SOMMARIO: 1. Premessa – 2. L’indebitamento “misto” e la scelta della procedura utilizzabile. – 3. Il sovraindebitamento familiare. – 4.  Il concordato minore: le prime applicazioni. – 5. Come ristrutturare i debiti del consumatore. – 6. Profili problematici relativi alla liquidazione controllata e all’attività liquidatoria dei beni.

1. Premessa. 

L’entrata in vigore del Codice della crisi (d’ora innanzi c.c.i.), avvenuta il 15 luglio dello scorso anno, ha determinato una vera e propria reductio ad unitatem: le procedure relative ai soggetti sovraindebitati sono state ricondotte all’unico corpus normativo del Codice, mentre in precedenza erano contenute nella l. n. 3 del 2012. Anche la tripartizione di procedure, pur essendo stata mantenuta, ha almeno in parte cambiato “pelle”: l’accordo di composizione della crisi è divenuto un vero e proprio concordato minore, la cui disciplina è contenuta fondamentalmente agli artt. 74 e ss.; il piano del consumatore è divenuto una procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 67 e ss.); la procedura liquidativa è invece normata agli artt. 268 e ss. del c.c.i., prendendo il nome di liquidazione controllata[1].

Le assonanze con le procedure “maggiori” (cioè previste per i debitori di maggiori dimensioni) non sono soltanto lessicali, come evidenziato dall’espressione “minore” rispetto al concordato preventivo o, ancora, dall’aggettivo “controllata” con riferimento ad una procedura che aspira a porsi quale species del genus liquidazione giudiziale, che a sua volta prende il posto del tradizionale fallimento. Le assonanze sono invece, ancor prima, di carattere contenutistico, dovendosi infatti prendere atto di una disciplina del sovraindebitamento in più punti incompleta e che per potersi applicare in modo ottimale necessita dell’integrazione – analogica o sistematica – di norme e soluzioni previste per le soluzioni “maggiori” delle crisi. Il caso forse emblematico è rappresentato dal concordato “minore”, in cui ritroviamo una specifica norma di rinvio che, all’art. 74 ult. comma c.c.i, prevede espressamente che “per quanto non previsto dalla presente sezione, si applicano le disposizioni del capo III del presente titolo in quanto compatibili”.

I motivi di interesse di questo “microsettore” del diritto concorsuale (laddove il prefisso diminutivo non allude certo alle dimensioni del fenomeno, per il vero molto ampie, quanto al rilievo economico dei debitori che possono servirsi di questi istituti) sono poi acuiti dal fatto che il legislatore, a fronte dei plurimi rinvii che hanno segnato la difficoltosa entrata in vigore del nuovo Codice, ha individuato la materia del sovraindebitamento come una sorte di test “di ingresso”, travasando molteplici soluzioni del Codice all’interno della citata l. n. 3 del 2012. In particolare, con la conversione del c.d. decreto Ristori, avvenuta con legge 18 dicembre 2020, n. 176, molteplici norme o parti di norme del Codice relative ai soggetti sovraindebitati sono state trapiantate nel tessuto della l. n. 3 del 2012, sì che dal 25 dicembre del 2020 alcune disposizioni codicistiche sono di fatto già vigenti in questa materia. Vi è quindi l’esigenza di comprendere se le applicazioni che la giurisprudenza di merito ne ha dato, nonché le prime pronunce di legittimità che – con riferimento a tali disposizioni ratione temporis vigenti – stanno incominciando ad occuparsi del fenomeno, sono destinate, o meno, a mantenere una loro validità, pur dopo la più complessiva entrata in vigore della riforma e quali problematiche, soprattutto, stanno emergendo in questa materia.

Su questi profili intertemporali, del resto, ha avuto già di esprimersi anche Cass., sez.  1, 27/07/2023, n.  22890, laddove ha stabilito che in tema di sovraindebitamento, se il procedimento del piano del consumatore è ancora in corso, in quanto pur essendosi tenuta l’udienza prevista per l’omologazione, il giudice non si sia ancora pronunciato, si applica la disciplina sopravvenuta di cui all’art. 4-ter d.l. n. 137 del 2020, venendo in rilievo il principio di carattere generale – non derogato dalla norma in parola – per cui nell’ipotesi di entrata in vigore di una nuova normativa dispiegante effetti sostanziali o processuali sul rapporto controverso nell’intervallo di  tempo intercorrente tra la deliberazione e la pubblicazione del provvedimento, è dovere del giudice applicare immediatamente la disciplina sopravvenuta mediante i necessari, consequenziali adempimenti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato l’applicabilità al caso di specie dell’art. 12 bis, comma 2, della l. n. 3 del 2012, nella versione introdotta dal citato d.l., contenente una diversa disciplina, meno rigorosa, del requisito della c.d. “meritevolezza” del debitore).

