La riforma del sistema penale, appena entrata in vigore, contiene molte innovazioni importanti, ma anche alcune disposizioni che rischiano di produrre effetti estremamente pericolosi per la sicurezza dei cittadini.
Una norma su cui l’esperienza applicativa sta evidenziando l’esigenza di un immediato intervento correttivo da parte del legislatore è quella che introduce la necessità della querela della persona offesa per la punibilità del delitto di sequestro di persona (art. 605, ultimo comma, c.p.).
Si tratta di una innovazione che non apporterà nessun significativo beneficio sul piano dell’efficienza del sistema penale. I procedimenti per sequestro di persona, infatti, sono in realtà poche decine anche presso i Tribunali di maggiori dimensioni: a Palermo, sono appena 40 su oltre 8000 processi definiti dal Tribunale ogni anno,
I processi per sequestro di persona riguardano anche casi di estrema gravità, nei quali le vittime vengono a trovarsi in una drammatica condizione di paura ed assoggettamento, che condiziona pesantemente la loro scelta di presentare o meno querela.
Si pensi, ad esempio, ai sequestri di persona commessi da organizzazioni mafiose per imporre il loro potere sul territorio, costringendo al silenzio chi intende collaborare con la giustizia. E una esperienza drammatica che il nostro Paese ha vissuto in passato: non potremo mai dimenticare il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del collaboratore di giustizia Mario Santo, che ha svelato i segreti della strage di Capaci.
Un sequestro che venne denunciato dai familiari soltanto alcune settimane dopo il rapimento del bambino. E’ chiaro che per i sequestri attuati dalle mafie, le vittime e i loro familiari – colpiti negli affetti più cari – potrebbero risultare pesantemente intimiditi o comunque condizionati dal potere e dalla violenza delle organizzazioni criminali. E, dunque, potrebbero non presentare querela proprio per paura delle conseguenze che una simile scelta comporterebbe per l’incolumità dei loro familiari.
Per effetto della riforma, oggi, se venisse rapito un familiare maggiorenne per indurre al silenzio un collaboratore di giustizia, il processo contro i responsabili del sequestro non si potrebbe mai svolgere senza una querela della vittima.
La nuova disposizione si pone in radicale contrasto con i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha stabilito in diverse importanti sentenze che lo Stato ha un obbligo positivo di assicurare la tutela del diritto alla libertà di ogni persona anche mediante la previsione di adeguate norme penali.
Per garantire il diritto alla libertà di tutti i cittadini, e per evitare che le organizzazioni mafiose possano commettere impunemente fatti di estrema gravità avvalendosi della loro capacità di intimidire pesantemente le vittime, sarebbe sufficiente una innovazione estremamente semplice: inserire nell’art. 623 ter c.p. (che prevede i “casi di procedibilità d’ufficio”) il riferimento alla norma che incrimina il sequestro di persona (art. 605 c.p.).
La norma verrebbe così riformulata:
623 ter. Casi di procedibilità d’ufficio. Per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 605, 615, secondo comma, 617 ter, primo comma, 617 sexies, primo comma, 619, primo comma, e 620 si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale.
In questo modo, verrebbe assicurata la procedibilità di ufficio anche per i sequestri di persona commessi nel quadro dell’attività di organizzazioni mafiose, perché una tipica circostanza aggravante ad effetto speciale è proprio quella prevista dall’art. 416-bis.1 c.p. (“Per i delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà”.)
Si tratterebbe di una modifica normativa molto facile da realizzare, e che comporterebbe effetti estremamente positivi sul piano della funzionalità della riforma del sistema penale e – soprattutto – della fiducia dei cittadini nei confronti di tutte le istituzioni dello Stato.
Antonio Balsamo