di Marco Bisogni, Sostituto procuratore della repubblica, Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania, in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione
Gli emendamenti al disegno di legge AC 2681 (“Deleghe al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario”) approvati dal Governo in data 11 febbraio 2022 hanno apportato sostanziali modifiche alla riforma c.d. Bonafede e, se approvati nei termini proposti, incideranno profondamente sull’Ordinamento Giudiziario (e questo al netto delle riforme proposte sull’organo di Autogoverno e sul relativo sistema elettorale).
1) Valutazioni di professionalità
L’introduzione di giudizi “parascolastici” quali “discreto, buono o ottimo”nelle valutazioni di professionalità (giudizi che assumeranno necessariamente rilevanza nella progressione in carriera), pur rispondendo all’esigenza di valorizzare impegno e capacità individuali, rischia di accentuare ulteriormente l’influenza dei semidirettivi e dei direttivi sui magistrati addetti all’ufficio (art. 3 dell’AC 2681 come integrato dalla CdM). La necessaria distinzione meritocratica tra magistrati avrebbe, invece, dovuto essere affidata ad indicatori oggettivi con la conseguente riduzione degli spazi di discrezionalità dei direttivi nella fase della predisposizione delle valutazioni di professionalità.
Con particolare attenzione deve essere poi valutata la prevista valorizzazione dell’esito degli affari nelle successive fasi di giudizio (art. 3 lett. b quinquies) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM). Tale valorizzazione, se non adeguatamente descritta e circostanziata, condurrà verso un sempre maggiore conformismo giudiziario introducendo surrettiziamente criteri gerarchici tra i diversi gradi di giurisdizione.
Parimenti la partecipazione dei laici alle deliberazioni dei Consigli giudiziari nel settore delle valutazioni di professionalità (con diritto di tribuna e, in alcuni casi, anche di voto – art. 3 dell’AC 2681 come integrato dalla CdM) rischia di pregiudicare la normale dialettica tra le parti processuali incidendo sull’indipendenza del Giudice e sull’autonomia del magistrato del Pubblico Ministero.
2) Carichi esigibili e modelli 37
La sostituzione del concetto di carico esigibile con un quello di “risultato atteso” va nella direzione opposta a quella nella quale il legislatore avrebbe dovuto muoversi una volta costatata l’elevata produttività della magistratura italiana.
L’introduzione di “risultati attesi” omette, infatti, di confrontarsi con la necessità di ridurre l’enorme domanda di giustizia proveniente dal paese (nelle procure italiane ogni anno vengono introitati 4,92 procedimenti ogni 100 abitanti a fronte di una media europea di 3, 10 procedimenti ogni 100 abitanti – dati CEPEJ 2020) partendo dal presupposto che la magistratura italiana possa fronteggiare un numero imprecisato di affari civili e penali (senza considerare che già ora il numero di magistrati è inadeguato alla gestione dei flussi di lavoro – 11,6 ogni 100.000 abitanti a fronte di una media europea di 17,7 magistrati ogni 100.000 abitanti – dati CEPEJ 2020).
Appare a questo punto indispensabile che l’Autogoverno e l’Associazione Nazionale Magistrati, nell’ambito delle proprie competenze, agiscano per salvaguardare l’indipendenza interna ed esterna della magistratura riavviando immediatamente una seria riflessione interna sui carichi sostenibili (al di fuori dei modelli 37 e dei carichi esigibili o dei risultati attesi) idonea a fronteggiare laderiva burocratica ed efficientistica assunta dalla programmazione del lavoro dei magistrati così come strutturata dal combinato disposto del disegno di legge AC2681 e dagli interventi previsti dal PNRR (che pure si risolveranno in un necessario incremento di produttività individuale).
3) Procure ed osmosi tra funzioni requirenti e giudicanti
Il disegno di legge procedimentalizza l’adozione del progetto organizzativo delle Procure riportandolo – condivisibilmente – sotto il diretto controllo del CSM (art. 10 bis dell’AC 2681 come integrato dalla CdM).
Nessun intervento è, però, previsto per attenuare l’organizzazione gerarchica degli uffici di Procura (con il necessario ritorno alla distribuzione diffusa della titolarità dell’azione penale ai diversi magistrati addetti all’ufficio del Pubblico Ministero secondo il modello antecedente alla riforma c.d. Mastella del 2006). Il ruolo del Procuratore capo continuerà così ad essere sovraesposto restando oggetto di quella particolare attenzione mediatica e organizzativa che è stata tra i motori delle degenerazioni correntizie degli ultimi anni.
L’ulteriore riduzione dell’osmosi tra funzioni requirenti e funzioni giudicanti (art. 10 dell’AC 2681 come integrato dalla CdM) appare, poi, del tutto contraria all’esigenza di mantenere il PM all’interno della giurisdizione, circostanza questa indispensabile per garantire un più ponderato e corretto esercizio dei poteri connessi all’attività inquirente e requirente.
4) Selezione e conferma dei magistrati addetti a funzioni direttive e semidirettive.
La selezione (e la conferma) dei direttivi e dei semidirettivi ha rappresentato una delle principali criticità alla base della recente crisi del governo autonomo della magistratura.