L’interesse per questa disciplina, poi, non è soltanto scientifico, ma anche eminentemente pratico. Se si prende in considerazione la definizione di sovraindebitamento contenuta all’art. 2, comma 1, lett. c) si percepisce la particolare ampiezza del fenomeno, abbracciando lo stesso “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, e ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o di insolvenza”.

 Segue pertanto una breve rassegna, necessariamente incompleta, avuto riguardo sia al breve periodo di applicazione del Codice, sia alla difficoltà di reperimento delle più recenti decisioni di merito, per le quali ci si è fondamentalmente affidati ai principali portali e siti giuridici in materia.

2. L’indebitamento “misto” e la scelta della procedura utilizzabile.

I presupposti di accesso alle procedure relative alla crisi da sovraindebitamento sono di ordine tanto soggettivo, quanto oggettivo. Mai come in questo caso, tuttavia, esse sono così strettamente intrecciate, così come risulta dalla definizione di “sovraindebitamento” contenuta nel Codice, che si è appena ricordata.

In tema, cfr. App. Bologna, 16 giugno 2023, secondo cui l’art. 2, comma 1, lettera e) CCII deve essere interpretato nel senso che, ove il passivo da ristrutturare sia promiscuo, i creditori vanno necessariamente tutelati attribuendo loro un diritto di voto, ponendoli, pertanto, nella condizione di rifiutare la proposta del debitore mediante un loro atto di volontà, anche se espresso a maggioranza: rifiuto che impedisce l’omologazione ed è invece assente nel piano del consumatore che in presenza di debiti promiscui è dunque inammissibile.

Detta statuizione si pone a conferma di quanto già osservato da Trib. Bologna, 30 dicembre 2022, secondo cui il soggetto che abbia contratto debiti non ancora soddisfatti, di natura sia imprenditoriale o professionale che di natura privata, non può accedere alla ristrutturazione dei debiti del consumatore neppure con riferimento esclusivamente al secondo in quanto tale soluzione, oltre a porsi in contrasto con le norme in materia di concorso dei creditori nelle procedure concorsuali, viola più in generale l’art. 2740 c.c. poiché si priverebbero i creditori non contemplati nel piano della garanzia loro riservata dall’intero patrimonio del debitore. Neppure può ritenersi, secondo i giudici felsinei, che  il consumatore, che non svolga più attività professionale o imprenditoriale, possa sempre accedere, indipendentemente dalla natura delle obbligazioni, alla ristrutturazione dei debiti del consumatore; posto che, infatti, l’art. 66 CCII, dedicato alle procedure familiari, prevede poi che “quando uno dei debitori non è un consumatore, al progetto si applicano le disposizioni della sezione III del presente capo”, e quindi quelle sul concordato minore, non si comprende la ragione per la quale, nel caso di obbligazioni miste (in parte consumeristiche e in parte derivanti da attività professionale o imprenditoriali) riferite ad unico soggetto si possa consentirgli di risolvere la crisi anche con la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore.

Anche Trib. Ferrara, 23 maggio 2023, ha ritenuto che il soggetto persona fisica che non sia stato, né sia all’attualità, imprenditore, è legittimato a comporre con l’istituto del concordato minore il sovraindebitamento costituito da debiti d’impresa, derivanti, nella specie, da un accertamento fiscale, per evasione di passività tributarie, effettuato a carico di società a responsabilità limitata di cui in passato è stato socio.

In precedenza, nel vigore della legge n. 3/2012, la S.C. aveva avuto modo di occuparsi della nozione di consumatore, affermando che la nozione di “consumatore abilitato al piano”, quale modalità di ristrutturazione del passivo e per l’esercizio delle altre prerogative previste dalla l. n. 3 del 2012, pur non escludendo il professionista o l’imprenditore – attività non incompatibili purché non residuino o, comunque, non siano più attuali obbligazioni sorte da esse e confluite nell’insolvenza -, comprende solo il debitore, persona fisica, che abbia contratto obbligazioni, non soddisfatte al momento della proposta di piano, per far fronte ad esigenze personali, familiari ovvero attinenti agli impegni derivanti dall’estrinsecazione della propria personalità sociale e, dunque, anche a favore di terzi, ma senza riflessi diretti in un’attività d’impresa o professionale propria, salvi solo gli eventuali debiti di cui all’art. 7, comma 1, terzo periodo (tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, imposta sul valore aggiunto e ritenute operate e non versate) che vanno pagati in quanto tali, sulla base della verifica di effettività solutoria commessa al giudice nella sede di cui all’art. 12 bis, comma 3, della l. n. 3 del 2012. (così Cass., Sez. 1, 01/02/2016, n. 1869, con una visione per così dire “retrospettiva”, incentrata sulla natura delle obbligazioni da ristrutturare).

Si deve peraltro registrare come, recentemente, la questione pregiudiziale sollevata ex art. 363 bis c.p.c. dalla Corte d’appello di Firenze, con ord. 20/06/2023, sia stata ritenuta inammissibile, proprio sulla scorta di tali richiami, con un provvedimento della Prima Presidente, in quanto carente – in parte qua – del requisito della novità.

