, la Corte dichiara che, quando un giudice è investito di un ricorso avverso una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale esaminata nell’ambito del regime speciale per le domande dei richiedenti provenienti da un paese di origine sicuro, tale giudice deve rilevare, sulla base degli elementi del fascicolo nonché di quelli portati a sua conoscenza nel corso del procedimento, una violazione delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all’allegato I di detta direttiva, anche se tale violazione non è espressamente fatta valere a sostegno di tale ricorso.

Corte di Giustizia, Grande sezione, cause riunite C-608/22 e C-609/22 | Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl e a. (Donne afgane),  4 ottobre 2024, (Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo – Direttiva 2011/95/UE – Condizioni che i cittadini dei paesi terzi devono soddisfare per beneficiare dello status di rifugiato – Nozione di “atto di persecuzione” – Livello di gravità richiesto – Articolo 9 – Somma di misure che discriminano le donne, il cui impatto sia sufficientemente grave)

Il giudice austriaco ha adito la Corte di Giustizia rappresentando che le donne di nazionalità afgana appartengono a «un particolare gruppo sociale» ai sensi della direttiva 2011/95 e che, in quanto donne, possono essere esposte in Afghanistan ad atti di persecuzione fondati sul loro sesso. Il ritorno al potere del regime dei talebani nel 2021 ha avuto gravi implicazioni per i diritti fondamentali delle donne. Esso mette in pratica nei loro confronti numerose misure discriminatorie quali, per esempio, privarle di qualsiasi protezione giuridica contro le violenze di genere, le violenze domestiche e il matrimonio forzato, obbligarle a coprirsi completamente il corpo e il volto, limitarle nell’accesso all’assistenza sanitaria e nella libertà di circolazione, vietare loro l’esercizio di attività lavorative, limitarle nell’accesso all’istruzione ed escluderle dalla vita politica. Domanda quindi alla Corte di giustizia, da un lato, se le anzidette misure discriminatorie, prese nel loro insieme, possano essere qualificate come atti di persecuzione che possono giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato. Domanda, dall’altro lato, se l’autorità nazionale competente, nell’ambito della valutazione individuale della domanda di asilo di una donna di nazionalità afgana, sia tenuta a prendere in considerazione elementi diversi dalla nazionalità e dal sesso di quest’ultima. La Corte di Giustizia ha statuito che le misure discriminatorie adottate nei confronti delle donne dal regime dei Talebani costituiscono atti di persecuzione, in quanto costituiscono una violazione grave di un diritto fondamentale. E che, nel valutare su base individuale la domanda di asilo di una donna di nazionalità afgana, è sufficiente che lo Stato membro prenda in considerazione il sesso e la nazionalità di quest’ultima, non essendo necessario dimostrare che la richiedente rischi effettivamente e specificamente di essere oggetto di atti di persecuzione in caso di ritorno nel suo paese d’origine.

Corte di Giustizia, Grande sezione, cause riunite C-512/22 P | Fininvest / BCE e a. e C-513/22 P | Berlusconi / BCE,  19 settembre 2024, (Impugnazione – Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale sugli enti creditizi – Direttiva 2013/36/UE – Regolamento (UE) n. 1024/2013 – Compiti specifici di vigilanza attribuiti alla Banca centrale europea)

Nel 2014 la Banca d’Italia ha ordinato la cessione, entro 30 mesi, della partecipazione di Fininvest in Mediolanum superiore 9,99 % e la sospensione immediata dei diritti di voto inerenti alle azioni corrispondenti. L’adozione di tale misura era motivata dal fatto che Silvio Berlusconi era stato dichiarato colpevole di frode fiscale (la riabilitazione di Berlusconi è avvenuta nel 2018) e, di conseguenza, non soddisfaceva più il requisito di onorabilità al quale è subordinata la detenzione di una partecipazione qualificata. La decisione della Banca è stata annullata dal Consiglio di Stato italiano il 3 marzo 2016. Nel frattempo, nel 2015 la Mediolanum è stata incorporata dalla sua società figlia Banca Mediolanum. A seguito di tale assorbimento e della decisione del Consiglio di Stato, la Banca d’Italia e la BCE hanno ritenuto che Silvio Berlusconi e la Fininvest avessero acquisito una partecipazione qualificata nel capitale di Banca Mediolanum. Orbene, il diritto dell’Unione prevede che una siffatta acquisizione debba essere preceduta da una notifica ed essere oggetto di una valutazione da parte dell’autorità nazionale competente, che trasmette successivamente alla BCE una proposta di decisione. Spetta poi alla BCE opporsi o meno all’acquisizione della partecipazione qualificata. Interpellata dalla Banca d’Italia, la BCE si opponeva all’acquisizione di una partecipazione qualificata di Silvio Berlusconi in Banca Mediolanum in mancanza del requisito dell’onorabilità. Il ricorso di Silvio Berlusconi e della Fininvest per ottenere l’annullamento di tale decisione della BCE è stato respinto dal Tribunale dell’Unione. Su impugnazione di Fininvest e degli aventi causa di Silvio Berlusconi, la Corte di Giustizia ha annullato sia la sentenza del Tribunale dell’Unione che la decisione della BCE. Secondo la Corte,  non si poteva ritenere che Silvio Berlusconi avesse acquisito una partecipazione qualificata nel 2016, avendo egli soltanto conservato una partecipazione qualificata acquisita ben prima, a una data in cui le disposizioni di diritto dell’Unione applicate dalla BCE non erano ancora state recepite nell’ordinamento italiano. Poiché tali disposizioni sono prive di efficacia retroattiva, la BCE non poteva legittimamente opporsi alla detenzione di una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum da parte di Silvio Berlusconi.

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