La riforma interviene apportando modifiche sostanziali sulle procedure di individuazione e conferma dei magistrati addetti a tali funzioni.
Nello specifico:
- viene prevista l’applicazione della legge 241/90 ai procedimenti per la copertura dei posti direttivi e semidirettivi con pubblicazione degli atti dei procedimenti nel sito intranet istituzionale del Consiglio superiore della magistratura (art. 2 lett. a) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM);
- viene prevista la necessaria trattazione secondo l’ordine temporale di vacanza dei posti direttivi e dei posti semidirettivi (con possibilità di deroga soltanto per gravi e giustificati motivi e fatta comunque salva la trattazione prioritaria dei procedimenti relativi alla copertura dei posti di primo presidente della Corte di Cassazione e di Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione (art. 2 lett. b) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM);
- viene prevista la necessaria audizione dei candidati da parte del CSM nella procedura di selezione del direttivo (art. 2 lett. c) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM);
- viene previsto che, nell’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, venga valorizzata la capacità di analisi ed elaborazione dei dati statistici, la conoscenza delle norme ordinamentali e la capacità di efficiente organizzazione del lavoro giudiziario e che non si tenga conto delle esperienze maturate nel lavoro non giudiziario a seguito del collocamento fuori del ruolo della magistratura (art. 2 lett. d ed e) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM);
- viene previsto il criterio dell’anzianità come criterio residuale a parità di valutazione risultante dagli indicatori del merito e delle attitudini (art. 2 lett. f) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM);
- viene previsto che nella procedura di conferma si tenga conto anche dei pareri espressi dai magistrati dell’ufficio, acquisiti con le modalità definite dallo stesso Consiglio, del parere del presidente del tribunale o del procuratore della Repubblica, rispettivamente quando la conferma riguarda il Procuratore della Repubblica o il Presidente del Tribunale, e delle osservazioni del consiglio dell’ordine degli avvocati e che valuti i provvedimenti tabellari e organizzativi redatti dal magistrato in valutazione, nonché, a campione, i rapporti redatti ai fini delle valutazioni di professionalità dei magistrati dell’ufficio o della sezione (art. 2 lett. g) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM);
- viene previsto che il magistrato titolare di funzioni direttive o semidirettive, anche quando non chiede la conferma, non possa partecipare a concorsi per il conferimento di un ulteriore incarico direttivo o semidirettivo prima di sei anni dall’assunzione delle predette funzioni (art. 2 lett. h) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM);
- viene prevista la riduzione del numero di semidirettivi (art. 2 lett. n) dell’AC 2681 come integrato dalla CdM).
Il sistema delineato – sebbene presenti alcuni apprezzabili elementi di novità – non pare del tutto convincente. La previsione del solo obbligo di permanenza di sei anni (introdotto nella prospettiva di evitare la continua ricerca di un ruolo direttivo di maggiore prestigio) non è, infatti, da solo sufficiente a garantire il necessario avvicendamento tra magistrati che ricoprono ruoli direttivi (o semidirettivi) e quelli che ne sono privi (anche considerando l’introduzione della residualità del criterio di anzianità, circostanza questa che agevolerà ulteriormente il conferimento di incarichi a magistrati relativamente giovani con lunghe prospettive di carriera).
Le soluzioni possibili sono diverse e già oggetto di dibattito:
- reintroduzione delle classi di anzianità (come peraltro parzialmente previsto dal disegno di legge Bonafede);
- introduzione della previsione dell’obbligo di permanenza, dopo la conferma, per il quadriennio residuo;
- previsione di un adeguato periodo di funzioni non direttive tra un incarico apicale ed il successivo.
Deve, invece, essere salutato con particolare favore il previsto contributo dei magistrati dell’ufficio nella procedura di conferma del direttivo (anche se molto dipenderà dall’attuazione delle delega sul punto). Si tratta del recepimento di un principio già conosciuto e praticato in quasi tutte le organizzazioni complesse e che prevede il coinvolgimento dei soggetti diretti nella valutazione della capacità gestionali della persona cui sono affidati incarichi di direzione o coordinamento.
Parimenti apprezzabile appare la valorizzazione – nel momento del conferimento delle funzioni semidirettive e direttive – del lavoro giudiziario effettivamente svolto nonché delle capacità organizzative e delle conoscenze statistiche.
Così come attualmente congegnata la riforma rischia, dunque, di essere un’occasione persa per intervenire efficacemente sulle criticità emerse negli ultimi anni nel governo autonomo della magistratura introducendo, al contrario, ulteriori profili di burocratizzazione e gerarchia all’interno dell’ordinamento giudiziario. In tal contesto occorreva invece allargare la partecipazione dei singoli nella gestione degli uffici salvaguardando, nella valutazione del lavoro del magistrato, la rilevazione di indici qualitativi e riducendo la portata e la rilevanza della funzione direttiva e semidirettiva nell’iter professionale individuale. Il ritorno ad un potere giudiziario realmente diffuso è, infatti, l’antidoto più efficace per ridurre le ambizioni improprie che rischiano di inquinare il trasparente governo autonomo della magistratura.