Sulla nozione di sovraindebitamento, invece, Trib. Genova, 22 agosto 2022, ha ritenuto che, ai sensi dell’art. 2 lett. c) e 268 CCDI, sia una situazione tale da giustificare l’apertura della procedura di liquidazione controllata per quel debitore che: – non disponga di patrimonio liquidabile; – sia soggetto ad esecuzioni infruttuose; – non possa beneficiare di credito e mezzi finanziari propri per soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni; – il totale delle proprie attività patrimoniali sia inferiore a quello delle passività, in sostanza, l’attivo patrimoniale depurato delle attività non prontamente liquidabili sia inferiore al totale dei debiti scaduti o scadenti a breve.

Abilitati, dal punto di vista soggettivo, ad utilizzare le procedure da sovraindebitamento, sono altresì gli imprenditori agricoli (ai quali, per il vero, si schiude ulteriormente la possibilità di utilizzare l’accordo di ristrutturazione dei debiti, oltre al concordato semplificato ex art. 25 sexies c.c.i. se preceduto dalla fase della composizione negoziata), nonché le start up innovative. Quanto alla prima categoria di imprese, Cass., sez. I, 7 febbraio 2023, n. 3647, ha recentemente ribadito che l’esenzione dal fallimento (oggi liquidazione giudiziale) dell’imprenditore agricolo che eserciti anche attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, richiede la dimostrazione della sussistenza delle condizioni per ricondurre tale attività nell’ambito di quelle connesse, di cui all’art. 2135, comma 3, c.c. e, in particolare, che essa abbia come oggetto prevalente prodotti propri e non ceduti o coltivati da terzi; l’onere della prova di tali condizioni va posto a carico di chi le invochi, in ossequio all’art. 2697, comma 2, c.c.

Quanto al fenomeno delle start up – per le quali vale la regola della esenzione dal fallimento (oggi liquidazione giudiziale) per i primi 5 anni di vita, ai sensi dell’art. 31, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modifiche dalla l. n. 221 del 2012 – si è recentemente precisato che detto termine decorre dalla costituzione e si conclude in modo automatico, risultando irrilevante la formale cancellazione dalla sezione speciale del registro delle imprese, nonché i tempi per le relative pratiche amministrative (così  Cass., sez. I, 16 gennaio 2024, n. 1587; detta decisione fa seguito a Cass., sez. I, 2 agosto 2022, n. 23980 ed a Cass., sez. I, 4 luglio 2022, n. 21152, entrambe nel segno della effettività, ossia della necessità che la start up contenga effettivi requisiti di innovatività, restando altrimenti irrilevante la sola iscrizione formale)[2].

3. Il sovraindebitamento familiare.

Una novità rilevante contenuta nell’art. 66 del Codice della crisi (per il vero già anticipata con l’inserimento dell’art. 7-bis nella l. n. 3 del 2012, ad opera della ricordata l. n. 176 del 2020) attiene alla possibilità di procedere unitariamente alla ristrutturazione dei debiti di più familiari tutti sovraindebitati. In effetti, proprio in questo ambito, sono destinate a prodursi molteplici situazioni in cui, per ragioni affettive o di mero interesse economico, le sorti del debito dell’un familiare sono destinate a ricadere oltre ad una sfera puramente monosoggettiva, per abbracciare quei soggetti che siano strettamente collegati al debitore singolo. Ciò avviene non solo quando l’obbligazione sia solidalmente assunta da più soggetti familiari, ma anche quando l’uno garantisca per i debiti già assunti dall’altro.

E’insorta questione se le procedure familiari possano riguardare anche la liquidazione controllata, che testualmente non è richiamata dall’art. 66 cit.

Sul punto, la risposta appare generalmente positiva. Per Trib. Verona, 6 ottobre 2022, è ammissibile la presentazione congiunta dell’istanza di apertura della procedura di liquidazione controllata da parte di familiari (coniugi) conviventi, in applicazione del disposto dell’art. 66 c.c.i., essendo oggi l’istituto collocato nel codice tra le disposizioni di carattere generale in tema di sovraindebitamento che, come chiarito dal disposto dell’art. 65 comprendono non solo il concordato minore e la ristrutturazione dei debiti del consumatore ma anche la liquidazione controllata del soggetto sovraindebitato, per cui deve ritenersi che l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 66 c.c.i. sulle procedure familiari anche alla liquidazione controllata sia oggi oggetto di espressa previsione di legge.

Trib. Modena, 31 marzo 2023,ha invece osservato che in tema di sovraindebitamento familiare, qualora la liquidazione controllata sia domandata da entrambi coniugi con ricorso congiunto ai sensi dell’art. 66, comma 1, c.c.i., andranno nondimeno aperte due diverse procedure, attesa la necessità di mantenere distinte le masse attive e passive dei ricorrenti, secondo quanto previsto dal comma 3 della norma richiamata; alle incombenze di cui agli artt. 272 e ss. del codice, il liquidatore dovrà, pertanto, provvedere separatamente per il marito e per la moglie, curandosi di specificare ai creditori titolari di crediti comuni che essi hanno l’onere di insinuarsi in entrambe le procedure anzidette.

Sulla impossibilità di riunire e trattare unitariamente con gli altri strumenti di soluzione della crisi una richiesta di esdebitazione del familiare incapiente, vds. invece Trib. Bari, 8 ottobre 2023, per la quale la richiesta di accesso all’esdebitazione dell’incapiente ex art. 283 c.c.i. presentata da alcuni membri della famiglia deve essere trattata separatamente con formazione di separato fascicolo telematico da parte della Cancelleria ed inserimento nel relativo fascicolo da parte dei professionisti che li assistono della documentazione relativa solo a tali soggetti interessati.

4. Il concordato minore: le prime applicazioni.

Il concordato minore è la procedura che prende il posto del previgente “accordo” di composizione della crisi da sovraindebitamento. La terminologia non allude soltanto ad un cambio lessicale, ma meglio corrisponde – in ossequio forse al brocardo nomen omen – alla natura del fenomeno: una procedura concorsuale, di matrice concordataria, basata su di un voto espresso con il metodo del “silenzio assenso”, per la cui approvazione è sufficiente la maggioranza dei crediti ammessi al voto (e delle classi, laddove siano previste), con l’avvertenza che, in caso di creditore “tiranno” (che cioè rappresenti da solo la maggioranza dei crediti votanti) occorrerà anche realizzare una maggioranza per teste.

Anche per il concordato minore il nuovo Codice, come chiaramente risulta dall’art. 74, predilige soluzioni basate sulla continuità, diretta o indiretta. Nel caso, infatti, di soluzioni puramente liquidatorie della crisi, il debitore proponente dovrà integrare l’attivo concordatario in misura tale da aumentare la soddisfazione dei creditori in modo “apprezzabile”. L’interprete dovrà pertanto ricercare, caso per caso, la misura di questa apprezzabilità, senza che – ad avviso dello scrivente – sia possibile un richiamo analogico della percentuale del 10% prevista per il concordato maggiore dall’art. 84. Se è vero, infatti, che la disciplina del concordato preventivo è destinata ad integrare le lacune delle disposizioni in tema di concordato minore, è peraltro vero che ciò può avvenire soltanto nei limiti di un giudizio di “compatibilità”; compatibilità che non appare sussistente quante volte il richiamo complichi eccessivamente la regolamentazione dello strumento minore e determini effetti in malam partem, essendo la normativa in tema di sovraindebitamento chiaramente ispirata da un favor debitoris.

Correttamente, pertanto, Trib. Bologna, 17 ottobre 2023,ha ritenuto che debba ritenersi ammissibile la proposta di concordato minore in continuità indiretta.

Sul tema si può ricordare Trib. Salerno, 5 luglio 2023,secondo cui vanno dichiarate inammissibili la domanda di concordato minore e l’istanza di  sospensione delle procedure esecutive in corso formulate con ricorso di contenuto sostanzialmente identico a quello dichiarato  inammissibile il giorno precedente perché, avendo le stesse domande e lo stesso piano, non essendo  stati introdotti elementi di novità, si tratta di una  riproposizione della medesima domanda in pendenza dei termini per l’impugnazione del provvedimento che ha definito il primo procedimento; inoltre, implicando una litispendenza riconducibile all’art. 39 c.p.c., si concreta  la violazione del principio generale, anche di rilevanza costituzionale, del ne bis in idem; ancora, la riproposizione della domanda, con il palese scopo di differire la vendita nella parallela procedura di esecuzione immobiliare, comporta un inammissibile abuso degli strumenti processuali, concreta la violazione dei canoni della correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo.

Il rinvio alle norme del concordato preventivo è stato praticato da Trib. Avellino, 19 gennaio 2023, in tema di transazione fiscale, rilevando che al concordato minore trova applicazione la disciplina del trattamento dei crediti fiscali, dettata dall’art. 88 c.c.i. per il concordato preventivo, nella parte in cui prevede che i crediti erariali assistiti da privilegio e quelli chirografari, debbano essere soddisfatti dal piano di concordato in misura non deteriore rispetto ai crediti del medesimo rango; inoltre, si è ritenuto che i crediti tributari, anche chirografari, per i quali non è previsto l’integrale pagamento, debbano essere classati separatamente, in conformità all’art. 85 comma 2 del codice, applicabile anche al concordato minore.

Da notare, quanto alla formulazione del piano, che lo stesso è ispirato al principio di aticipicità, cioè alla regola della soddisfazione con qualsiasi utilità dei creditori, fermo il principio di non poter trattare i creditori privilegiati in modo deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria: Trib. Forlì, 14 gennaio 2023,ha perciò ritenuto che debba ritenersi ammissibile la proposta di concordato minore prevedente la messa a disposizione della procedura, da parte di un terzo e con rinuncia al regresso, di una somma corrispondente al controvalore dell’abitazione del sovraindebitato oggetto di esecuzione forzata, con conseguente mantenimento della proprietà del bene in capo al debitore medesimo.

Sulla fase esecutiva, invece, il Trib. Milano, 26 settembre 2022,ha ritenuto che il principio di competitività introdotto nel concordato minore dall’art. 81 c.c.i., per cui “alle vendite e alle cessioni, se previste dal piano, provvede il debitore, tramite procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzati, sotto il controllo e con la collaborazione dell’OCC, sulla base di stime effettuate”, conforma tutto il sistema delle procedure concorsuali, ivi comprese quelle in materia di sovraindebitamento, dovendosi ritenere applicabili anche al concordato minore i principi di cui all’art. 91 c.c.i. (già art. 163-bis l.f.), che disciplina le offerte concorrenti nel concordato preventivo. In forza di detto richiamo, essendo la proposta caratterizzata dalle offerte di acquisto di beni del debitore da parte di un soggetto già individuato e verso un corrispettivo in denaro, risulta necessario procedere all’apertura di una procedura competitiva che garantisca la comparabilità delle offerte, dovendosi nel caso di specie preventivamente sondare il mercato alla ricerca di soggetti interessati – mediante invito a manifestare interesse -, riservando all’esito di tale operazione la determinazione delle specifiche condizioni e garanzie di vendita con successivo proprio decreto.

Il S.C. si è occupato di questioni inerenti al voto ed alle possibilità impugnatorie. Per Cass., sez.  1, 27/07/2023, n.  22797, con decisione che appare applicabile mutatis mutandis anche dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi, in tema di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento ex l. n. 3 del 2012, va necessariamente prevista l’ammissione del creditore ipotecario al voto, non solo in relazione alla parte falcidiata della sua pretesa, ma anche con riferimento alla perdita economica subita in ragione della dilazione di pagamento impostagli, conseguendone, in mancanza, l’inammissibilità della proposta di accordo.

Sui profili processuali e, in particolare, sulle impugnazioni esperibili, la stessa decisione ha stabilito che è ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale, in composizione collegiale, di accoglimento del reclamo proposto contro il provvedimento di omologazione, da parte del giudice monocratico, di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento proposto ai sensi degli artt. 10 e ss. della l. n. 3 del 2012 (e succ. mod.), trattandosi di provvedimento avente carattere decisorio e definitivo, tenuto conto della natura contenziosa del procedimento e della sua idoneità ad incidere su diritti soggettivi, regolamentando in modo incontrovertibile la dedotta situazione di sovraindebitamento.

Su questo specifico profilo di indagine, si consulti anche Cass., sez. 1, 26/07/2023, n. 22616, per la quale il provvedimento con cui il tribunale rigetta o, come nella specie, dichiara inammissibile il reclamo proposto da un creditore avverso il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio del debitore è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione dal medesimo creditore, già in via esecutiva al momento dell’apertura della procedura concorsuale, sussistendo un interesse giuridicamente tutelato a veder riconosciuto, per effetto del provvedimento giudiziale di revoca del decreto reclamato, il diritto a procedere individualmente, in via esecutiva, nei confronti del proprio debitore.

5. Come ristrutturare i debiti del consumatore.

Particolarmente diffusa è la tematica della ristrutturazione dei debiti del consumatore, ossia discendenti da obbligazioni che lo stesso ha assunto agendo al di fuori della propria sfera imprenditoriale o professionale. Il procedimento è delineato dagli artt. 67 e ss. del codice, con una disciplina ispirata dal c.d. favor debitoris, tanto da non prevedere una fase formale di voto (neppure fondato sul c.d. silenzio-assenso come nel concordato minore), lasciando ai creditori la sola possibilità di proporre opposizione all’omologazione del piano di ristrutturazione.

Con riferimento all’indebitamento del consumatore assume, tuttavia, una particolare rilevanza il tema della sua “meritevolezza”.

Quasi come un contrappeso rispetto all’assenza di votazioni, infatti, l’art. 69 c.c.i. dispone che il consumatore non può accedere alla procedura se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte, ovvero ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

App. Firenze, 8 novembre 2023,ha ritenuto che l’art. 69 cit. consenta di ritenere superate le precedenti soluzioni interpretative fondate sul testo originario dell’art. 12 L. 3/2012, che ritenevano meritevole il consumatore solo in caso di assunzione di obbligazioni proporzionate alle capacità patrimoniali, con la ragionevole prospettiva di poterle adempire, salvo eventi sopravvenuti non imputabili; pertanto, nella valutazione delle condizioni soggettive ostative alla ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 69 c.c.i., la originaria sproporzione tra capacità reddituali-patrimoniali ed obbligazioni assunte mantiene rilievo, specie ove sia palese e manifesta, ma nell’ambito di una valutazione complessiva di tutti gli elementi desumibili dalla relazione dell’OCC, da operarsi secondo la nuova regola di giudizio normativa che esclude l’accesso alla procedura solo in caso di condotta particolarmente censurabile in termini di colpa grave, malafede o frode.

Trib. Santa Maria Capua Vetere, 23 ottobre 2023, ha sul punto collegato lo stato soggettivo del debitore alla violazione degli obblighi di valutazione del merito creditizio da parte del finanziatore: il principio del c.d. “prestito responsabile”, logico corollario dell’art. 124-bis comma 1 T.U.B., grava di una serie di obblighi d’informazione e di assistenza precontrattuale l’intermediario finanziario, sicché il sovraindebitamento derivante dalla conclusione del contratto di finanziamento sarà riconducibile in relazione causale allo stesso intermediario; la violazione degli obblighi sulla valutazione del merito creditizio, in ragione dell’affidamento riposto dal debitore sulla capacità di valutazione dell’intermediario finanziario, consente inoltre di eliminare, o attenuare fortemente, il grado di colpa del consumatore limitandone la responsabilità alle sole ipotesi di dolo o mala fede. Per Trib. Modena, 12 settembre 2023,invece, la ludopatia patologica non rappresenta circostanza idonea ad elidere la meritevolezza del debitore tanto più nei casi in cui il percorso di recupero sia fattivamente intrapreso sotto la sorveglianza di un Amministratore di Sostegno all’uopo nominato.

Altro tema discusso è quello relativo alla durata del piano. Se nel vigore della l. n. 3 del 2012 sembravano prevalere interpretazioni piuttosto restrittiva, si notano nelle più recenti prese di posizione della giurisprudenza di merito tendenze più “largheggianti”. Per Trib. Trani, 2 maggio 2023, infatti, è ammissibile il piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal consumatore ex art. 67 c.c.i. avente una durata di sette anni, fondato sulla garanzia del terzo di immettere finanza esterna per il suo adempimento mediante ratei mensili futuri; mentre Trib. Treviso, 9 novembre 2023,ha ammesso un piano della durata di nove anni.

6. Profili problematici relativi alla liquidazione controllata e all’attività liquidatoria dei beni.   

Come è noto, la liquidazione controllata ha preso il posto della precedente liquidazione del patrimonio, ed è disciplina agli artt. 268 e ss. del nuovo Codice. Come un “piccolo” fallimento, in effetti, la novità principale è data dal fatto che la sua apertura può avvenire anche ad istanza di uno o più creditori, purché il debitore si trovi in una situazione di insolvenza vera e propria e si rilevi l’esistenza di un indebitamento di almeno 50.000 euro. Su questo punto specifico si è osservato che il limite minimo del credito per l’apertura della procedura di liquidazione controllata, indicato all’art. 268 comma 2 c.c.i., deve ritenersi riferito all’ammontare complessivo dei debiti emersi all’esito della relativa istruttoria, non già al credito del procedente (Trib. Lucca, 11 ottobre 2023).

In tema di apertura della procedura di liquidazione controllata ad istanza del creditore, Trib. Bergamo, 7 dicembre 2023,ha osservato quanto segue: la necessaria “assistenza” dell’OCC è prevista dall’art. 269 c.c.i. con esclusivo riferimento alla domanda di liquidazione controllata proposta dal debitore e non anche con riferimento alla domanda formulata dal creditore; trattasi di un’assistenza deputata a sopperire all’assenza di una necessaria difesa tecnica (potendo il debitore presentare la domanda personalmente) e finalizzata ad attestare la completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda nonché ad illustrare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore, senza che l’iniziativa “ostile” da parte del creditore possa essere impedita o ritardata dall’insussistente contributo dell’OCC, perché non designato, ferma la possibilità per il liquidatore nominato, valutata l’insussistenza di attività liquidatoria in alcun modo utile per la massa, di chiedere l’immediata chiusura della liquidazione stessa, in ispecie in caso di carenza di risorse per il pagamento di spese in prededuzione.

Nei casi in cui la richiesta provenga dal debitore, come invece avveniva in modo esclusivo nel vigore della l. n. 3 del 2012, il ruolo dell’OCC (o meglio, del gestore da questi nominato) è certamente centrale. Affinché tale compito sia svolto con completezza, si è posto il problema se lo stesso possa accedere alle banche dati informatiche di enti, banche, ecc… che riguardano la posizione patrimoniale e reddituale del debitore.  Su questo profilo, Trib. Rimini, 18 aprile 2023,ha ritenuto che in assenza di una specifica disposizione contenuta nel nuovo Codice l’art. 15 l. 3/2012, che ha istituito e definito gli OCC, sia norma tuttora vigente, in assenza di una nuova disciplina “organica” di fonte primaria che abbia sostituito tutte le sue disposizioni; Trib. Genova, 7 novembre 2022, sia purecon la medesima finalità, ha invece ritenuto possibile concedere un’autorizzazione ai sensi dell’art. 155-bis disp. att. c.p.c.

Sul tema della nomina del liquidatore si può già profilare un contrasto interpretativo.

Per Trib. Salerno, 10 luglio 2023,il giudice non può confermare come liquidatore il professionista che ha svolto le funzioni di OCC ex art. 269 c.c.i. qualora non sia iscritto all’Albo di cui all’art. 356 del codice, perché per la nomina del liquidatore nella procedura di liquidazione controllata, i criteri di cui all’art. 270, comma 2, lett. b), c.c.i., devono essere coordinati con il disposto del successivo art. 356; la mancata iscrizione all’Albo dei soggetti incaricati dall’A.G. alle funzioni di gestione e controllo nelle procedure di cui al Codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza in capo al professionista in principio designato dall’OCC concreta i “giustificati motivi”, ex art. 270, comma 2, lett. b) c.c.i., per nominare un liquidatore diverso, da scegliersi tra gli iscritti nell’elenco dei gestori della crisi (di cui al decreto del Ministro della Giustizia n. 202 del 24 settembre 2014) residente nel circondario del Tribunale di riferimento.

Invece Trib. Vicenza, 12 giugno 2023, ha ritenuto che nella procedura di liquidazione controllata, il Tribunale può nominare liquidatore il professionista individuato dal referente dell’OCC che ha gestito la fase anteriore all’apertura della liquidazione, anche se non è iscritto all’Albo Nazionale previsto dall’art. 356 CCII.

Anche la durata della procedura liquidatoria è stata oggetto di alcuni interrogativi. Mentre, infatti, la l. n. 3 del 2012 indicava espressamente la durata della medesima in un quadriennio, disponendo altresì che il liquidatore dovesse provvedere a cedere a terzi quei crediti il cui incasso avesse una tempistica superiore al quadriennio e, quindi, incompatibile con la celerità impressa alla procedura, il nuovo Codice non dedica alcuna espressa disposizione a questo profilo temporale.

Per Trib. Arezzo, 3 marzo 2023,risulta manifestamente irragionevole la disciplina della liquidazione controllata nella parte in cui non prevede un termine minimo di durata della procedura in presenza di un attivo costituito soltanto dai redditi sopravvenuti in corso di procedura.

Trib. Imperia, 17 ottobre 2023,ha invece sottolineato la distinzione fra durata della procedura ed esdebitazione: nella procedura di liquidazione controllata, la durata della procedura è dipendente dal tempo richiesto per la liquidazione dei beni, con la conseguenza che la liquidazione non può essere chiusa finché vi siano beni da liquidare, e sempre che i creditori non siano già stati soddisfatti; pertanto, tenuto conto della possibilità del debitore di ottenere l’esdebitazione automatica decorsi tre anni dall’apertura della procedura, nondimeno l’attività liquidatoria può proseguire, anche a fronte dell’esdebitazione, considerato che la legge non prevede l’emissione di un formale provvedimento di chiusura della liquidazione al verificarsi dell’effetto esdebitatorio.

La Corte cost., 19 gennaio 2024, n. 6, ha però dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Arezzo, ritenendo che rientri nella discrezionalità del legislatore prevedere, al posto di un termine fisso di durata della procedura, uno che si plasmi sulle esigenze del caso concreto a tutela delle ragioni dei creditori e, fermo restando, che, da un lato, a tutela del debitore sussiste il limite triennale desumibile dall’istituto dell’esdebitazione, mentre dall’altro, vi un termine implicito nel rispetto della ragionevole durata della procedura.

In tema di attività liquidatoria dei beni del debitore, ricordato il principio generale del ricorso a procedure competitive, si possono richiamare alcune decisioni su aspetti in qualche modo critici. Per Trib. Lodi, 12 giugno 2023, poiché ai sensi dell’art. 8, comma 2, L. n. 590/1965 la prelazione agraria non è consentita nei casi di vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento ed espropriazione, può ritenersi che la stessa non sia applicabile nel caso di vendita effettuata in danno al debitore, cioè senza il suo consenso, come accade nella liquidazione del patrimonio. Per contro, ove invece la vendita avvenga in esecuzione di un piano proposto dal debitore medesimo, ovvero in esecuzione di un accordo di composizione della crisi, la stessa non appare riconducibile alla nozione di “vendita forzata”, trattandosi di soluzione proposta dallo stesso debitore ricorrente, essendo piuttosto assimilabile alla procedura di concordato preventivo, per la quale è applicabile la prelazione agraria (sul punto è stata richiamata a sostegno Cass. n. 4935/2010).

Trib. Treviso, 3 aprile 2023,ha invece notato, con principio applicabile anche nel vigore del nuovo codice, almeno sino alla maturazione dell’esdebitazione da parte del debitore, che in tema di sovraindebitamento, la liquidazione del patrimonio include, tra i beni sopravvenuti, ai sensi dell’art. 14 undecies della l. n. 3/2012 anche le somme riscosse dopo l’apertura del procedimento dalla debitrice a titolo di riscatto in relazione a polizze di assicurazione sulla vita.

Secondo Trib. Siracusa, 31 marzo 2023,la cessione di crediti che maturano dopo l’apertura della liquidazione controllata non ha effetto nei confronti della procedura anche quando l’atto di cessione sia stato debitamente reso opponibile a norma dell’art. 145 c.c.i., ostandovi il principio, sancito dall’art. 142, comma 2, c.c.i., per cui sono compresi nell’attivo i beni che pervengono al debitore in seguito al suo spossessamento. Di conseguenza, benché ne sia stata disposta l’assegnazione forzata prima dell’apertura della liquidazione controllata, i ratei di stipendio o di pensione che maturano dopo l’ingresso in procedura sono attratti all’attivo.

Una problematica di particolare rilievo riguarda la compatibilità del c.d. privilegio fondiario con la procedura di liquidazione controllata.

Secondo una prima tesi, sostenuta ad es. da Trib. Torre Annunziata, 14 marzo 2023,il richiamo operato dall’art. 270, comma 5, c.c.i. all’art. 150 del medesimo testo deve intendersi totalmente recettizio del sistema di regole ed eccezioni previsto da tale norma che, per la liquidazione giudiziale, contempla la clausola di salvaguardia “salvo diversa disposizione di legge”, il cui principale – se non unico – referente è rappresentato dallo speciale privilegio processuale previsto dall’art. 41, comma 2, T.U.B. per il creditore fondiario, che potrà dunque continuare l’azione esecutiva individuale contro il debitore ammesso alla liquidazione. Altro orientamento, invece, rileva l’inapplicabilità del privilegio fondiario, quale privilegio speciale non estensibile analogicamente oltre all’area del fallimento (ora liquidazione giudiziale), all’ambito della liquidazione controllata: in questo senso Trib. Modena, 3 marzo 2023, e Trib. Verona, 20 dicembre 2022. La questione è stata recentemente assegnata, in via pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c., all’intervento nomofilattico delle S.U., di cui si attende l’imminente decisione.

Il tema dei rapporti fra procedure di sovraindebitamento ed esecuzioni individuali è stato affrontato da una importante decisione del S.C., che ha cercato di individuare i differenti ambiti di “competenza” del giudice dell’esecuzione e del giudice delegato alla procedura concorsuale relativa al debitore sovraindebitato. Per Cass., sez.  3, 26/07/2023, n. 22715, i rapporti tra giudice dell’esecuzione individuale e giudice del sovraindebitamento ex l. n. 3 del 2012 (applicabile “ratione temporis”), per l’ipotesi di contemporanea pendenza di procedure a carico del medesimo debitore, sono improntati a piena equiordinazione, per quanto i rispettivi poteri debbano necessariamente coordinarsi, nel rispetto delle specifiche disposizioni normative e delle corrispondenti funzioni e prerogative di ciascun giudice; pertanto, qualora a carico del debitore – proponente un accordo di composizione della crisi, ai sensi degli artt. 6 e ss. della citata legge – siano pendenti una o più procedure esecutive individuali, il giudice delegato alla procedura concorsuale, ove ne ricorrano i presupposti, col decreto di apertura della stessa ex art. 10, comma 2, lett. c), l. cit., può solo pronunciare il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive, fino alla definitiva omologazione dell’accordo, ma non anche adottare provvedimenti direttamente incidenti sulle procedure stesse, riservati esclusivamente al giudice delle singole esecuzioni (oppure al giudice delle eventuali opposizioni esecutive proposte). Conseguentemente, se il giudice delegato ha pronunciato il divieto di proseguire le azioni esecutive, il giudice dell’esecuzione, se debitamente informato, è tenuto a sospendere il procedimento, previa verifica dei presupposti di cui all’art. 623 c.p.c.; nel caso di ritenuta insussistenza di questi ultimi, costituisce onere della parte interessata contestare la decisione con l’opposizione al provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione abbia disposto la prosecuzione della procedura, pena l’irretrattabilità degli effetti dell’espropriazione forzata.


[1] Per un primo approfondimento bibliografico, necessariamente incompleto, si rimanda alle seguenti opere ed agli ulteriori riferimenti ivi contenuti: AA.VV., La disciplina delle crisi da sovraindebitamento, a cura di Manente – Baessato, Milano, 2022; AA.VV., Il nuovo sovraindebitamento dopo il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2022; CERRATO – IRRERA – PASQUARIELLO, La nuova disciplina del sovraindebitamento, Bologna, 2021; DE MATTEIS – GRAZIANO – PAGLIUCA, Crisi da sovraindebitamento, Rimini, 2022; TRENTINI, Le procedure da sovraindebitamento, Milano, 2021.

[2] Su questo fenomeno sia consentito rinviare a FAROLFI, Nota a Trib. Milano, 8 aprile 2021, in Fallimento, 2022, 3, 418 e FAROLFI, Il primo intervento della cassazione in tema di fallibilità delle start-up. innovative: l’iscrizione non basta, ivi, 2022, 12, 1512.

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